«Non vogliamo essere come la Russia»
E così, il disegno di legge sulla regolamentazione dell'influenza straniera – ribattezzata non a caso «legge russa» – è stato approvato in terza e ultima lettura dal Parlamento georgiano. Sullo sfondo, le più grandi proteste di piazza che il Paese abbia conosciuto negli ultimi anni. Una dicotomia, questa, che ha fatto sprofondare Tbilisi in una vera e propria crisi politica. Già, perché la legge, questa legge, è stata voluta dal partito di maggioranza, Sogno Georgiano, e in particolare dal miliardario nonché fondatore della formazione, Bidzina Ivanishvili, mentre le altre forze politiche hanno espresso non pochi dubbi al riguardo e il popolo, come detto, ha manifestato apertamente. Mostrando, e dimostrandosi, filo-europeista. Al grido «non vogliamo essere come la Russia».
Secondo il testo, le organizzazioni non governative e i media che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall'estero sarebbero costrette a registrarsi come «agenti stranieri». Spie, riassumendo al massimo. Soprannominata «legge russa» per le somiglianze con la legislazione introdotta da Vladimir Putin per imbavagliare l'opposizione, questa mossa ha stravolto anni di attenta e mirata politica di avvicinamento all'Occidente da parte della Georgia. Non solo, l'approvazione, ora, potrebbe mettere a repentaglio le ambizioni di Tbilisi di entrare nell'Unione Europea. Di qui, appunto, le proteste (anche decise) della popolazione. La tensione, oggi, si poteva tagliare con un coltello.
Il veto? Non servirebbe...
All'interno del Parlamento, oggi, i filmati hanno mostrato diverbi piuttosto accesi tra i deputati georgiani. Fuori, sempre più persone hanno urlato tutto il loro dissenso. Dissenso rivolto sia a questa legge sia, allargando il campo, alla traiettoria che sta assumendo il Paese. Il primo ministro georgiano, Irakli Kobakhidze, dal canto suo aveva promesso che la legge sarebbe stata approvata a prescindere dalle proteste. Detto, fatto. Il presidente Salome Zurabishvili, in aperto conflitto con Sogno Georgiano, ha ribadito che porrà il veto a quanto deciso dal Parlamento. Peccato che questo veto possa essere tranquillamente annullato dal Parlamento stesso, senza nemmeno il bisogno dei deputati all'opposizione fra l'altro.
A detta dei manifestanti, questo disegno di legge non è soltanto una minaccia alla libertà di parola ma, come detto, alla possibile, futura adesione della Georgia all'Unione Europea. Un'ambizione, questa, sostenuta dalla stragrande maggioranza dei cittadini stando ai sondaggi. Sabato sera, non a caso, almeno 50 mila persone si erano riunite nella capitale Tbilisi sventolando sia bandiere georgiane sia bandiere dell'UE. I manifestati hanno pure marciato davanti alla sede di Sogno Georgiano, dando degli schiavi ai membri del partito.
«Questo disegno minaccia i diritti fondamentali»
Domenica, invano verrebbe da dire, oltre cento organizzazioni non governative avevano invece chiesto al Parlamento di ritirare il disegno di legge. Lo stesso avevano fatto alcuni russi trasferitisi in Georgia in seguito all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte di Mosca e al conseguente inasprimento delle leggi sulla libertà di parola e di espressione nella Federazione. Le proteste, a carattere pacifico, in queste settimane hanno avuto anche dei risvolti violenti. A causa degli interventi, con la forza, della polizia.
Anche Human Rights Watch nei giorni scorsi si era chinata sull'approvazione di questo disegno di legge, spiegando che il testo «minaccia i diritti fondamentali». A titolo di paragone, nel 2022 la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva stabilito che la legge russa sugli «agenti stranieri», simile a quella georgiana, violasse l'articolo 11 della Convenzione europea. L'articolo, per intenderci, che tutela il diritto di associazione.
La posizione di Sogno Georgiano
Detto delle manifestazioni e delle posizioni critiche, come si è mosso e che cosa ha detto, sin qui, il partito di maggioranza? Sogno Georgiano, beh, ha negato a più riprese di perseguire o voler perseguire una politica filo-russa. La legge sugli agenti stranieri, agli occhi della formazione, è di chiara ispirazione europea. E questo perché, citiamo, «si basa su due importanti valori europei: la trasparenza e la responsabilità». Difficile credere a queste parole, a ogni modo. Anche perché Ivanishvili, fra l'altro l'uomo più ricco del Paese, il mese scorso aveva abbracciato una narrazione tipicamente cremliniana. Spiegando che l'Occidente è gestito «dal partito globale della guerra» e che il disegno di legge sull'influenza straniera mirava a «resistere a questa minaccia». «Questa forza globale ha dapprima forzato il confronto della Georgia con la Russia e poi ha messo l'Ucraina in un pericolo ancora più grave» le parole di Ivanishvili. «Le organizzazioni non governative e l'opposizione radicale agiscono per conto di questa forza. Le leggi che proponiamo servono a smascherare questi legami oscuri».
Mosca e le interferenze
Mosca, concludendo, o se preferite l'elefante nella stanza, a margine dell'approvazione in terza lettura ha negato che la legge sull'«influenza straniera» della Georgia sia stata ispirata dalla Russia. Suggerendo, a sua volta, che le proteste del Paese potrebbero essere orchestrate dall'estero. «Abbiamo già detto più di una volta che questa legge è una questione assolutamente interna della Georgia, non vogliamo in alcun modo interferire» ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Da un lato, prendiamo atto del forte desiderio della leadership georgiana di assicurare il proprio Paese da interferenze palesi nei suoi affari interni. Dall'altro lato, vediamo un'interferenza non celata negli affari interni della Georgia dall'esterno».
Secondo gli esperti, mentre la Russia sta ancora lavorando per ribadire la sua influenza nel Caucaso meridionale – anche mantenendo le sue truppe nelle regioni separatiste georgiane dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia – la società ha percepito la legge come una possibile inversione di rotta rispetto al percorso che la Georgia aveva intrapreso dopo l'indipendenza dall'Unione Sovietica. Bidzina Lebanidze, analista senior presso l'Istituto georgiano di politica, a tal proposito ha affermato al Moscow Times che il disegno di legge è un esempio di come il partito al governo stia cercando di trovare «un nuovo ruolo o una nuova funzione per la Georgia» nella regione. Una politica filo-russa, di per sé, attirerebbe nuovi investimenti da Mosca. Sebbene già oggi, a livello economico, Tbilisi sia legata a doppio filo alla Russia. Russia che, ha concluso l'esperta, «rimarrà un attore chiave nella regione», costringendo quindi la Georgia «ad adattarsi in qualche modo».
Ivanishvili e i suoi, tuttavia, non avevano fatto i conti con una popolazione che da tempo coltiva un altro sogno: quello di entrare in Europa. Un desiderio che, ora, si è allontanato.