L'anniversario

Notre-Dame è quasi pronta, ma forse non sarà più come prima

A cinque anni dall'incendio che danneggiò uno dei simboli di Parigi, cittadini e turisti attendono la fine dei lavori per riappropriarsi della cattedrale – Ma le polemiche (anche ambientali) non mancano
© AP
Marcello Pelizzari
15.04.2024 06:00

La cattedrale di Notre-Dame non è più la stessa, dopo l’incendio del 15 aprile 2019 che avvolse la flèche e parte del tetto. I maligni, addirittura, dicono che non ritornerà mai più come prima. Che, insomma, diventerà qualcos’altro. Da cinque anni, oramai, Parigi e i parigini vivono e convivono con una ferita nel cuore della città. Una ferita che le gru e i lavori di ricostruzione, quasi ultimati, stanno cercando e cercheranno di rimarginare. A fatica. E, certo, non senza polemiche, legate a doppio filo alle Olimpiadi. Oltreché ai ritardi causa pandemia, ad alcune scelte stilistiche e alla gestione dei fondi rivelatasi complicata.

Il principale luogo di culto cattolico di Parigi sta per risorgere e rinascere in via definitiva. Dalle proprie ceneri. Grazie alla generosità di molti. E alla perseveranza. Non è solo una questione di grandeur tipicamente francese (e parigina) da recuperare. È, anche, una promessa. Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica, per primo, nel 2019, disse che la cattedrale sarebbe stata ricostruita dopo quelle fiamme così potenti e così terribili. Già, una storia cominciata nel 1163 – con l’inizio della costruzione – non poteva finire così. Non in quel modo brutale e osceno.

Ma un senso di vuoto, a prescindere, rimane. Perché, appunto, Notre-Dame sarà diversa, per quanto in linea con il monumento che fu. Per forza di cose. Come diverso, e distante, è stato il rapporto fra i parigini e i turisti con la chiesa-simbolo di Parigi. La città, durante i lavori, davanti alla cattedrale ha fatto costruire una tribuna-scalinata. Affinché tutti potessero seguire i progressi, con la rimozione delle impalcature avvenuta (solo?) lo scorso febbraio. Alla fine, però, molti su quelle panchine sono andati a riflettere. Su ciò che c’era e non c’è più. E, dicevamo, su che cosa diventerà la «nuova» Notre-Dame. Su che cosa rappresenterà, soprattutto.

La flèche, la guglia posta sopra l’incrocio fra transetto e navata centrale, perlomeno da qualche tempo è di nuovo visibile. Scalda il cuore, affermano in tanti. Impazienti di riappropriarsi, sia quel che sia, della propria cattedrale. La riapertura è prevista per l’8 dicembre. Ma le polemiche, intanto, scaldano quanto la vista della flèche. Secondo la volontà di Emmanuel Macron, Notre-Dame è stata ricostruita «in modo identico», con una struttura in rovere massiccio – qualcosa come 2 mila alberi sono stati necessari per la sua ricostruzione – e con una copertura e ornamenti in piombo. Quello stesso piombo che, parliamo di 460 tonnellate, finì sui marciapiedi, nei parchi e sul davanzale delle finestre dei residenti durante l’incendio del 15 aprile 2019.

Per questo, proprio per questo, c’è chi si è scagliato con forza contro la cosiddetta ricostruzione «identica». Ribadendo i rischi per l’ambiente. L'Alto Consiglio della sanità pubblica, nel 2021, aveva stimato che, secondo una «ipotesi conservatrice», «il solo tetto di Notre-Dame, costituito da 1.326 piastre, farebbe confluire circa 21 kg di piombo all'anno nelle acque di deflusso» attraverso le piogge.

Da parte sua, l'istituzione pubblica incaricata del restauro di Notre-Dame, sotto la tutela dello Stato, ha affermato di aver studiato la questione del piombo con la massima attenzione. Il suo direttore, il generale Jean-Louis Georgelin, aveva assicurato che sarebbe stato messo in atto un dispositivo per raccogliere le acque di deflusso contaminate. Quest’estate, Georgelin è morto tragicamente in montagna. Il suo successore, Philippe Jost, ha rassicurato sul fatto che la cattedrale beneficerà di un «approccio innovativo di progresso ambientale» per ridurre l'inquinamento indotto dal deflusso dell'acqua piovana sui tetti. Inoltre, il sistema di sicurezza antincendio dell'edificio è stato rivisto e migliorato.

Ai piedi di Notre-Dame, per tutti questi anni, ha risuonato il rumore dei magli e degli scalpelli elettrici. In una grande sala, una ventina di scultori fra le altre cose ha ridato vita a gargouilles e chimere. Le inquietanti figure che ornano l’edificio. «Il loro ruolo era ed è quello di far scappare le cattive energie, i cattivi spiriti» aveva spiegato Victor Péchereau, dell'Atelier Bouvier, a France Info. Metà uomini, metà animali, le gargouilles sfidano il diavolo. Respingendo il male fuori dalle mura della cattedrale.

Molte di queste sculture non sono sopravvissute all'incendio del 2019. Sono rinate da pietre millenarie, estratte dalle cave dell’Oise. Le più emblematiche, come il pellicano, l’alchimista o ancora la donna con la ressa di cane, sono state interamente ricreate. Ciò che era rimasto, infatti, non poteva essere restaurato. Le prime chimere andate distrutte sono state riposate su Notre-Dame lo scorso dicembre. Nella speranza che proteggano questo monumento da qui all’eternità. Anche se non è più la stessa cosa. O la stessa chiesa.

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