Il rapporto

Novanta Paesi bersaglio di interferenze informative straniere: «L'UE fra i principali obiettivi»

È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d'azione esterna (Seae) su questo tipo di operazioni
©Virginia Mayo
Ats
18.03.2025 10:48

Nel 2024, 90 Paesi e 322 organizzazioni sono stati bersaglio di manipolazioni e interferenze informative straniere (Fimi). È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d'azione esterna (Seae) sulle operazioni Fimi.

L'Ucraina è il principale obiettivo degli attacchi Fimi russi con quasi la metà dei casi registrati. «L'obiettivo generale è plasmare la percezione globale della guerra a favore della narrazione ingannevole della Russia», si legge nel documento. Le reti sociali sono il focolaio dell'attività Fimi, con la piattaforma X che «da sola rappresenta l'88% delle attività rilevate».

Il rapporto prende in esame 505 «incidenti Fimi» verificatisi tra il 4 novembre 2023 e il 4 novembre 2024 che hanno coinvolto circa 38'000 canali su 25 piattaforme diverse, e sottolinea la «portata globale» di questo tipo di operazioni.

Come per il 2023, l'Ucraina rimane la principale vittima degli attacchi Fimi russi, con quasi la metà degli incidenti registrati, 257, nel campione analizzato. Secondo gli esperti, l'infrastruttura Fimi russa si rivolge da un lato agli ucraini per «indebolire la resistenza del Paese» alla guerra, e dall'altro agli alleati occidentali per «indebolire il sostegno» a Kiev all'Ucraina.

Dopo l'Ucraina, la Francia è il Paese più colpito. Tra i principali obiettivi, i Giochi olimpici e paralimpici di Parigi e le elezioni legislative nell'Esagono. Analoga sorte è toccata alla Germania e in particolare al governo di coalizione. «Nei 73 casi individuati - scrivono gli esperti - gli attacchi sono avvenuti in occasione di eventi politici, visite internazionali e proteste degli agricoltori, che hanno suscitato grande attenzione da parte dei media».

Tra gli stati più colpiti, anche la Moldavia, dove si sono tenute le presidenziali e il referendum per l'adesione all'UE, e l'Africa, con i membri dell'Alleanza degli stati del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) che sono stati «bersagli frequenti» degli attacchi Fimi.

«L'Ue è uno dei principali obiettivi», si legge ancora nel rapporto, in cui si sottolinea come ad essere maggiormente esposti siano da un lato i Paesi dell'est e quelli baltici e dall'altro, la Germania e la Francia «regolarmente bersaglio di campagne localizzate».

Le operazioni Fimi non si sono limitate ai Paesi, ma hanno preso di mira anche organizzazioni e individui. L'UE, la Nato e media indipendenti, tra gli altri, sono stati tra i più attaccati. Nel mirino anche funzionari di alto livello come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l'alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza in carica, Kaja Kallas, e il suo predecessore, Josep Borrell.

«Le reti russe e cinesi amplificano reciprocamente i contenuti, rafforzando la messaggistica antioccidentale», recita anche il rapporto, in cui si parla di un «allineamento strategico» tra i cluster Fimi di Mosca e Pechino, «principalmente attraverso la promozione incrociata fatta da media controllati dallo Stato come RIA Novosti, RT, Sputnik, Cgtn e Global Times».

Il rapporto prende in esame per la prima volta l'architettura messa in piedi specificamente da Russia e Cina per condurre le loro operazioni Fimi. Con la cosiddetta Matrice di esposizione Fimi, si svela come gli attori delle minacce costruiscono e sfruttano diversi livelli di infrastruttura digitale per eseguire le operazioni Fimi.

«Alcuni nodi» della rete «si impegnano con entrambe le parti, diffondendo contenuti da canali attribuiti alla Russia e alla Cina», scrivono gli esperti, sottolineando come questa convergenza sia più evidente nelle «narrazioni comuni che prendono di mira le istituzioni occidentali» ritraendo spesso UE, USA e Nato come «deboli, instabili o impegnati nel neocolonialismo e nelle provocazioni regionali».

«Allo stesso tempo, i media russi e cinesi ritraggono la propria leadership come forte e sostenuta a livello mondiale, contrapponendola alla presunta instabilità che associano ai Paesi occidentali».