«O tolgono le sanzioni o la Russia non avrà più aerei»

Il traffico di componenti e pezzi di ricambio, leggiamo su Radio Free Europe/Radio Liberty, era cominciato ancor prima dell'invasione su larga scala dell'Ucraina e delle conseguenti sanzioni internazionali nei confronti di Mosca. Il 13 febbraio del 2022, ad esempio, tre persone collegate a un'impresa dell'Ohio erano state arrestate con l'accusa di aver esportato in Russia componenti e pezzi per un valore di 2 milioni di dollari. Contravvenendo, aveva spiegato il Dipartimento di Giustizia, le leggi statunitensi. Ahia.
Il crescente ricorso a mezzi, mezzucci e dribbling per far confluire, nel territorio della Federazione Russa, materiale vitale per il funzionamento degli aerei dimostra, da un lato, le difficoltà dell'intero settore nel Paese e, dall'altro, quanto gli Stati Uniti e in generale l'Occidente siano dominanti. Al momento, infatti, Airbus e Boeing rappresentano – a spanne – circa due terzi della flotta commerciale russa. Ma, attenzione, trasportano il 90% dei passeggeri. Come qualsiasi altro velivolo, anche quelli utilizzati dai vettori russi hanno (meglio, avrebbero) bisogno di regolari controlli di manutenzione. Controlli che devono effettuare esperti certificati e che prevedono, in caso di sostituzioni di uno o più componenti, l'utilizzo di pezzi certificati. Le sanzioni, implementate in seguito alla guerra di aggressione di Vladimir Putin, impediscono ad aziende e privati occidentali di effettuare questi controlli. Di qui le scelte, difficili, cui sono state confrontate le compagnie: ritirare gli aerei a causa delle mancate certificazioni, continuare a farli volare con tutti i rischi del caso o, unendo i puntini se vogliamo, contrabbandare parti certificate e pagare esperti per effettuare la manutenzione. In violazione, però, delle sanzioni.
La prima opzione, evidentemente, è stata presto accantonata. In parte, perché avrebbe comportato una drastica riduzione dei voli. In un Paese, la Russia, che per dimensioni geografiche e mancanza di alternative fa un forte, fortissimo affidamento sul servizio aereo. I risultati, tuttavia, dopo tre anni di guerra sono preoccupanti: i guasti, infatti, sono sempre più frequenti. A procurare brividi, in particolare, sono i malfunzionamenti dei motori. Malfunzionamenti che riguardano altresì i velivoli di fabbricazione russa, come il Superjet. Fra il 1. dicembre e il 20 gennaio scorsi, scrive sempre Radio Free Europe/Radio Liberty, sono stati segnalati undici guasti al motore. Un aumento, netto, rispetto ai cinque che hanno caratterizzato i due mesi precedenti. Per dire: a inizio gennaio, un Airbus A321 della Ural Airlines diretto a Ekaterinburg ha fatto rientro in Egitto, da dove era partito, dopo che il motore sinistro si era guastato. Le citate sanzioni, parentesi, impediscono al vettore di far sostituire il motore da esperti certificati. Il risultato? «Quell'aereo probabilmente arrugginirà in Egitto fino a quando le sanzioni non saranno revocate o la Ural Airlines riuscirà a venderlo» ha dichiarato un pilota russo a Radio Free Europe/Radio Liberty.
Novaya Gazeta, al riguardo, è piuttosto tranciante: l'anno scorso, gli incidenti in Russia sono aumentati del 25%. Se ne sono verificati 208, nei primi undici mesi del 2024, rispetto ai 161 dei primi undici mesi del 2023. Almeno novanta di questi incidenti hanno comportato atterraggi non programmati per uno o più guasti ai sistemi. Parliamo, nella stragrande maggioranza dei casi, di guasti ai motori e ai carrelli di atterraggio. La situazione, secondo gli esperti, non potrà che peggiorare. A meno che, considerando anche gli apparenti progressi nei colloqui per porre fine alla guerra, non vengano abolite le sanzioni. La delegazione russa, in questo senso, ha già messo sul tavolo l'opzione di riattivare i voli con gli Stati Uniti mentre le compagnie europee, pensando allo spazio aereo della Federazione chiuso ai vettori occidentali, non disdegnerebbero una (ri)apertura totale. Nell'attesa, tuttavia, gli aerei che compongono la flotta commerciale stanno volando senza i necessari controlli e la corretta manutenzione.
Nel dettaglio, i velivoli delle compagnie devono essere sottoposti a un esame approfondito ogni 18-24 mesi o dopo aver completato un ciclo di 3-6.000 ore di volo. Ogni sei-dodici anni, invece, gli stessi aeroplani vengono smontati per un'ispezione dei componenti, con riparazioni o sostituzioni laddove siano necessarie. Né l'uno né tantomeno l'altro controllo, però, possono essere fatti senza una cooperazione diretta con i produttori. Ovvero, senza Airbus e Boeing. Gli esperti, non a caso, da tempo sottolineano che la Russia si sta avvicinando a un punto critico. «Non ho dati precisi sulla durata di vita di tutti gli aerei russi, ma il 2025 sarà l'ultimo anno di funzionamento legale per la maggior parte di essi» ha raccontato a Radio Free Europe/Radio Liberty un esperto russo di sicurezza di volo, che ha parlato in forma anonima. Un problema, questo, che le compagnie russe stanno cercando di aggirare – come detto – contrabbandando parti certificate dagli Stati Uniti e da fonti non ufficiali europee e, ancora, ricorrendo a controlli di manutenzione non ufficiali o riducendo la frequenza dei voli.
Mosca, mettiamola così, si era preparata a un simile scenario. Dopo l'annessione illegale della Crimea, nel 2014, il Cremlino ha aumentato gli investimenti nell'industria aerospaziale nel tentativo di ridurre la dipendenza dagli aerei statunitensi ed europei. Il risultato, tuttavia, è tutto fuorché soddisfacente: la flotta commerciale russa è composta da circa 700 aerei stranieri e 150 Superjet. A complicare le cose, il fatto che anche gli aerei «locali» avessero, almeno inizialmente, una certa dipendenza dall'Occidente per alcuni componenti. Si spiegano anche così le difficoltà incontrare da velivoli come l'MC-21. Ora come ora, per farla breve, e riprendendo le parole di un altro esperto russo di sicurezza di volo, «sia gli aerei stranieri che i Superjet finiranno a terra per mancanza di pezzi di ricambio». Con una sola, piccola differenza: «I Superjet dureranno solo un anno in più».
Nel 2022, un piano governativo prevedeva di produrre 1.036 aerei «al 100% russi» entro il 2030, fra cui 270 MC-21, 142 Superjet e 70 Tu-214. La produzione di massa, tuttavia, è stata più volte ritardata, in parte a causa delle sanzioni occidentali in parte, invece, per la necessità di convogliare le risorse disponibili nello sforzo bellico. Un pilota russo, a tal proposito, ha spiegato: «Siamo bravissimi a rivettare le strutture degli aerei, le fusoliere e le ali sovietiche erano le più resistenti. Ma non abbiamo motori o avionica moderna a causa delle sanzioni». Di nuovo: ahia. «Siamo indietro di 40 anni nella tecnologia dei motori. Lo stesso vale per i materiali compositi» ha osservato uno degli esperti consultati da Radio Free Europe/Radio Liberty. La sostituzione dei componenti stranieri dell'MC-21, in particolare, si sta rivelando difficile. L'aereo è stato inizialmente progettato con motori e avionica americani, e la Russia non ha la base tecnologica per sostituirli.
Come per molti altri settori nazionali in difficoltà, la Russia potrebbe chiedere aiuto alla Cina, forte di un'amicizia – citiamo – «senza confini». Pechino sta sviluppando i propri motori aeronautici. Secondo gli esperti, se la Cina riuscirà a fornire alla Russia motori affidabili, l'MC-21 potrà avere un futuro, ma non prima del 2029. L'aereo cinese C919, attualmente, utilizza motori occidentali e, quindi, non può essere acquistato dalle compagnie russe. Tuttavia, la Cina prevede di sviluppare un suo motore nazionale entro quest'anno o il prossimo.