Omicidi coi machete e stupri di gruppo: la violenza ad Haiti è fuori controllo
Ad Haiti la criminalità è ormai fuori controllo. Uccisioni, rapimenti e violenze sessuali nella capitale Port-au-Prince, e nei suoi dintorni, sono aumentati drasticamente dall'inizio del 2023. E la risposta dello Stato, denuncia la ONG Human Rights Watch (HRW), è passata da «debole a inesistente». In un rapporto di 98 pagine, dal titolo Living a Nightmare: Haiti Needs an Urgent Rights-Based Response to Escalating Crisis, vengono documentati gli abusi commessi tra gennaio ed aprile dai gruppi criminali e l'inazione delle autorità in quattro Comuni dell’arrondissement di Port-au-Prince: Cabaret, Cité Soleil, Croix- des-Bouquets e la stessa Port-au-Prince. Nel report viene sottolineato come nel Paese caraibico lo Stato sia assente e regni l'impunità, mentre quasi la metà della popolazione è colpita da una grave insicurezza alimentare. HRW ha anche acceso i riflettori sulle crisi umanitarie, politiche e giudiziarie, nonché sugli abusi legati a precedenti interventi internazionali, come lo schiavismo e lo sfruttamento da parte delle potenze coloniali.
«È necessaria un'azione urgente per affrontare i livelli estremi di violenza, nonché il senso di paura, il problema della fame e il senso di abbandono che oggi colpiscono tanti haitiani», ha dichiarato Nathalye Cotrino, ricercatrice di Crisi e Conflitti presso HRW.
Stando alle stime dell’ONU, i gruppi criminali ad Haiti avrebbero ucciso più di 2.000 persone nella prima metà del 2023, ne avrebbero rapite più di 1.000 ed avrebbero commesso numerosi atti di violenza sessuale per terrorizzare la popolazione. Human Rights Watch ha intervistato un centinaio di persone tra vittime di violenze, testimoni, cittadini e attivisti per i diritti umani, e ha potuto documentare, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, 67 omicidi, con la morte di 11 bambini e 12 donne, e più di 20 atti di violenza sessuale: nella maggior parte dei casi si è trattato di stupri di gruppo. Mentre le uccisioni, stando alle testimonianze, sono brutali: esecuzioni con armi da fuoco, corpi bruciati e attacchi a colpi di machete. In risposta alle violenze e all'inazione dello Stato, alcuni haitiani sono ricorsi alla «giustizia popolare», formando il movimento Bwa Kale, che ha preso piede alla fine di aprile. Solamente a giugno, il movimento ha ucciso oltre 200 sospetti criminali in tutto il Paese.
HRW chiede all’ONU, agli Stati Uniti, alla Francia, al Canada, ai membri della Comunità dei Caraibi e tutti gli altri Governi interessati di agire con urgenza per aiutare Haiti a superare la sua crisi e garantire una transizione democratica. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, dovrebbe presentare nei prossimi giorni al Consiglio di sicurezza delle ONU opzioni per il dispiegamento di una forza internazionale congiunta ad Haiti, nel tentativo di provare a ripristinare la sicurezza nel Paese. Dall'assassinio dell'ex presidente Jovenel Moïse, nel luglio 2021, il primo ministro Ariel Henry ha preso il controllo di tutte le funzioni esecutive e parlamentari, e non ha trovato un accordo con gli attori politici haitiani per consentire una transizione democratica, denuncia la ONG. I rappresentanti della società civile haitiana hanno chiesto alla comunità internazionale di non fornire sostegno al primo ministro Henry, in quanto «alla guida di un Governo illegittimo e corrotto con presunti legami con i gruppi criminali».
I gruppi criminali che operano nella capitale Port-au-Prince, e nella sua regione metropolitana, sono numerosi, e fanno parte delle due principali bande, la G-Pèp e la coalizione G9 an fanmi (G9 e famiglia). Molti dei peggiori abusi hanno avuto luogo a Cité Soleil, comune densamente popolato in cui i residenti devono convivere con il lungo conflitto tra la coalizione G9 an fanmi, guidata da Jimmy Chérizier, detto «Barbecue», e la G-Pèp, guidata da Gabriel Jean-Pierre.
Haiti è uno dei Paesi più poveri al mondo. L'ONU stima che quasi il 60% della popolazione (ad Haiti ci sono circa 11,5 milioni abitanti) viva al di sotto della soglia di povertà. Decine di migliaia di persone, dopo l'assassinio dell'ex presidente Jovenel Moïse e il devastante terremoto dell'agosto 2021, hanno cercato di fuggire dal Paese. E non è un caso che nei campi al confine tra Messico e Stati Uniti, moltissimi migranti siano proprio haitiani. Nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite, che chiedono di non rimpatriare forzatamente le persone in fuga dal Paese caraibico, nella prima metà del 2023 più di 73.800 profughi sono stati respinti da altre Nazioni e costretti a tornare ad Haiti. Dove la vita è un incubo ad occhi aperti.