Ondate di calore: più calde, più lunghe e più frequenti
Oltre 50 gradi nella Death Valley, Stati Uniti. Un record assoluto di 45,3 gradi in Catalogna, Spagna. E poi, ancora, la canicola che per ventiquattro giorni ha imprigionato Phoenix, con punte fino a 43 gradi. Ondate di calore, queste, «virtualmente impossibili» senza il cambiamento climatico. Tradotto: difficilmente si sarebbero verificate con una simile violenza. A dirlo, tramite uno studio, è la World Weather Attribution, nota anche come WWA, una collaborazione accademica che studia l'attribuzione di eventi estremi o, meglio, stabilisce la probabilità che il verificarsi, l'intensità e la durata di un evento siano dovuti al cambiamento climatico. Al progetto, fra gli altri, partecipa anche il Politecnico di Zurigo.
Secondo questa rete scientifica, il cambiamento climatico – causato dalle emissioni di gas serra di origine antropica – «ha reso le ondate di calore più calde, più lunghe e più frequenti». E ancora: «Le recenti ondate di calore non sono più eventi eccezionali», quelle future «saranno ancora più intense e più comuni se non si riducono rapidamente le emissioni». Un'amara, anzi amarissima conclusione.
Detto che fenomeni naturali, come gli anticicloni e El Niño, possano contribuire a scatenare queste ondate, «il riscaldamento delle temperature globali dovuto alla combustione di combustibili fossili è la ragione principale per cui sono così gravi» ha spiegato la WWA.
I periodi più pericolosi
Gli autori dello studio hanno utilizzato dati meteorologici storici e modelli climatici. Confrontando il clima attuale, con un riscaldamento globale pari a 1,2 gradi, con quello del passato. I risultati sono stati pubblicati senza passare attraverso il (lungo) processo di revisione paritaria, ma sono altresì il frutto di metodi approvati dai colleghi.
Gli scienziati, nello specifico, hanno considerato i periodi in cui il caldo era, citiamo, «più pericoloso»: dal 12 al 18 luglio nell'Europa meridionale, dal primo al 18 luglio negli Stati Uniti occidentali, in Texas e nel Messico settentrionale, nonché dal 5 al 18 luglio nella Cina centrale e orientale. Hanno sottolineato, infine, che il riscaldamento globale sta esacerbando l'intensità delle temperature: a causa del citato riscaldamento globale, le ondate di calore in Europa sono più calde di 2,5 gradi, quelle in Nordamerica di 2 e quelle in Cina di 1 grado.
Simili eventi, in passato, sarebbero stati non solo estremi ma rari. Oggi, possono verificarsi ogni 15 anni circa in Nordamerica, ogni 10 nell'Europa meridionale e ogni 5 in Cina, ha spiegato Mariam Zachariah dell'Imperial College di Londra, che ha contribuito allo studio. Non solo. Queste ondate di calore «diventeranno ancora più frequenti e si verificheranno ogni due-cinque anni» se il riscaldamento globale raggiungerà i 2 gradi. «Questo potrebbe accadere tra circa trent'anni, a meno che tutti i Paesi firmatari dell'Accordo di Parigi non attuino pienamente i loro attuali impegni per ridurre rapidamente le emissioni», ha aggiunto Zachariah.
C'è ancora tempo
Secondo la NASA e l'Osservatorio europeo Copernicus, il luglio 2023 «diventerà il luglio più caldo mai registrato». Ciononostante, la climatologa britannica Friederike Otto ha spiegato che un'estate come questa «potrebbe diventare la norma e persino essere considerata fresca se non dovessimo raggiungere la neutralità carbonica». Di nuovo: «I risultati di questo studio di attribuzione non sono una sorpresa. Da un punto di vista scientifico, è addirittura fastidioso perché non fa che confermare ciò che avevamo previsto. Ma quello che non avevamo previsto è quanto siamo vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale». E questo perché il riscaldamento «uccide le persone»
E l'ottimismo? Esiste ancora, per fortuna. Ancora Otto: «Queste ondate di calore non sono la prova di un riscaldamento in fuga o di un collasso climatico. Abbiamo ancora tempo per cambiare le cose. Dobbiamo urgentemente smettere di bruciare combustibili fossili e lavorare per ridurre le nostre vulnerabilità. Se non lo facciamo, decine di migliaia di persone continueranno a morire».
L'obiettivo, in questo senso, è adottare una legislazione internazionale sulla graduale eliminazione dei combustibili fossili alla prossima Conferenza delle Nazioni unite sul clima, la COP28, in programma il prossimo novembre a Dubai.