Ore d'attesa per l'ok definitivo all'accordo
Potrebbe essere ratificato domani da Israele l’accordo per il cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi a Gaza. Il Governo, secondo fonti di stampa israeliana, dovrebbe riunirsi in mattinata per decidere. Questo significa che i disaccordi odierni, giorno in cui il gabinetto Netanyahu avrebbe dovuto ratificare l’intesa raggiunta con Hamas e annunciata da Qatar e Stati Uniti, sarebbero essere stati risolti.
Quella odierna è stata una giornata di continue conferme e smentite, da una parte e dall’altra. Dopo l’iniziale soddisfazione di ieri sera, quando sembrava che tutto fosse più o meno stabilito - anche se era stato ampiamente detto che alcuni dettagli erano da definire - questa mattina c’è stato il primo stop. L’ufficio del primo ministro israeliano ha rilasciato una dichiarazione accusando Hamas di aver fatto marcia indietro su numerose questioni, rinnegando l’accordo. Di lì a poco è arrivata la smentita del gruppo che controlla Gaza, attraverso Izzat el-Risheq, il quale ha fatto sapere che Hamas è impegnata a rispettare l’accordo annunciato dai mediatori.
Secondo fonti di stampa locale il problema riguardava principalmente il fatto che Hamas aveva contestato l’autorità di Israele di porre il veto sul rilascio di un certo numero di prigionieri condannati all’ergastolo e considerati «simboli del terrore» dal Paese ebraico. Molti di questi sarebbero destinati all’esilio. Hamas vorrebbe inserire alcuni nomi di spicco nell’elenco; secondo indiscrezioni anche Marwan Barghouti, leader della prima e seconda intifada condannato a 5 ergastoli. Ma Israele vuole avere l’ultima parola su chi far uscire e pone il veto su alcuni nomi, a cominciare proprio da quello di Barghouti.
Il nodo di Philadelphia
Poco chiara anche la questione dell’abbandono o meno, da parte di Israele, del corridoio Philadelphia, il confine tra Gaza e l’Egitto.
Il Paese ebraico ha negato di aver concordato un suo ritiro graduale sin dall’inizio del cessate il fuoco poiché, sostiene, è dal quel corridoio che armi e merce di contrabbando entrano dall’Egitto dirette verso Gaza. Fonti militari hanno riferito che le truppe israeliane rimarranno per questo motivo nell’area per tutta la prima fase della tregue e con gli stessi effettivi. I soldati, però, saranno distribuiti in modo diverso.
Tel Aviv ha chiarito di voler discutere sulla fine della guerra soltanto a partire dal 16.esimo giorno della prima fase di tregua, e se Hamas non dovesse accettare le richieste israeliane, l’IDF rimarrebbe nel corridoio più a lungo.
Governo spaccato
Secondo molti, invece, il vero problema che ha portato al ritardo nell’approvazione è politico. Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha annunciato questa sera l’abbandono del governo se verrà approvato l’accordo con Hamas e ha tentato sino alla fine di tirare con sé il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich.
Per entrambi, siglare l’accordo significa, di fatto, la resa di Israele al gruppo di Gaza. Non solo: la liberazione di prigionieri palestinesi pericolosi metterebbe in futuro a rischio la sicurezza nazionale, così come avvenne nel 2011, quando furono liberati 100 prigionieri per il soldato Gilad Shalit, rapito cinque anni prima a Gaza. Tra i palestinesi liberati, allora, c’era anche Yahya Sinwar, la mente del 7 ottobre.
Ci sarebbe pertanto stata una crisi dell’ultimo minuto, con Benjamin Netanyahu che ha tentato di convincere soprattutto Smotrich a non lasciare il governo. Nel caso di voto contrario dei parlamentari del partito del ministro delle Finanze, al di là del voto sull’intesa con Hamas (per il quale c’è l’appoggio dell’opposizione), la coalizione di governo non avrebbe più la maggioranza alla Knesset.
Nell’attesa dell’approvazione israeliana e dell’inizio - domenica - della tregua, oggi si è continuato a combattere a Gaza. In un post su Telegram, l’ala militare di Hamas (le Brigate Izz a-Din al-Qassam) ha avvertito che i continui attacchi aerei e i bombardamenti di Israele mettono in pericolo gli ostaggi che dovrebbero essere liberati in base all’accordo.
Abu Obeida, portavoce del braccio militare di Hamas, ha affermato che i bombardamenti odierni avrebbero preso di mira un edificio in cui era una delle prigionieri destinate a essere liberate nella prima fase dell’accordo.
Una settantina, secondo fonti palestinesi, le vittime dei raid lanciato dopo l’annuncio dell’intesa in diverse zone della Striscia. Tra questi, Muhammad Hashem Zahdi Abu al-Rous, miliziano della forza Nukhba di Hamas che aveva partecipato al massacro del festival musicale Nova il 7 ottobre di due anni fa.
Intanto, le famiglie degli ostaggi vivono in ansia e angoscia. «Queste sono ore critiche e toccanti per noi e per l’intera nazione di Israele», ha scritto il forum delle famiglie degli ostaggi in una dichiarazione. «Siamo felici e ci congratuliamo con ogni ostaggio che tornerà. E, allo stesso tempo, siamo ansiosi per il destino dei nostri cari che potrebbero essere lasciati indietro» hanno aggiunto.
Sperando che alla fine la tregua vada in porto e che tra domenica e lunedì gli ostaggi comincino a uscire come previsto, Israele si sta preparando ad accoglierli. Il ministero della Salute ha emanato linee guida per gli ospedali, dove tutti gli ostaggi saranno sottoposti a rigorosi controlli medici e dove sarà fatta la raccolta di campioni per documentare le atrocità che hanno subito. Le donne saranno anche sottoposte a test per diagnosticare una eventuale gravidanza.
Il ministro israeliano del Lavoro e del Welfare, Yoav Ben Tzur, ha annunciato un pacchetto di aiuti. Ogni ostaggio rilasciato riceverà una somma di 60 mila shekel (circa 16 mila euro) per far fronte alle prime necessità e a tutte le spese mediche di cui dovessero aver bisogno. L’UE ha invece fatto sapere di aver stanziato 120 milioni di euro in aiuti da destinare alla Striscia di Gaza.
In ogni caso, non tutti sono felici dell’accordo. Sempre oggi, centinaia di persone si sono riunite dinanzi alla Knesset per manifestare contro la tregua con Hamas. I dimostranti hanno trasportano bare che rappresentano i soldati israeliani uccisi nella guerra con Hamas. «Bibi svegliati, il sangue ebraico non è a buon mercato!» hanno urlato i dimostranti, per i quali un accordo non farà altro che indebolire Israele e rafforzare ancora Hamas.