Il punto

Panama a muso duro: «Trump si sbaglia, il Canale non è cinese e gli USA non pagano di più»

Il Paese centroamericano sta seguendo con attenzione l'operato del neopresidente degli Stati Uniti: dai media alla politica, ecco le risposte al tycoon
© AP/Matias Delacroix
Marcello Pelizzari
21.01.2025 20:30

Laurentino Cortizo, ex presidente di Panama, non ha usato giri di parole nel giudicare le mire espansionistiche di Donald Trump, ribadite in occasione dell'insediamento ieri a Washington. In particolare, l'intenzione di riportare il Canale di Panama sotto il controllo degli Stati Uniti è stata definita «insensata». E questo perché il presidente americano si è fatto forza su considerazioni tutto fuorché corrette, nel senso di vere. In una breve intervista rilasciata a Radio Panama, leggiamo sui media del Paese, Cortizo ha spiegato che la dichiarazione di Trump secondo cui Panama non avrebbe rispettato i trattati Torrijos-Carter è falsa. 

Questi trattati, ne avevamo già parlato in un approfondimento di Giacomo Butti, erano stati firmati da Panama e Stati Uniti a Washington nel 1977. Il risultato, riassumendo al massimo, era stato duplice e consequenziale: da un lato, era stato abrogato il precedente trattato (Hay-Bunau Varilla) mentre dall'altro era stato stabilito che Panama avrebbe acquisito il controllo del Canale dopo il 1999, ponendo così fine al controllo che gli Stati Uniti esercitavano dal 1903. Così Cortizo: «Il presidente nel suo discorso, che tutto il mondo ha sentito, parla di riprendersi il Canale di Panama per violazione dei trattati. E ancora una volta insiste sul fatto che la Cina gestisca il Canale di Panama, quando molte volte e anche personalmente, nel 2021, gli ho detto che il Canale di Panama è gestito dai panamensi».

Su un fatto, verosimilmente, Trump ha ragione. L'influenza cinese, nella regione del Canale, è cresciuta e pure parecchio negli ultimi anni. In particolare, dal 2017 o, se preferite, da quando Panama ha interrotto le relazioni diplomatiche con Taiwan per abbracciare Pechino. Nel periodo che comprende il primo mandato di Trump e, poi, l'era Biden, Panama si è rivelato un partner sempre più affidabile per la Cina, al punto da ricevere lo status di Most Favoured Nation, un riconoscimento che garantisce alle navi di Panama una serie di vantaggi nei porti cinesi. Non solo, oggi una società cinese con sede a Hong Kong controlla due dei cinque porti adiacenti al Canale e vi sono non pochi timori circa possibili attività militari. Eppure, il commercio statunitense attraverso il Canale non avrebbe subito flessioni. Gli aumenti dei prezzi per il passaggio delle navi, fissati da una commissione locale, sono dovuti a ragioni esterne a una possibile interferenza cinese: da una parte, infatti, la siccità ha causato, insieme a una riduzione dei livelli d'acqua, un calo del numero massimo di transiti permessi sull'arco dell'anno; dall'altra, ancora, un nuovo sistema di prenotazione impone multe per le navi che non rispettano la tabella di marcia.

Cortizo, in questo senso, nell'intervista ha ricordato che Trump dispone di informazioni sbagliate e, parallelamente, di averlo avvertito al riguardo già nel 2021. Di nuovo: «Il Canale è una questione che dovrebbe preoccuparci, c'è una relazione storica con gli Stati Uniti». Nel suo discorso di insediamento, Trump ha detto che gli Stati Uniti hanno ceduto il canale in maniera «stupida» e, appunto, che Washington ne riprenderà presto il controllo. «Gli Stati Uniti hanno perso 38 mila vite per costruire il Canale». Fra le motivazioni addotte dal tycoon, il fatto che le navi statunitensi sarebbero state «maltrattate». Attraverso i citati pedaggi.

Detto che anche l'attuale presidente di Panama, José Raul Mulino, ha chiuso la porta a Trump e a un ipotetico controllo statunitense dello stretto («L'amministrazione del canale di Panama continuerà a essere sotto il controllo panamense con una neutralità permanente»), Mosca è intervenuta nella diatriba schierandosi più o meno apertamente con il Paese centroamericano: il vice-ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, ha detto all'agenzia TASS di aspettarsi che il governo panamense e Donald Trump «rispettino l'attuale regime legale internazionale di questa via d'acqua fondamentale». Una via che deve rimanere «sicura e aperta». 

Newsroom Panama, portale in inglese che sta dedicando ampio spazio al Canale e alle mire di Trump, si è spinto oltre. Ricordando, in primo luogo, che la via d'acqua panamense «è sempre stata gestita come un servizio pubblico internazionale, con pedaggi che coprono a malapena i costi operativi, per non parlare delle spese di costruzione iniziali». E, in secondo luogo, che i pedaggi sono limitati «da ciò che il mercato può sopportare, tenendo conto delle alternative disponibili»: Capo Horn; i sistemi ferroviari transcontinentali roll-on/roll-off; il Canale di Suez. Di più, Trump «ignora che il Canale di Panama originale è stato sostituito da un nuovo, più grande canale costruito da ingegneri e capitali stranieri, con Panama che deve far fronte a decenni di pesanti debiti con i suoi creditori». 

Il sentimento, visto da Panama, è che Trump – pur non escludendo l'uso della forza militare – stia «solo» cercando di mettere pressione sul governo panamense. Per ottenere condizioni migliori. Detto che, trattati alla mano, Washington non potrebbe intervenire anche a fronte di eventuali o conclamati «abusi panamensi», il neo-presidente degli Stati Uniti può certamente esercitare una forte influenza. Anche, se caso, minacciando di uscire dall'accordo di promozione commerciale fra Panama e Stati Uniti. Ancora Newsroom Panama: «Il Canale fa pagare le navi statunitensi più di altre? No. Il Canale fa pagare la Marina degli Stati Uniti di più? No. In realtà, le navi da guerra statunitensi ricevono un passaggio accelerato.  Agli Stati Uniti non viene fatto pagare di più rispetto ad altri Paesi: un trattato è un trattato. Gli Stati Uniti hanno legalmente firmato la cessione del Canale a Panama. Dal Canale possono ora passare navi da 4 mila a 12 mila tonnellate, grazie all'espansione da 7 miliardi di dollari realizzata da Panama senza l'assistenza finanziaria degli Stati Uniti».

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