Papa Francesco, l'ultima telefonata al parroco di Gaza

«Siamo rimasti tutti sorpresi dalla morte di papa Francesco. È stato un gran dolore, era un membro attivo della nostra comunità». Queste le parole da Gaza di padre Gabriel Romanelli, il parroco della Sacra Famiglia. Il religioso dell’ordine del Verbo Incarnato da tempo guida la piccola, unica, comunità cattolica della Striscia. Da quando è cominciata la guerra, papa Francesco ha fatto sentire la sua presenza quasi quotidianamente, chiamando di sera, normalmente intorno alle 19, e si intratteneva con i religiosi e con i fedeli. «Eravamo - spiega Romanelli da Gaza - alla chiesa ortodossa di San Porfirio per scambiarci gli auguri di Pasqua ed è stato l’unica manifestazione esterna che abbiamo avuto, dal momento che, vista la guerra, abbiamo celebrato Pasqua solo all’interno della nostra chiesa. Un parrocchiano ci ha avvisato della morte del Papa e quando abbiamo verificato la notizia, abbiamo visto la commozione in tutti, anche nei fratelli ortodossi».
Avete avuto attestati di stima e dolore da altri? «Sì, certo. Tutti sapevano quanto al Papa stava a cuore la nostra comunità. Prima i fratelli ortodossi, poi i musulmani sono venuti a offrire le loro condoglianze. Come se avessimo perso un membro della nostra comunità. Tutti tristi per la sua morte. Ma un segno di benevolenza divina, per la coincidenza della morte con il lunedì di Pasqua». E come lo avete ricordato? «Nell’unico modo che conosciamo: abbiamo pregato il Rosario e celebrato una messa per lui. Tutti i rifugiati hanno voluto partecipare, gli volevano tutti bene, lo sentivano tutti molto vicino, non solo per le telefonate che faceva, ma per i numerosi appelli alla pace che non smetteva mai di lanciare». La comunità cristiana a Gaza è piccola, ma molto attiva. «In totale in parrocchia qui siamo circa 500», spiega padre Romanelli. «Dall’inizio della guerra abbiamo ospitato tutti nel nostro compound. Tra questi ci sono anche 58 persone che vengono curate e assistite dalle sorelle di Madre Teresa, si tratta di bambini malati con bisogni speciali e anziani. Questi sono musulmani. Tutti gli altri sono cristiani. La maggior parte della comunità cattolica è qua come pure la maggior parte della comunità ortodossa. In tutta la striscia di Gaza al momento ci sono circa 650 cristiani e quindi la maggior parte sono da noi a Gaza City. Il resto sono sparsi per la Striscia e vivono in alcune case che sono riusciti a recuperare nel periodo della tregua, soprattutto attorno alla chiesa greco-ortodossa». E Francesco era oramai un fratello molto vicino. «Il Santo Padre ha sempre mantenuto contatti con noi, ci inviava le sue benedizioni, le sue preghiere e ci chiamava sempre», ricorda il religioso. «Quando era al Gemelli un po’ meno, ma lo ha fatto lo stesso, anche quando è tornato a Santa Marta e noi abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Ha mostrato tutta la sua dedizione a coloro che soffrono. Per noi è sempre stato un grande sostegno sapere che si preoccupava di noi, ci pensava, pregava per noi. Ora lo farà ancora di più». I messaggi di Francesco erano rivolti molto spesso ai più piccoli. «Era molto interessato ai bambini. Era diventato così vicino a noi che li riconosceva, rispondeva loro, li chiamava per nome. Ci chiedeva di prenderci cura di loro, delle persone che soffrono, e ci ha ringraziato per quello che facevamo».
Infine, l’ultimo contatto, sabato. «Era la vigilia di Pasqua e ancora una volta ci ha ringraziato per le preghiere che abbiamo sempre fatto per lui. Si è interessato di tutti i parrocchiani. E ha detto che pregava per noi tutti e ci dava la sua benedizione». Un ultimo messaggio in un contesto difficilissimo. «La guerra continua. Martedì sera - conclude Romanelli - ci sono stati forti bombardamenti, tremava tutto, abbiamo sentito forte anche l’odore della polvere da sparo. Abbiamo il cibo razionato. Le persone muoiono, è tutto reale, le case distrutte, non c’è serenità. Il Papa ha inviato anche domenica di Pasqua un appello per la fine della guerra con la liberazione di tutti, l’ingresso degli aiuti umanitari. Speriamo che adesso da lì ci aiuti di più ad avere pace».