Papa Francesco, l'ultimo pensiero alle vittime delle guerre

Sino alla fine. Con il suo popolo. Il popolo di Roma, del quale era vescovo e guida. Francesco ha voluto esserci, nel giorno più importante per i cristiani, quest’anno celebrato nella stessa data da cattolici e ortodossi. Il giorno della resurrezione di Cristo. «Cari Fratelli e sorelle, buona Pasqua», ha detto senza nascondere la fatica e il dolore. Sospinto con la carrozzina sul loggiato di San Pietro. La voce flebile per la benedizione solenne in latino, che soltanto il Papa può impartire a Pasqua: «Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus».
È toccato invece all’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle cerimonie della Santa Sede, leggere il messaggio Urbi Et Orbi preparato da Francesco. Un testo che adesso, a distanza di poche ore, suona come uno straordinario testamento politico.
«Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo -ha scritto il Papa - L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le armi della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte».
Ha parlato di speranza, il Papa: «La nostra esistenza non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita. Dio ci ha creati per la vita. Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare». Questo è il problema di fondo: «Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo. Quanta violenza spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti. In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!».
«Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano - è stato l’appello finale - Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non sono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità».