L’intervista

«Per i russi Putin rappresenta l’ordine dopo l’era del caos»

Francesca Mereu, per anni corrispondente da Mosca per diverse testate, racconta in un libro la Russia dal crollo dell’URSS ai giorni nostri
Francesca mereu
Osvaldo Migotto
13.02.2019 06:00

Francesca Mereu la Russia la conosce molto bene. Ha vissuto in prima persona sia il crollo dell’URSS che il caos che ha caratterizzato gli anni del «dopo impero». La giornalista italo-russa ha lavorato in quel drammatico periodo come corrispondente da Mosca per la radio americana Radio Free Europe/Radio Liberty. È stata poi in forze per sei anni nella redazione del «The Moscow Times», per il quale si è occupata di giornalismo investigativo coprendo la politica interna e i servizi di sicurezza russi. I suoi reportage da Mosca sono stati pubblicati dall’«International Herald Tribune», dal «The New York Times» e da numerosi giornali italiani. Una lunga esperienza professionale che le ha permesso di entrare in contatto con molte persone, sia comuni cittadini che esponenti di vario grado del regime. Tutto ciò l’ha agevolata nello scrivere il libro «Il Grande Saccheggio. Da Zar Boris alla presa di potere di Putin, diario di una democrazia mancata». Un’interessante scritto, pubblicato recentemente dalla casa editrice Le Mezzelane, che aiuta a capire anche la Russia di oggi.

Francesca Mereu come è nato questo libro e come mai arriva solo ora?

«L’incipit del libro l’avevo in testa dagli anni ’90 in quanto ho vissuto la Russia di quel periodo ed era un Paese che meritava di essere raccontato. Poi ovviamente con il passare del tempo metti insieme tutti gli elementi e li fai maturare e rendere meglio, in quanto guardi a distanza gli avvenimenti. Ho voluto scrivere questo libro in quanto volevo fornire al lettore una chiave di lettura della società russa. Perché quando si parla di Vladimir Putin e della democrazia che la Russia ha perso, la gente non conosce cosa è stata la democrazia per i russi e qual è il loro concetto di democrazia. Volevo quindi spiegare a un pubblico occidentale qual è il concetto di democrazia per i russi».

E qual è il concetto di democrazia che hanno i russi?

«Bisogna ricordare cosa è successo negli anni ’90 quando la democrazia era associata alla violenza, alla delinquenza e alla corruzione. Per cui per i russi è questa la democrazia. Noi invece spesso ci chiediamo: perché i russi non vogliono la democrazia?».

Il libro, immagino, non è stato tradotto in russo. Nonostante ciò, il fatto di aver svelato il lato oscuro del potere non le crea qualche timore, considerato che lei si reca ancora in Russia?

«No, non ho alcun timore. Io ho preso la cittadinanza russa nel 2009, mio marito è russo e visito il Paese almeno una o due volte l’anno. Non ho paura innanzitutto perché il libro è scritto in italiano e poi perché ho cercato di tenermi fuori dai fatti che ho descritto. Quando ad esempio ho mostrato com’è Putin, sono rimasta fedele ai fatti, per cui non credo che ci siano pericoli per me».

Il libro però mette in luce aspetti molto crudi della gestione del potere in Russia...

«Sì certo. C’è stata la presa del potere da parte delle persone legate ai servizi segreti, perché per loro il sistema democratico che si stava creando (ai tempi di Eltsin ndr) era preoccupante. Oltre a ciò va detto che il popolo era pronto ad accettare questo nuovo tipo di regime autoritario che gli ambienti legati ai servizi segreti volevano imporre. Queste persone hanno trovato il momento giusto per prendere il potere, comunque si è giunti piano piano a questa svolta autoritaria, anche grazie a Eltsin e ai media russi dell’epoca che comunque hanno coperto tante cose sbagliate fatte dal potere. Secondo me in una democrazia non si può essere democratici a metà. Non si può difendere un presidente come Eltsin che nel 1993 ha fatto uccidere tante persone che si opponevano al suo regime, e non si può neppure mentire, come avvenuto nel 1996, quando tutti sapevano che Eltsin non aveva vinto le elezioni, ma le aveva vinte il comunista Ziuganov. Non ci si può comportare in questo modo e poi pensare che non ci saranno delle conseguenze. La democrazia ha delle regole precise: devi essere coerente come giornalista e devi sempre dire la verità anche quando non ti piace. L’atteggiamento dei media russi ha portato a un regime più autoritario».

Nel libro emergono gli aspetti negativi del potere, ma anche una profonda simpatia per la parte migliore della Russia, ossia le numerose persone con le quali ha stretto amicizia nel corso degli anni. Oggi queste persone come guardano al futuro del loro Paese?

«Sono in contatto con tantissime persone e sono stata in Russia anche lo scorso anno in occasione delle elezioni presidenziali e sinceramente ho notato tanto ottimismo. I russi si sono sentiti per tanti anni un po’ bastonati, purtroppo anche dall’Occidente che diceva al Paese: ‘tutto quello che voi fate è sbagliato’. Quando è arrivato al potere Vladimir Putin, nonostante i suoi modi autoritari che hanno demolito completamente la democrazia russa, la popolazione ha accettato il suo messaggio. Putin in pratica ha detto ai suoi concittadini che non è sbagliato essere russi. Noi russi, ha detto in sostanza Putin, siamo diversi e dobbiamo accettarci per quello che siamo».

E la gente gli ha creduto?

«Devo dire che sono rimasta stupita dal fatto che tante persone che prima erano contro Putin e il potere, adesso invece lo ammirano. Si tratta di persone che nel corso degli anni prima sognavano la democrazia, poi l’hanno conosciuta e non l’hanno apprezzata e adesso dicono: sì Putin non è democratico però almeno nel nostro Paese c’è ordine, non c’è più il caos degli anni ’90 e in più i russi si accettano per quel che sono, senza sentirsi in colpa».

Tra i giovani però vi è chi contesta apertamente Putin, chiedendo dei cambiamenti nella gestione del potere. Sono proteste destinate a venir sempre soffocate in malo modo dal potere?

«Secondo me sì. Dobbiamo però capire che i giovani che si ribella no al potere sono persone di solito molto istruite, più che altro abitanti delle grandi città, per cui si tratta di una piccola parte della gioventù. Ovviamente il potere è molto attento, e anche paranoico, a tutte le ribellioni. Putin ha infatti il terrore che queste proteste non nascano dal malcontento dei giovani, ma da un’influenza esterna. Per cui non credo che, almeno in questo momento, i giovani che contestano il presidente riusciranno a far cambiare il sistema di potere, anche perché parlando con diversi russi si nota l’ammirazione che nutrono nei confronti di Putin».

Per quanto riguarda i rapporti con l’estero, i russi nutrono sentimenti diversi nei confronti dell’Europa e degli Stati Uniti?

«Ritengo che i russi guardino all’Occidente come se fosse un unico blocco, non fanno differenze tra Europa e USA. In questi ultimi anni, a seguito degli embarghi imposti alla Russia dall’Occidente, i russi si sentono maltrattati ingiustamente. Secondo me queste sanzioni rappresentano un grosso errore, perché stiamo perdendo anche quella parte della popolazione che era pro-Occidente. Noi stiamo bastonando Putin, ma stiamo perdendo la simpatia dei russi».