Perché i russi sono (ancora) al freddo

Ne avevamo parlato una decina di giorni fa. In Russia sta crescendo, e non poco, la rabbia verso le autorità. Il Paese, confrontato con un inverno particolarmente rigido, sta registrando più o meno ovunque interruzioni di elettricità e riscaldamento. Roba non da nulla, considerati i -25 gradi Celsius toccati ad esempio a Khimki, nei sobborghi di Mosca, zona colpita dai disservizi. Altri dieci giorni, appunto, sono passati e la situazione non sembra migliorata, anzi. Mentre lo Stato investe ogni rublo nella guerra in Ucraina invece che nelle infrastrutture civili, in alcune regioni la popolazione – pur rischiando parecchio, considerato il divieto di protesta – non ha mancato di manifestare il proprio malcontento.
Un problema di centralizzazione
Ma perché intere cittadine russe si ritrovano senza riscaldamento? Tutto dipende dalla tendenza locale all'estrema centralizzazione dei sistemi di riscaldamento. Grandi centrali si occupano di coprire, da sole, il fabbisogno di enormi aree distribuendo l'acqua calda tramite condutture che arrivano direttamente nelle case, riscaldandole tramite i radiatori. Logica conseguenza di una simile centralizzazione è che un guasto può mettere in difficoltà non solo una casa o un quartiere, ma intere città o distretti. E di guasti ce ne sono stati parecchi. Tanto da rendere evidente come l'implosione delle infrastrutture – fra tubi rotti e termosifoni congelati – non sia da addebitare al freddo (come prova a fare il Cremlino) ma alla fatiscenza delle stesse. Prendiamo il caso di Nizhny Novgorod, città di oltre un milione di abitanti 400 chilometri più a est di Mosca. Qui, qualche giorno fa, l'esplosione di una conduttura ha inondato le strade di acqua bollente, ustionando 10 passanti e lasciando senza riscaldamento – secondo quanto riportato dal Moscow Times – più di 3.000 residenti di 20 condomini. Simile situazione a Novosibirsk, in Siberia, dove la rottura di una conduttura ha colpito 13 persone e privato di calore – come riferito da Siberian Generating Company (SGK), azienda responsabile del riscaldamento nella regione – 69 case residenziali, due asili, una scuola, un ospedale e una stazione di ambulanza. La conduttura, ha ammesso SGK, è stata posata nel 1963 e riparata l'ultima volta nel 1990, un anno prima della caduta dell'Unione Sovietica, insomma.

Sono solo, appunto, due esempi. Ma in poche settimane, più 100 mila abitanti della regione della stessa Mosca hanno dovuto fare a meno per periodi più o meno prolungati del riscaldamento. Nella già citata Khimki, alcuni si ritrovano al freddo dal 2 gennaio.
Proteste nonostante i rischi
Il malcontento, anche a pochi chilometri dal Cremlino, è insomma tanto. E non a caso Putin stesso si è mosso a metà gennaio ordinando al Ministro delle Situazioni di Emergenza, Alexander Kurenkov, di trovare un modo per fornire calore ed elettricità ai residenti colpiti. È quantomeno improbabile tuttavia, evidenziano gli analisti, che la rabbia dei russi abbia un qualsivoglia effetto sulle scontate elezioni presidenziali che si terranno a metà marzo. Ma una cosa è certa: le lamentele della popolazione si stanno dirigendo anche contro la guerra in Ucraina. Da due anni Putin ha dato priorità al suo esercito rispetto alle richieste dei civili, approvando un massiccio aumento dei finanziamenti militari e cooptando qualsiasi settore, piegandolo al servizio dello sforzo bellico in Ucraina. E mentre, pare, molti ingegneri hanno lasciato il Paese per evitare il reclutamento, la popolazione si chiede: chi penserà alle infrastrutture civili? Per questo, nonostante i divieti di protesta, le manifestazioni contro la mobilitazione sono aumentate, in particolare nelle regioni a maggioranza islamica del Bashkortostan e del Daghestan.