Ambiente

Perché, in Brasile, la deforestazione non conviene nemmeno agli agricoltori

Un nuovo studio mostra come il clear-cutting, il taglio completo di alberi in una zona, distrugga il delicato equilibrio dei cicli d'acqua: meno pioggia equivale a meno raccolti, e le perdite economiche registrate nell'ultimo decennio lo dimostrano
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Red. Online
01.01.2025 06:00

Il calcolo, all'apparenza, è semplice. La deforestazione in Brasile danneggia il "Polmone  verde" della Terra e, così, la Terra intera. Chi ci guadagna, allora? Be', gli agricoltori, ad esempio, che hanno sempre bisogno di spazio in più, di campi da coltivare. Ma se per anni si è creduto che a più campi corrispondessero raccolti più abbondanti, i dati provenienti dal Paese sudamericano mostrano che i conti non tornano. Uno studio pubblicato a ottobre dall'Università federale di Minas Gerais (UFMG) e dalla Rainforest Foundation Norway (RFN) mostra fino a che punto la deforestazione dell'Amazzonia stia danneggiando, sì, anche gli agricoltori, mettendo in pericolo la sicurezza alimentare globale.

Perdite ecologiche ed economiche

È un fenomeno storico. In Brasile, alla deforestazione seguono campi e allevamenti. Una pratica utilizzata sin dai primi coloni per avanzare nell'entroterra e prendere il controllo degli immensi territori brasiliani, e cresciuta negli anni Sessanta con il regime militare allora al potere. Nell'ultimo ventennio, escluso il periodo con Bolsonaro al potere, il governo brasiliano ha tentato di porre un freno alla deforestazione, spesso promossa illegalmente da grandi gruppi di allevatori e agricoltori. Una frenata che si è fatta più decisa negli ultimi anni, con il ritorno di Lula e della ministra dell'Ambiente Marina Silva. Nel 2024, mostrano i più recenti dati provenienti dal Brasile, la deforestazione dell'Amazzonia ha registrato una riduzione del 38% nella prima metà dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2023. Il già citato rapporto pubblicato dall'Università federale, tuttavia, mostra come il clear-cutting (rimozione di tutti gli alberi da un'area) sia ancora molto praticato, con un impatto devastante non solo per il bioma, ma anche per la stessa produzione di cibo.

L'improvvisa rimozione delle antiche foreste, mostra lo studio, distrugge il delicato equilibrio dei cicli dell'acqua nella regione: meno alberi che respirano, meno vapore, meno nuvole, meno pioggia, ed ecco siccità e aumento delle temperature. Nelle aree in cui è stato disboscato più dell'80% della foresta, si legge nello studio citato dall'Economist, l'inizio della stagione delle piogge è stato ritardato di 76 giorni dal 1980. Tra il 1999 e il 2019, in queste stesse aree le precipitazioni sono diminuite del 40% nella stagione della coltivazione della soia e del 23% in quella della coltivazione del mais. Le temperature massime dell'aria sono aumentate di circa 2,5°C nello stesso periodo (da 30°C a 32,5°C). E i conti, qui, tornano: meno pioggia e giornate più calde equivalgono a raccolti minori e minori ricavi.

La riduzione dei raccolti tra il 2006 e il 2019 ha infatti portato a perdite economiche totali di circa 1 miliardo di dollari sullo stesso periodo. Dopo aver tenuto conto dei costi di produzione, i ricavi netti della soia sono diminuiti del 10% nei 13 anni presi in considerazione, mentre quelli del mais del 20%.

Deforestazione e industria: all'argomento abbiamo dedicato, tempo fa, una serie di interviste

Che cosa fare

Il governo brasiliano, evidenzia lo studio, dovrebbe fare di più, così come le autorità dei singoli Stati che compongono il Paese. Già, perché il processo innescato da decenni di deforestazione non è, ancora, irreversibile. Il rimboschimento potrebbe invertire l'andamento delle precipitazioni: il rapporto spiega infatti che se lo Stato brasiliano del Pará – famoso per l'agricoltura intensiva – riforestasse 55.000 km2 di terreno coltivabile (un'area più grande della Svizzera, ma equivalente a solo un ventiduesimo della superficie dello Stato) la pioggia potrebbe arrivare in media cinque giorni prima, e fino a 19 in alcune aree, con 152 mm di precipitazioni in più all'anno nelle aree ora disboscate.

La speranza è che mostrare l'impatto economico della deforestazione convinca più aziende agricole ad autolimitarsi: «Dicono che siamo colpevoli di agrofobia», ha affermato Britaldo Soares-Filho, autore principale del rapporto, «ma sono loro che stanno commettendo un agrosuicidio». Già, perché le previsioni parlano chiaro: se i tagli continueranno, agricoltori e allevatori dovranno affrontare condizioni ancora più difficili. Ed entro il 2050 le perdite potrebbero arrivare a toccare il miliardo di dollari all'anno.