Perché l'ambasciatore cinese in Francia ha fatto arrabbiare l'Ucraina?

L’Ucraina, a giusta ragione, non ci sta. Domenica, Kiev ha denunciato l’assurda narrazione cinese – guarda caso sovrapponibile a quella russa – circa lo status e la storia della Crimea, regione annessa illegalmente da Mosca nel 2014 e, oggi, fra gli obiettivi di riconquista dell’esercito ucraino. Ad accendere la miccia, in televisione, è stato l’ambasciatore cinese in Francia, ospite di Darius Rochebin su LCI.
A precisa domanda, ovvero se la Crimea sia o no parte dell’Ucraina, Lu Shaye ha risposto mostrando allo stesso tempo imbarazzo e poco, o nessuno, rispetto per i fatti: «Dipende da come percepiamo questo problema. La Crimea, all’inizio, era russa. Fu Krusciov a dare la Crimea all’Ucraina ai tempi dell’Unione Sovietica». Apriti cielo. Non pago, il diplomatico si è spinto oltre. Affermando, fra le altre cose, che i Paesi dell’ex Unione Sovietica non abbiano «uno status effettivo nel diritto internazionale perché non esiste un accordo che concretizzi il loro status di Paesi sovrani». E ancora: basta, a suo dire, «cavillare» sulla questione dei confini post-sovietici. «Ora la cosa più urgente è fermarsi, raggiungere il cessate il fuoco».
La replica, stizzita, è arrivata (anche) via social. Mykhailo Podoliak, consigliere della presidenza ucraina, ha mostrato tutto il suo disappunto: «È strano sentire una versione senza senso sulla storia della Crimea da un rappresentante di un Paese scrupoloso sulla sua storia millenaria».
Podoliak ha sottolineato, qualora ce ne fosse bisogno, che «tutti i Paesi dell’ex Unione Sovietica hanno un chiaro status sovrano sancito dal diritto internazionale». Quindi, ha invitato Lu Shaye «a non ripetere la propaganda russa».
La reazione della Francia
La questione può sembrare una sciocchezza, e forse in parte lo è. In realtà, però, che un rappresentante cinese si esprima in questi termini è grave. A maggior ragione se consideriamo che Pechino, tempo fa, ha avanzato pretese circa un ruolo di mediatore (se non risolutore) del conflitto in Ucraina. Viene da chiedersi, a questo punto, quanto sia ispirato da Mosca il famoso piano di pace proposto dalla Cina.
Le dichiarazioni di Lu Shaye, ovviamente, hanno fatto scattare il classico campanello d’allarme anche in seno alla diplomazia francese. Il ministero degli Esteri, sabato, aveva dichiarato di aver preso atto, «con sgomento», delle osservazioni fatte dall’ambasciatore. Quindi, una domanda (quasi) retorica: queste dichiarazioni riflettono la posizione ufficiale della Cina o no?
La Cina, oggi, tramite la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning, ha fatto sapere che rispetta «lo stato di sovranità delle ex Repubbliche sovietiche».
Le parole del diplomatico, va da sé, hanno fatto irretire anche altri attori. Nello specifico, i Paesi baltici. Gli ambasciatori di Lituania, Lettonia ed Estonia hanno convocato, per oggi,i gli ambasciatori cinesi di stanza nei rispettivi Paesi per chiarimenti. Le dichiarazioni fatte da Lu Shaye, manco a dirlo, hanno scatenato forte indignazione in tutto il Baltico.
L'invito di Macron
L’Ucraina, ha insistito Parigi, è stata riconosciuta a livello internazionale, «compresa la Crimea», nel 1991. L’ex repubblica sovietica, a suo tempo, fu riconosciuta anche dalla Cina come nuovo membro delle Nazioni Unite. Quindi, l’ennesimo monito: l’annessione da parte della Federazione Russa della Crimea, nel 2014, «è illegale» e, di riflesso, non conforme al diritto internazionale.
La Cina, sin dalle prime avvisaglie di guerra, ha mantenuto un approccio e un atteggiamento il più possibile neutrali. Un atteggiamento che gli esperti hanno bollato come ambiguo, ad immagine del presidente Xi Jinping che – dopo oltre un anno di conflitto – non ha ancora condannato l’invasione russa né si è mai incontrato o organizzato un colloquio telefonico con Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino. Al contrario, Xi recentemente è stato a Mosca per ribadire l’amicizia «senza confini» con la Russia e per rinsaldare il cosiddetto fronte antioccidentale.
Durante una visita in Cina, a inizio aprile, il presidente francese Emmanuel Macron aveva esortato Xi Jinping a «riportare la Russia alla ragione» rispetto alla guerra in Ucraina e, ancora, a non consegnare armi a Mosca. I due, al termine dell’incontro, in una dichiarazione congiunta si erano impegnati a «sostenere tutti gli sforzi per riportare la pace in Ucraina».