Perché si parla (ancora) di Moldavia e Transnistria?

All’improvviso, i riflettori si sono (nuovamente) riaccesi sulla Moldavia e, di riflesso, sulla Transnistria. Colpa, mettiamola così, della guerra in Ucraina. Il governo moldavo, nello specifico, teme che la Russia abbia in mente un colpo di Stato per riportare il Paese, o una parte, sotto il mantello di Mosca. E ancora: è opinione comune che il conflitto, presto o tardi, possa coinvolgere l’ex repubblica sovietica. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in questi giorni ha incontrato la presidente moldava, Maia Sandu, ribadendo con forza la difesa del governo democraticamente eletto nel Paese.
Quante mani sulla Moldavia
Nazione povera, se non addirittura poverissima, la Moldavia ha una superficie modesta (quasi 34 mila chilometri quadrati) e una altrettanto modesta popolazione: gli abitanti sono circa 3,5 milioni. Vi si parla romeno, segno e conseguenza dei fortissimi legami etnici e culturali con la vicina Romania. Nel corso della storia, il suo territorio è stato occupato dai turchi, dai russi e dagli austriaci.
In epoca recente, la parte orientale della Moldavia venne occupata dall’Armata Rossa nel 1940. Quindi, nel Paese entrarono anche le truppe della Germania nazista. Al termine della Seconda guerra mondiale, l’intero territorio venne annesso all’Unione Sovietica. L’uscita dall’orbita di Mosca, quantomeno sulla carta, avvenne nell’agosto del 1991, dopo il fallito golpe contro Gorbaciov, quando il popolo moldavo votò per l’indipendenza.
Da allora, la Moldavia è un Paese sovrano. Seppur con forti ingerenze, in particolare per il destino della Transnistria.
Spinte indipendentiste
Ecco, la Transnistria. Già prima dell’indipendenza moldava, parliamo del settembre del 1990, la minoranza russofona insediatasi fra il fiume Dnestr e il confine con l’Ucraina optò per la secessione dal resto del Paese. Fondando, appunto, la cosiddetta repubblica di Transnistria.
Fra i moldavi di lingua romena e quelli di lingua russa, d’altronde, non scorreva buon sangue. Violenze erano scoppiate proprio nel 1990, mentre la guerra fratricida cominciò nel marzo del 1992. Il cessate il fuoco venne firmato dalle parti in causa a luglio dello stesso anno, sotto l’egida di Boris Eltsin.
Che cos'è la Transnistria?
La Russia, in questi anni, ha mantenuto alta l’attenzione sulla Moldavia. Nel 2003, per dire, il Cremlino propose un memorandum d’intesa per la creazione di una Federazione moldava. Un memorandum che garantiva ampia autonomia alla Transnistria. Il governo moldavo, tuttavia, declinò gentilmente l’offerta. Anche perché, nel pacchetto, era compresa pure una presenza militare russa per almeno vent’anni. A protezione della minoranza russofona.
Nel 2005, al tavolo si sedettero – oltre alla Russia – anche l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Ma non se ne arrivò a una. In seguito all’annessione della Crimea da parte del Cremlino, nel 2014, la Transnistria chiese ufficialmente di venire annessa a sua volta.
La Transnistria, oggi, rimane in una sorta di limbo e vuoto legislativo. È una repubblica separatista che nessuno riconosce, se non altre tre repubbliche separatiste e, va da sé, filorusse: l’Abkhazia, l’Ossezia del Sud e l’Artsakh. Ha una capitale, Tiraspol, famosa anche per la sua squadra di calcio, lo Sheriff, il club più titolato della Moldavia, un proprio governo, un parlamento e perfino un esercito.
La retorica russa
La guerra in Ucraina, dicevamo, potrebbe ora estendersi alla Moldavia. Due, secondo esperti e analisti, le possibilità: uno sconfinamento diretto del conflitto o un piano, ordito dal Cremlino, per riposizionare l’intero Paese sotto la sfera di influenza russa. Non a caso, di recente, missili russi hanno attraversato lo spazio aereo moldavo.
Di sicuro, Mosca non ha mai digerito la svolta filo-occidentale della Moldavia e l’obiettivo, mai nascosto da Chisinau, di entrare nell’Unione Europea e nella NATO. Proprio come l’Ucraina. Tant’è che il Cremlino ha investito, e tanto, per fare disinformazione spinta sulle televisioni e sui social moldavi.
Di più, la Russia sta usando una retorica molto, troppo pericolosa. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, ad esempio, ha definito la Moldavia «la prossima Ucraina». Il Cremlino, con Chisinau, può inoltre usare l’arma del gas e dell’energia. Già, perché prima del conflitto la Moldavia dipendeva al 100% da Mosca per l’approvvigionamento. La guerra ha costretto il Paese a rifornirsi altrove, in Romania, a prezzi alti per gli standard moldavi. L’inflazione, nel frattempo, è salita alle stelle mentre il governo deve pure far fronte all’emergenza profughi visto che, a pochi chilometri, c’è l’Ucraina.
La domanda che si pongono molti, in Moldavia, è una soltanto: se i russi invadessero il Paese, quale resistenza potrebbe mettere in piedi l’esercito moldavo, formato da poche migliaia di soldati (quasi) del tutto privi di formazione.