Perché Viktor Orbán ha detto che l'Ucraina non può vincere la guerra?
Da una parte, Unione Europea, Stati Uniti e Regno Unito continuano, senza sosta, a sostenere l'Ucraina. Preparandosi perfino a consegnare aerei da combattimento di fabbricazione occidentale, i tanto discussi e chiacchierati F-16. Dall'altra, tuttavia, all'interno del fronte pro-Kiev si intravedono alcune crepe. In particolare, il primo ministro ungherese Viktor Orbán è tornato, prepotentemente, a fare il guastafeste. Martedì, a Doha, in occasione di un forum economico, ha sentenziato: «L'Ucraina non ha alcuna possibilità di vincere la guerra». Ahia. Orbán, nel contestualizzare il concetto, ha spiegato che le continue forniture di materiale bellico non faranno altro che aumentare il numero di morti. Di qui la richiesta di un cessate il fuoco immediato. «È tragico a livello emotivo» ha aggiunto. «I nostri cuori vanno agli ucraini. Ma parlo da uomo di Stato che deve salvare delle vite».
Galeotta fu una banca ungherese
Di sicuro, finora l'Ungheria non ha fatto granché per aiutare l'Ucraina a respingere l'invasore russo. A conti fatti, è il solo membro della NATO a non aver fornito un sostegno militare. Di più, Budapest non ha autorizzato neppure la consegna di armi attraverso il suo territorio. E ancora: in barba alle sanzioni dell'UE pronunciate nei confronti di Mosca, l'Ungheria continua a rifornirsi di gas e petrolio russi.
Kiev, secondo una lettura più attenta, sembrerebbe la vittima sacrificale di uno scontro, aperto, anzi apertissimo, in atto da tempo. Budapest contro Bruxelles, già. Sebbene l'Ungheria abbia motivato diversamente il suo atteggiamento ostruzionistico rispetto all'imposizione di nuove sanzioni alla Russia. L'Ucraina, infatti, ha inserito la banca ungherese OTP nella lista delle «aziende che sostengono la guerra». Per quanto, concretamente, la cosa non abbia effetti commerciali, e considerando che nell'elenco figurano pure aziende di altri dieci Paesi occidentali, la mossa non è piaciuta al governo ungherese. La sola menzione, insomma, è bastata a Budapest per aprire una crisi diplomatica. Finché la banca non verrà rimossa, l'Ungheria non solo bloccherà nuove, possibili sanzioni per colpire Mosca, ma dirà di no anche a un pacchetto di armi e munizioni da 500 milioni di euro proposto dall'UE. Orbán, martedì in Qatar, ha parlato di una questione di principio: «Se un Paese come l'Ucraina vuole aiuti finanziari, se ha bisogno del nostro denaro, dovrebbe rispettarci e non punire le nostre aziende».
Il braccio di ferro con l'UE
D'altro canto, Orbán e la sua politica particolare – fra ostruzionismo e ammiccamenti al Cremlino – stanno innervosendo, da tempo, non solo l'Unione Europea ma anche la stessa Ucraina. Le relazioni fra Budapest e Kiev, pare di capire, sono oramai ai minimi termini. A metà maggio, il Washington Post aveva addirittura riferito che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, stufo dei tentennamenti di Orbán e irritato dalle sue posizioni, aveva considerato l'idea di agire sull'oleodotto Druzhba, il più lungo al mondo, 5.500 chilometri di tubi che, dalla Russia sudorientale, fanno confluire petrolio attraverso l'Ucraina, l'Ungheria e la Polonia fino alla Germania. Della serie: fanno così? E allora noi tagliamo le forniture di petrolio russo. Il Ministero degli Esteri ungherese aveva reagito con rabbia alle indiscrezioni, parlando di «piani ostili» ucraini contro la sovranità ungherese.
Il problema, dicevamo, sta però a monte. Orbán ha un contenzioso aperto con l'UE, che ha congelato quasi 30 miliardi di fondi per la coesione. Aiuti di cui l'Ungheria avrebbe disperatamente bisogno, ma che l'Unione ha bloccato fino a quando Budapest non avrà intrapreso seriamente la strada dell’indipendenza giudiziaria e del rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il governo ungherese, in particolare, è carente sul fronte della lotta alla corruzione e si è reso protagonista di controverse riforme giudiziarie.
Le dichiarazioni sull'Ucraina, dunque, rientrano in uno schema preciso di Orbán, sostengono gli esperti. Uno schema che punta a mettere pressione sull'UE a più livelli. All'inizio della settimana, per dire, Budapest ha annunciato che centinaia di trafficanti di droga incarcerati verranno rilasciati, a patto che lascino il Paese entro 72 ore. Il governo ha aggiunto che ospitare criminali stranieri è troppo costoso per il contribuente ungherese. Tradotto: è colpa dell'UE, che non sblocca i fondi. L'Austria, che confina con l'Ungheria, ha risposto rafforzando i controlli alle frontiere mentre il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg ha chiesto «spiegazioni chiare» circa la misura adottata.
L'Ucraina, a detta di Orbán, non può vincere la guerra. Viene da chiedersi se l'Ungheria sarà in grado di vincere il braccio di ferro con l'Unione.