Sanzioni

Petrolio russo verso Cina, India e Turchia: ecco come opera la flotta ombra

Per eludere le restrizioni dell'Occidente, Mosca si serve di vecchie petroliere intestate a società di comodo: sarebbero migliaia - Secondo gli esperti, è una mossa più politica che economica
© Shutterstock
Red. Online
31.05.2024 14:00

Nel tentativo di eludere le sanzioni, aggirando il tetto massimo sul prezzo del petrolio imposto dall’Occidente, la Russia, ormai è noto, utilizza una flotta ombra di navi per vendere i suoi combustibili fossili soprattutto a Cina, India e Turchia. Gran parte del petrolio russo acquistato in questo modo viene poi raffinato e venduto come carburante ad altri Paesi, compresi quelli europei. Ad esempio, nel 2023, il volume delle importazioni di petrolio russo in India è aumentato del 140%, mentre l’esportazione di prodotti petroliferi dal Paese asiatico verso i membri dell’UE è aumentata del 115%. È dunque molto probabile che benzina, diesel e cherosene in Europa abbiano un’origine russa. Ed è pure altamente possibile che la Turchia stia operando in modo simile all’India. Dal febbraio 2023 al febbraio 2024, il Paese di Erdogan ha infatti aumentato gli acquisti di petrolio russo del 105% rispetto all’anno precedente, esportando, nello stesso periodo, il 107% in più di carburante verso l’UE.

È quanto emerge da un’analisi del quotidiano indipendente iStories che, la scorsa settimana, ha puntato i riflettori sulla flotta ombra russa, sottolineando come Mosca per i suoi traffici utilizzi vecchie petroliere di seconda mano per vendere il petrolio in tutto il mondo, evitando le sanzioni internazionali.

Queste navi sono registrate presso società di comodo estere e vengono utilizzate per fornire la fonte energetica agli acquirenti disposti a infrangere le misure poste dall'Occidente. I Paesi del G7, l’Unione europea e l’Australia, a dicembre del 2022, hanno infatti fissato un tetto massimo di 60 dollari al barile per il petrolio russo esportato via mare. L'obiettivo era quello di ridurre le entrate delle casse del Cremlino senza però creare uno shock sul mercato globale energetico. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i governi occidentali hanno iniziato ad allontanarsi dal petrolio russo, con l’UE che alla fine è arrivata a porre limitazioni sul combustibile trasportato via mare. Con il tetto massimo in vigore, le società che acquistano il petrolio russo a 60 o più dollari, di fatto, sono soggette a sanzioni.

La Russia ha ovviamente cercato di contrastare la misura, creando una flotta ombra proprio come fanno da tempo l’Iran e il Venezuela per aggirare le sanzioni internazionali.

Stando a iStories, mentre l’Occidente stava discutendo le restrizioni sul combustibile fossile, la Russia nel frattempo acquistava petroliere usate in tutto il mondo. A febbraio del 2023, circa 600 navi trasportavano petrolio e prodotti petroliferi russi passando quasi del tutto inosservate. A dicembre, secondo la società di analisi Vortexa, le imbarcazioni hanno raggiunto quota 1.089.

La Russia avrebbe speso circa 8,5 miliardi di dollari per l’acquisto delle proprie petroliere ombra, creando centinaia di società in tutto il mondo per gestirle, scrive l’esperto di finanza Craig Kennedy, autore della newsletter Navigating Russia. Secondo Bloomberg, nel dicembre dello scorso anno le navi ombra avrebbero trasportato circa il 45% di tutto il petrolio russo esportato. Praticamente la metà di questo è stato venduto al prezzo deciso dal Cremlino, nonostante le restrizioni internazionali.

Gli analisti della piattaforma marittima basata sull’intelligenza artificiale Winward sostengono che la flotta ombra si divida in due tipologie di navi: quelle «oscure» e quelle «grigie». Le prime spesso disabilitano il loro sistema di identificazione mentre trasportano merci illegali e falsificano la loro posizione. Cambiano spesso nome, bandiera e proprietario nominale e hanno assicurazioni di compagnie non occidentali, oppure navigano senza assicurazione. Alla fine del 2023, la flotta oscura contava circa 1.100 navi in ​​tutto il mondo. Le seconde invece sono circa 900 e vengono intestate a società di comodo create per nascondere i veri proprietari e apparire a norma di legge. Si tratta in generale di imbarcazioni di seconda mano, spesso soggette a incidenti, malfunzionamenti e incendi: stando a Winward, gran parte di queste navi ha più di 16 anni.

Le petroliere caricano il petrolio russo nei porti sul Mar Baltico, sul Mar Nero e nell’Estremo Oriente. Durante il trasporto, il petrolio viene solitamente trasferito da una nave all’altra per nasconderne l’origine e rendere difficile rintracciare le compagnie coinvolte, una manovra che aumenta il rischio di fuoriuscite di petrolio in mare.

Secondo Craig Kennedy, per la Russia è molto costoso trasportare petrolio in questo modo, pur sforando il tetto dei 60 dollari al barile (può essere venduto anche intorno ai 70 dollari). Per Mosca, sarebbe più logico trasportare la fonte energetica regolarmente, vendendola a un prezzo inferiore a 60 dollari al barile: questo eliminerebbe le spese associate all’acquisto e al mantenimento delle navi della flotta ombra. Secondo l’esperto, la scelta del Cremlino è però politica, più che economica: la Russia vuole mostrare che non accetterà mai le condizioni dettate dall’Occidente.

In questo articolo: