Il punto

Prima Shukr, ora Haniyeh: e se in Medio Oriente fosse guerra totale?

Il doppio colpo inferto all'Iran, che da anni sostiene Hezbollah e Hamas, potrebbe spingere Teheran a una reazione forte – Contribuendo all'escalation nella regione
© ABEDIN TAHERKENAREH
Marcello Pelizzari
31.07.2024 10:30

Ismail Haniyeh era il leader politico di Hamas. È stato ucciso a Teheran, capitale dell'Iran, secondo quanto dichiarato oggi dal Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Ucciso, parola dei Pasdaran, da Israele. Dopo il raid nel cuore di Beirut, il cui obiettivo era il numero due di Hezbollah, Fuad Shukr, le Forze di difesa israeliane (IDF) avrebbero dunque assestato un secondo colpo. L'escalation, doppia, evidentemente aggrava i timori di una guerra totale in Medio Oriente. Una guerra che, visto il sostegno iraniano a entrambe le organizzazioni colpite, riaprirebbe la questione delle questioni: come sarebbe un conflitto aperto fra Iran e Israele

Il doppio colpo

Haniyeh, in attesa di conferme da parte di Israele, è il secondo leader di un gruppo militante sostenuto da Teheran assassinato nel giro di poche ore. La sua morte, spiegano gli esperti, potrebbe avere forti, fortissime ripercussioni all'interno di Hamas. Haniyeh, infatti, era la figura pubblica di riferimento dell'organizzazione. Il volto politico, come detto. Tramite un comunicato stampa, Hamas ha accusato Israele di aver deliberatamente preso di mira Haniyeh e la sua guardia del corpo. Il leader di Hamas si trovava in Iran per festeggiare l'insediamento del nuovo presidente Massoud Pezeshkian. 

Mentre scriviamo queste righe, le Forze di difesa israeliane si sono limitate a dire che non intendono replicare alle accuse. Gli alti funzionari di Israele, da tempo oramai, hanno giurato di eliminare Hamas e la sua leadership in risposta agli attacchi terroristici del 7 ottobre scorso. Al momento, l'IDF sta semplicemente «esaminando la situazione». Ieri, a distanza di alcune ore dalle prime testimonianze di quanto successo a Beirut, l'esercito israeliano aveva rivendicato la paternità del raid e, a stretto giro di posta, confermato l'uccisione del più alto comandante militare di Hezbollah, Fuad Shukr, responsabile dell'attacco sulle alture del Golan costato la vita a 12 bambini drusi

Le ripercussioni sui colloqui

Haniyeh, martedì, era stato immortalato assieme a diversi funzionari iraniani durante il giuramento di Pezeshkian. Non è chiaro, insomma, il timing esatto della sua uccisione. Appare invece chiaro il fatto che la sua morte potrebbe avere ripercussioni importanti sui colloqui per la liberazione degli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza: Haniyeh, infatti, era un interlocutore chiave per i mediatori egiziani e qatarioti. La morte del leader di Hamas, ancora, giunge in un momento particolarmente delicato per il Medio Oriente, con l'esercito israeliano ancora impegnato a Gaza – e, di riflesso, una crisi umanitaria sempre più catastrofica secondo quanto riportano le agenzie – e una crescente escalation a nord, al confine con il Libano, dove le tensioni con Hezbollah potrebbero appunto sfociare in uno scontro totale fra Israele e il movimento islamico sciita. Musa Abu Marzouk, membro dell'Ufficio politico di Hamas, non a caso ha dichiarato che la morte di Haniyeh «non passerà invano». L'alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha definito l'attacco una «grave escalation».

Gli altri leader uccisi

Quella di Haniyeh, dall'inizio della guerra con Israele, non è la prima perdita a livello dirigenziale per Hamas. Lo scorso gennaio, infatti, le Forze di difesa israeliane avevano ucciso il vice capo dell'ufficio politico, Saleh Al Arouri, tramite un attacco aereo. Arouri era considerato uno dei membri fondatori dell'ala militare di Hamas, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, mentre Haniyeh sin dalle primissime reazioni post 7 ottobre era stato indicato fra i responsabili di quelle stragi, al di là del suo ruolo militare piuttosto limitato. Hamas, ancora, in passato ha dimostrato di poter superare la morte di leader chiave: nel 2004, ad esempio, nello spazio di poche settimane aveva perso due co-fondatori, Sheikh Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi. Sia quel che sia, l'analista politico della CNN Barak Ravid ha spiegato che la morte di Haniyeh «avrà un'influenza significativa» sui negoziati in corso per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco.

Il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica ha dichiarato che sulla morte di Haniyeh è in corso di indagine: i risultati saranno resi noti mercoledì, secondo i media statali iraniani. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas, fra gli altri, ha condannato l'uccisione di Haniyeh definendola «un atto vile e uno sviluppo pericoloso» secondo quanto riportato mercoledì dall'agenzia di stampa WAFA. «Sua Eccellenza ha fatto appello alle masse e alle forze del nostro popolo affinché si uniscano, siano pazienti e ferme di fronte all'occupazione israeliana» ha riferito WAFA. Fra le voci critiche riportiamo anche quella cinese, con Pechino che ha condannato l'assassinio ribadendo l'importanza e la centralità del dialogo, oltre alla «solita» Turchia.

Che cosa farà, concretamente, l'Iran?

Le morti di Haniyeh a Teheran e, poche ore prima, di Shukr a Beirut sono state definite simboliche e significative. E questo perché parliamo di due leader legati a doppio filo all'Iran. Due morti che, dicevamo, potrebbero spingere l'Iran a rispondere. Una risposta, lo scorso aprile, era arrivata attraverso un massiccio lancio di missili e droni. Tutti, o quasi tutti, intercettati da Iron Dome

L'Iran, per anni, ha investito in gruppi e organizzazioni regionali, come Hamas e Hezbollah, creando una vera e propria «resistenza» in ottica anti-Israele. Teheran, nello specifico, ha fornito e continua a fornire soldi, armi e addestramento. Dal 7 ottobre, la domanda (sempre più centrale) è se l'Iran cambierà strategia. Passando, cioè, alla citata guerra aperta mettendo da parte la guerra per procura che ha caratterizzato gli ultimi anni. L'ultima, grave crisi in questo senso risale proprio ad aprile, quando l'Iran rispose al bombardamento, da parte di Israele, della sua ambasciata in Siria. Bombardamento che costò la vita ad almeno sette ufficiali iraniani, tra cui Mohammed Reza Zahedi, un comandante di alto livello del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. All'inizio del mese, Israele aveva invece attaccato una zona umanitaria designata nel sud di Gaza con l'obiettivo di colpire il capo militare di Hamas, Mohammed Deif. Figura elusiva e tremendamente potente, Deif al pari di Haliyeh è considerato una delle menti dietro gli attacchi del 7 ottobre. Non è chiaro, tuttavia, se sia morto a causa di quell'attacco o se sia ancora vivo.