Quando tre svizzeri sventolarono una bandiera sulla guglia di Notre Dame
Ah, Notre Dame. Bella. Bellissima. E (finalmente) rinata. Simbolo di Parigi e dell'Occidente, la cattedrale parigina – a suo tempo – è stata teatro altresì di una forte, fortissima protesta. Che ha coinvolto, incredibile ma vero, tre cittadini svizzeri. Vodesi, per la precisione. Riassumendo al massimo, il 19 gennaio del 1969 la bandiera del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud venne srotolata sulla celeberrima flèche. Un attestato di solidarietà nei confronti dei Vietcong, il gruppo armato di resistenza vietnamita contro il regime filostatunitense del Vietnam del Sud che ebbe un ruolo fondamentale durante la guerra del Vietnam.
La vicenda, pochi mesi fa, è stata ripercorsa dai diretti interessati – Olivier Parriaux, Bernard Bachelard e Noé Graff – in un libro intitolato Le Vietcong au sommet de Notre-Dame. Domanda: perché mai manifestare a favore dei Vietcong a Parigi? Risposta: perché, alla vigilia di quel 19 gennaio 1969, a Parigi si aprivano i colloqui in vista di una possibile pace in Vietnam fra il diplomatico statunitense Henry Kissinger e Le Duc Tho, ricompensati anni dopo (nel 1973) con il Nobel per la Pace (che il ministro vietnamita però rifiuterà). E perché, parallelamente, Richard Nixon era appena entrato alla Casa Bianca in qualità di trentasettesimo presidente degli Stati Uniti. La bandiera, tre metri per cinque, venne quindi esposta nel cuore della Francia (e dell'Occidente) per ribadire quanto fosse ingiusta quella guerra, etichettata altresì come colonialista. Foto e filmati, inevitabilmente, fecero il giro del mondo. Finendo altresì su testate prestigiose come il New York Times.
Per rimuovere la bandiera, leggiamo su RTS, fu necessario addirittura un elicottero. Parriaux e Bachelard, nel gennaio del 2023, in concomitanza con l'uscita del libro, hanno ripercorso il filo della storia e di una vicenda tanto incredibile quanto clamorosa. All'epoca dei fatti, i manifestanti avevano 25 anni. E decisero appunto di issare la bandiera, cucita nientepopodimeno che a Losanna, sulla guglia della cattedrale di Parigi. A un'altezza di 96 metri. «Eravamo militanti che sostenevano la causa dei Vietcong, termine dispregiativo inventato dagli americani per indicare il Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud» ha ricordato Parriaux. «Tre anni prima di questa operazione, eravamo già dalla parte del Fronte. Seguivamo molto da vicino gli equilibri diplomatici e militari. E quando Johnson annunciò che non si sarebbe ricandidato, pensammo che qualcosa stesse per accadere: l'apertura dei negoziati».
Le cose, di per sé, andarono piuttosto velocemente. Graff attese i suoi complici al pianterreno, mentre Parriaux e Bachelard si avventurarono per scalare la guglia costruita da Eugène Viollet-le-Duc, a suo modo pure lui «vodese» dal momento che, a partire dal 1872, venne incaricato di restaurare la cattedrale di Losanna. Ancora Parriaux: «Eravamo in due. Ma quello che è andato più in alto è stato Bernard, il mio amico, perché dovete sapere che su questa guglia c'è uno strapiombo formidabile: una corona di rose di oltre un metro di diametro, che bisogna superare artificialmente, senza sicurezza, senza niente». Un'impresa rischiosa, ha ammesso Bachelard, anche se a suo tempo probabilmente sia lui sia Parriaux non ne erano «completamente consapevoli».
Alla domanda se i tre uomini siano stati sorpresi dall'impatto mediatico dell'epoca, Parriaux ha risposto di no, «perché era proprio questo l'obiettivo. Abbiamo costruito tutto intorno alle forze molto modeste di tre giovani che vivevano a 500 chilometri di distanza». Di nuovo: «Il lavoro ha richiesto due o tre mesi di preparazione. Avevamo gli strumenti necessari e tutto è andato secondo i piani». I tre amici erano partiti alla volta di Parigi a bordo di una (mitica) Due Cavalli. Con l'idea, dicevamo, di fare qualcosa di straordinario e impattante. Qualcosa che restasse nella memoria collettiva. «Contava il messaggio» volendo riprendere le parole di Parriaux alla RTS. «Volevamo incoronare uno degli edifici più venerati non solo in Francia ma in tutto il mondo. Siamo stati i predecessori della disobbedienza civile».
Quanto alle affiliazioni politiche dei tre, Parriaux ha specificato che «non erano necessariamente comunisti. Bernard era nella Gioventù Socialista, Noé era nel Partito del Lavoro mentre io ero un cristiano terzomondista. Eravamo quindi molto diversi. Leggevamo Marx, naturalmente, ma anche Trotsky, perché era critico nei confronti dell'Unione Sovietica».