Il caso

Quanto è difficile fare musica nei Paesi più remoti del mondo?

Un rapporto del Center for Music Ecosystems rivela le difficoltà di tre città nordiche particolarmente isolate: la groenlandese Nuuk, Torshavn sulle isole Far Øer e la capitale dell'Alaska Juneau
© Instagram (@nanook_greenland)
Federica Serrao
13.12.2022 15:00

Groenlandia. Nuuk, con i suoi 18.000 abitanti, è una delle più piccole capitali del mondo. Torshavn, capoluogo delle isole Far Øer, conta invece poco più di 20.000 abitanti. Spostandoci in Alaska, la sua capitale Juneau raggiunge invece i 32.000 residenti. Numeri piccoli, rispetto a quelli delle grandi città. Numeri a volte non sufficienti per il successo di musicisti e band. Come funziona, infatti, il panorama musicale in alcuni dei luoghi remoti del mondo? 

Ai concerti in elicottero o via barca

La vita di un cantante o di un gruppo musicale non è sempre fatta solo di palchi, concerti e divertimento. Dietro a questi eventi si celano sempre dei ritmi faticosi, come quelli della tournée, caratterizzati da continui spostamenti, orari da rispettare e chilometri da percorrere in breve tempo. In Groenlandia, il concetto stesso di «tour» è ancor più complesso per i cantanti. Pensare di partire a bordo di un'auto e di percorrere tutta l'isola, per portare la propria musica in diverse zone del Paese, è una sfida decisamente più complessa di quelle che le band alle nostre latitudini sono chiamate a vincere. «Qui non esistono strade di collegamento tra le città» osserva Jonas Lundsgaard Nilsson, batterista dei Small Time Giants, interpellato da Bloomberg. La band groenlandese, nota per la sua musica rock alternativa, si è affermata anche in Danimarca grazie alle sue canzoni principalmente in lingua inglese, ma continua a lamentare difficoltà sulla «terra verde». Data la mancanza di strade, capita spesso che cantanti e fans si rechino nei villaggi dove si tengono i concerti in elicottero o via barca.

Ma non è tutto. Date le condizioni meteo così mutevoli, gli artisti groenlandesi durante i loro tour rischiano speso di rimanere bloccati per giorni lontani da casa. E come se non fosse abbastanza, spesso anche l'assenza di locali influisce negativamente sulla possibilità di esibirsi di band e cantanti. Spesso si deve ricorrere quindi a soluzioni alternative, come nel caso dei Nanook (un altro gruppo indie rock dell'isola), che si sono visti costretti a usare una barca come palcoscenico, invitando tutti gli spettatori a bordo, ovunque attraccassero lungo la costa. Attivi dal 2008, i Nanook sono il gruppo più popolare della Groenlandia. La loro particolarità - riporta il Post - è quella di aver mantenuto un contatto con le origini, cantando solo in groenlandese, lingua che conoscono solo poche decine di migliaia di persone al mondo. Su Spotify contano dunque 3.300 ascoltatori mensili e 23 mila su Facebook. Eppure, nonostante questo numero equivalga a circa la metà della popolazione della Groenlandia, le difficoltà non mancano. 

Un problema comune

Ma perché è importante parlare dei dettagli della scena musica in questi luoghi remoti? Come rivela un apposito rapporto, intitolato «Defining Resilience in Remote Music Ecosystems» («Illustrare la resilienza negli ecosistemi musicali remoti»), queste situazioni hanno un impatto molto più internazionale di quello che si possa pensare. Prendendo in considerazione le tre città di cui abbiamo precedentemente parlato (Nuuk, Torshavn e Juneau), il rapporto esamina uno dei circuiti musicali globali meno conosciuti, portando alla luce un'importante verità. Gli ostacoli che i musicisti di questi tre luoghi sono chiamati ad affrontare, infatti, sono sorprendentemente familiari ai residenti di qualsiasi città culturalmente attiva, ma relativamente lontana da altri grossi centri. Per questo motivo, i risultati emersi dal rapporto possono aiutare tutte le città lontane dai grandi centri metropolitani a proiettare un'identità distintiva, che a lungo andare sia in grado di attirare visitatori e investimenti, che porti ad avere una rilevanza più ampia.

Dopotutto, si tratta della prima volta che viene eseguita un'analisi del genere, relativa a tre centri abitati del nord del mondo. «Nessuno ha mai analizzato in questo modo comunità remote o isolate», rivela il coautore del rapporto Shain Shapiro, fondatore del Center for Music Ecosystems, organizzazione di ricerca senza scopo di lucro che si occupa di scoprire come la musica possa giovare alle comunità. «In passato ci era stato chiesto cosa si potesse fare per le comunità più piccole e rurali, e a essere onesto, non eravamo riusciti a suggerire altro che provare a lanciare un festival». Ma questo non è sufficiente. Come sottolinea lo stesso Shapiro, per le piccole città, dove spesso le opportunità sono ristrette, la musica - e la vita culturale più in generale - possono fungere da incentivo per motivare i residenti più giovani a rimanere nei paraggi. E nel caso delle città prese in esame nell'indagine, si tratta in particolare di evitare che i giovani si spostino verso la Danimarca. Sia le isole Fær Øer che la Groenlandia, appartengono proprio a Copenhagen. 

Tra opportunità e difficoltà

Da un certo punto di vista, tuttavia, non si può certo dire che i cantanti e le band di Nuuk, Torshavn e Juneau non si stiano impegnando per raggiungere risultati migliori. Al contrario - rivela Bloomberg - tutti e tre i centri abitati riescono a produrre una varietà di musica notevole. Juneau propone jazz in lingua tlingit, le isole Far Øer il moody elettropop e la Groenlandia un genere di hip-hop socialmente attivista. Ciononostante, la costruzione di un ecosistema musicale, capace di sostenere gli artisti, rimane difficile. Mantenersi solo con la propria musica, al tempo stesso, spesso è insostenibile e spesso i cantanti devono reiventarsi, trovando un'occupazione supplementare da affiancare al lavoro di musicisti. Questo accade soprattutto in Groenlandia, dove il bacino potenziale di ascoltatori e frequentatori di concerti è troppo esiguo per permettere a qualcuno di vivere di sola musica. Spostandoci sulle isole Far Øer, qui i musicisti possono scegliere tra una sola etichetta musicale, che funge anche da unico editore musicale e negozio di dischi dell'isola. Juneau, invece, attira molti artisti che desiderano evadere dalle pressioni tipiche delle grandi città statunitensi, ma purtroppo le opportunità che la città può offrire rimangono comunque limitate.

Cosa si può fare, dunque, per riuscire ad aiutare i musicisti e i cittadini delle città più isolate del mondo? Secondo il rapporto, le città stesse e i leader possono fornire un'ampia gamma di aiuti, tra cui programmi educativi che permettano di apprendere nozioni di vario tipo: dalle competenze commerciali per diventare musicisti professionisti, a quelle di editoria musicale e di promozione dei concerti. Ma non è abbastanza. Ciò che davvero potrebbe aiutare le città, secondo l'indagine, sarebbe però un cambiamento culturale, che valorizzerebbe la musica come professione, piuttosto che come hobby. Basti pensare che nelle Fær Øer, sebbene siano stati fatti importanti passi negli ultimi anni, una carriera nella musica non viene ufficialmente riconosciuta, rendendo quindi difficile far emergere dei talenti. 

L'Islanda come modello

Esiste però un modello Paese altrettanto isolato a cui, potenzialmente, tutte le altre città potrebbero ambire. È il caso dell'Islanda. Il Paese, ormai da tempo, investe nella costruzione di una sana scena musicale locale, che nel corso degli anni è riuscita e continua a dare i suoi frutti. La stessa Reykjavík ha potenziato la sua vita notturna, dando un peso superiore alla cultura, rispetto a quanto non facesse in passato. E lo testimoniano i successi come Björk e Sigur Rós. O i Kaleo, rock band islandese che si è affermata anche tra i più giovani. Il gruppo, in particolare, (come anche altre band tra cui i Nanook groenlandesi, seppur non con lo stesso successo) è solito girare i videoclip delle sue canzoni in ambienti che esaltino le caratteristiche della loro terra. Già nel 2016, nel video di Save yourself la band ha infatti performato su un iceberg in movimento, mentre per Skinny, uno dei loro ultimi brani, il gruppo ha scelto di suonare con l'eruzione del vulcano di Fagragdalsfjall come sfondo. I Kaleo, che cantano prevalentemente in inglese, pur cogliendo l'occasione di regalare qualche brano in islandese di tanto in tanto, sono quindi riusciti a mischiare elementi del proprio Paese a elementi globalmente più attrattivi. Questo a conferma che l'Islanda e i suoi musicisti sono riusciti a rinnovare l'immagine del proprio Paese, facendolo diventare una destinazione culturale progressista. Una trasformazione che le altre città e gli altri Paesi isolati del mondo sperano di riuscire a replicare, non solo per il benessere della propria musica, ma per quello di intere comunità e territori.