La storia

Quel legame fra la Cattedrale della Trasfigurazione di Odessa e il Ticino

Alla costruzione del luogo di culto cristiano ortodosso, recentemente bombardato dai russi, contribuirono architetti come i fratelli Frapolli, Francesco Boffa e Giorgio Torricelli – Ne parliamo con il professor Nicola Navone
La Cattedrale originaria. © Thomas J. Watson Library del Metropolitan Museum di New York
Marcello Pelizzari
26.07.2023 18:00

La cronaca, ancora una volta, si è intrecciata con la Storia. I bombardamenti russi su Odessa, nei giorni scorsi, hanno colpito (anche) la Cattedrale della Trasfigurazione, luogo di culto cristiano ortodosso. Luogo, soprattutto, legato al Ticino e ad architetti ticinesi. In che senso? In quale misura? Ne abbiamo parlato con il professor Nicola Navone, vicedirettore dell’Archivio del Moderno e docente all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana.

«Innanzitutto – spiega il nostro interlocutore – occorre ricordare che stiamo parlando di un edificio completamente ricostruito negli anni Duemila, dopo che la cattedrale originaria, esito di interventi e ampliamenti successivi, fu rasa al suolo nel 1936 dalle autorità sovietiche. Alla costruzione della Cattedrale della Trasfigurazione hanno contribuito numerosi architetti originari delle terre ticinesi, come i fratelli Francesco e Giovanni Battista Frapolli di Scareglia, o Francesco Boffa di Arasio, o ancora il luganese Giorgio Torricelli, che hanno lavorato a fianco di altri architetti di diversa provenienza e cultura, nel contesto cosmopolita caratteristico di Odessa».

Fatte le dovute premesse, restano appunto i danni. Ingenti, a quanto pare. Per tacere della portata simbolica. Qual è la stima, in questo senso, del professor Navone? «Le immagini pubblicate in rete non mi consentono di esprimere un parere fondato» spiega il docente. «L’area colpita è quella dell’iconostasi, i danni sono importanti e, stando almeno a quanto dichiarato dal sindaco di Odessa, Hennadiy Trukhanov, la parte danneggiata risulterebbe instabile e richiederebbe un intervento immediato per evitare il collasso. Certo, non si tratta della sostanza storica originale, bensì di una ricostruzione recente, ma si resta comunque attoniti di fronte alla portata simbolica dell’atto, a maggior ragione dopo l’inclusione del centro di Odessa, lo scorso 25 gennaio, nei siti protetti dall’UNESCO. E non va dimenticato che l’attacco missilistico, stando alle informazioni disponibili, ha colpito anche altre aree del centro storico».

L’area colpita è quella dell’iconostasi, i danni sono importanti e, stando almeno a quanto dichiarato dal sindaco di Odessa, Hennadiy Trukhanov, la parte danneggiata risulterebbe instabile e richiederebbe un intervento immediato per evitare il collasso

Nel parlare della Cattedrale, come detto, emergono molti legami con il Ticino. Come potremmo definire l’attività degli architetti ticinesi, nel corso dei secoli, tanto in Ucraina quanto – allargando il campo – a Est? E perché, appunto, l’aggettivo «ticinese» è quasi limitante se applicato a queste figure? Ancora Navone: «Mi sembra sia un’ulteriore conferma della straordinaria pervasività di questi architetti e costruttori migranti, alla cui attività nell’Europa orientale l’Archivio del Moderno dell’Università della Svizzera italiana ha dedicato numerosi studi (e nel caso specifico dell’Ucraina, un sito web in corso di sviluppo). La loro capacità di imporsi in contesti diversi, anche discosti, è essenzialmente fondata, ma qui semplifico largamente, su tre fattori: competenza tecnica, flessibilità operativa, salde reti di relazioni familiari e professionali, a cui aggiungerei il prestigio che la cultura architettonica italiana, a cui erano assimilati, continuava a irradiare nell’Ottocento. Questi architetti migranti sono inoltre attori di un transfert culturale complesso, che sovrappone e integra culture diverse (ciò che rappresenta, a mio avviso, l’aspetto più interessante). Si pensi ad Aleksandr Bernardazzi (1831-1907), protagonista della costruzione di Odessa sul finire dell’Ottocento: originario di Pambio, nato nel Caucaso da un padre ticinese e una madre tedesca, formatosi a San Pietroburgo, lungamente attivo in Moldavia prima di approdare sulle rive del Mar Nero, Bernardazzi è l’esempio di un profilo culturale stratificato e articolato, alla cui caratterizzazione mal si addicono le etichette identitarie».

Infine, al nostro interlocutore chiediamo se l’attività e il lavoro di questi architetti a Odessa possano essere paragonati all’opera di Domenico Trezzini, chiamato da Pietro il Grande a elaborare i piani di San Pietroburgo e il cui nome è tornato alla ribalta, recentemente, nell’ambito delle perquisizioni nelle sedi del Gruppo Wagner. «Direi di no» chiosa Navone. «Si tratta in ambedue i casi di città di nuova fondazione, ma il diverso contesto storico e geografico e la peculiarità dell’apporto offerto da Domenico Trezzini mi suggeriscono di considerare con cautela il paragone proposto».

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