Quel legame, sottile, fra «Mamma ho perso l'aereo» e la resistenza dell'Ucraina
C’è un legame, sottile, fra la resistenza di Pokrovsk, in Ucraina, e Mamma ho perso l’aereo. Ne avevamo già parlato, in altre circostanze, durante un pellegrinaggio sportivo prima della guerra, ma il tema evidentemente è tornato di stretta, strettissima attualità. Proprio perché a Pokrovsk nacque Shchedryk, canto poi riadattato con testo inglese nel 1936 e universalmente conosciuto come Carol of the Bells. Parentesi: riarrangiato da John Williams, il brano nel film cult del Natale venne inserito fra l’uscita dalla chiesa e il rientro a casa del nostro Kevin McAllister.
Nel 2024, in questi giorni freddi e complicati, lo spirito natalizio sembra aver abbandonato Pokrovsk come scrive la BBC. Ci sono solo «una spolverata di neve su strade deserte» ed «edifici scheletrici», oltre al suono costante dei pesanti bombardamenti russi. Già, la città è il prossimo obiettivo di Mosca. Le truppe russe si trovano a meno di tre chilometri dal centro cittadino.
Dicevamo di Shchedryk. L’Ucraina, detto dei bombardamenti, ha accusato la Russia di voler distruggere anche, se non soprattutto, l’identità culturale di Pokrovsk. Fra cui, beh, anche quel canto così conosciuto e così evocativo. La maggior parte della popolazione, mentre scriviamo queste righe, ha già lasciato la città. Le forniture di gas, scrive sempre la BBC, sono state tagliate e molte case, di riflesso, sono senza elettricità e acqua. Chi è rimasto vive alla giornata. Consapevole che, presto, potrebbe venire raggiunto da un bombardamento russo. C’è, per forza di cose, rassegnazione. La speranza è che l’esercito ucraino tenga. Che resista. Ma probabilmente, o se preferite realisticamente, Pokrovsk cadrà.
Proprio per questo motivo, le autorità cittadine da tempo si sono preparate al peggio. All’arrivo, in centro, dell’invasore. La statua di Mykola Leontovych, il compositore di Shchedryk, è stata rimossa e messa al sicuro. La scuola che porta il suo nome è stata sigillata. Leontovych, ai più, non dirà granché. È poco conosciuto in Occidente. Eppure, quel motivetto – se così vogliamo definirlo – è famoso in tutto il mondo. Grazie al riadattamento in inglese del 1936 e, in tempi più recenti, proprio a Mamma ho perso l’aereo. La BBC ritiene che Leontovych abbia tratto ispirazione da un canto popolare ucraino mentre viveva e lavorava a Pokrovsk fra il 1904 e il 1908. Secondo Viktoria Ametova, fino a poco tempo fa insegnante nella scuola intitolata come detto a Leontovych, ha definito il brano «un capolavoro». Come altri abitanti di Pokrovsk, si è trasferita a Dnipro. E a Dnipro, con gli altri, sta cercando di mantenere viva la memoria artistica della sua città.
Nessuno, nonostante l’avanzare dei russi, vuole rinunciare a chiamare casa quell’angolo di Ucraina. Nessuno vuole dimenticare Pokrovsk. Uno dei modi per mantenere accesa la speranza è cantare o suonare il canto di Leontovych. Come fossero tante, piccole madeleine di Proust, quelle note richiamano agli abitanti di Pokrovsk momenti felici, intimi, teneri. Ma suscitano anche tristezza, pensando al Natale vissuto lontano da casa.
C’è, spiega la BBC, un addentellato importante legato a Shchedryk, e cioè il fatto che sia diventato un inno alla resistenza. Suonato, con sentimento, dalla banda militare dell’esercito ucraino. Anche in trincea, usando le armi come strumenti improvvisati. Il colonnello Bohdan Zadorozhnyy, a capo della banda, ha spiegato: «Quei ritmi e quelle battute rincuorano i ragazzi in prima linea e li ispirano a combattere». Dicevamo degli strumenti improvvisati: il ventiduenne Roman, impegnato al fronte, ha detto alla BBC di usare un lanciarazzi riempito di riso e di agitarlo vigorosamente a tempo di musica. Shchedryk, ha aggiunto, è «l’orgoglio del nostro Paese, è la libertà, è un canto delle nostre anime, mi fa venire la pelle d’oca».
La Russia, ha ribadito la direttrice del museo di storia di Pokrovsk, Angelina Rozhkova, non vuole soltanto conquistare sempre più territorio ucraino. «Vuole distruggere la nostra cultura e ogni cosa preziosa che abbiamo». Rozhkova ha aggiunto che la popolazione di Pokrovsk è consapevole della situazione. Sa, insomma, che potrebbe non più fare ritorno alle proprie case, «ma il nostro cuore e le nostre anime non lo accettano». Di qui la spinta a voler proteggere l’eredità culturale di Pokrovsk. Vale come, se non più, di una vittoria sul campo di battaglia.
Leontovych morì, in maniera brutale, nel 1921, ucciso da un agente dell’Unione Sovietica. Morì nell’ambito della guerra sovietico-ucraina, il conflitto militare occorso tra il 1918 e il 1921 che oppose le forze nazionaliste ucraine e quelle pro-bolscevichi per il controllo dell’Ucraina. La sua composizione, già allora, era un simbolo della lotta ucraina per l’indipendenza. Lo è ancora, come sottolinea la BBC.