Caraibi

Quel muro tra Repubblica Dominicana e Haiti «per isolare la povertà»

Il governo dominicano ha cominciato i lavori di costruzione della barriera di 164 chilometri che li separerà dai vicini di casa haitiani, dove è in corso quella che viene definita «una guerra civile a bassa intensità»
Federica Serrao
02.10.2022 20:00

Un muro di 164 chilometri. Da una parte la Repubblica Dominicana. Dall'altra Haiti. Da una parte una delle economie di maggior successo della regione. Dall'altra il caos e la povertà. Sull'isola caraibica di Hispaniola, la barriera per separare i due Paesi è già in costruzione, per volere del governo dominicano. Una volta terminato il progetto (annunciato nel 2021), un muro alto 4 metri si estenderà lungo il confine, coprendo tutte le zone di frontiera, fatta eccezione per quelle più impervie. In quanto a lunghezza, una volta ultimato si posizionerà dietro solamente al muro che separa gli Stati Uniti dal Messico, diventando ufficialmente la seconda barriera più lunga a separare due nazioni. 

Situazione «fuori controllo»

Partiamo dal principio. Perché costruire una parete così massiccia per isolare Haiti? La risposta è presto data. Per i dominicani, il rapporto con i "vicini di casa" sta diventando insostenibile. «Ormai sta andando tutto fuori controllo», confessa Santiago Riverón, in un'intervista a Bloomberg. L'uomo è sindaco di un piccolo ma vivace avamposto posizionato proprio lungo il confine che separa i due Paesi. «Ci sono semplicemente troppi haitiani qui. Non voglio dire che siamo invasi, ma ci sono parti delle nostre città che sono state completamente saturate». Gli haitiani fuggono dal loro Paese - il più povero delle Americhe - forse in cerca di una vita più dignitosa. Nella loro nazione si registrano tra i peggiori livelli di insicurezza alimentare al mondo. Il governo è pressoché fallito. E alla lista si aggiunge anche l'ambiente. La terra haitiana è infatti ormai resa sterile dalla deforestazione e dai cambiamenti climatici. Tuttavia, in Repubblica Dominicana gli ospiti non sono graditi. «Sommergono gli ospedali locali, spargono rifiuti per strada e deprimono i salari dei dominicani», argomenta Riverón. Tutti comportamenti che, a detta dei dominicani, sono fortemente in contrasto con la rapida crescita economica a cui sta assistendo la loro nazione, che ha raggiunto un incremento del 12% lo scorso anno e si prevede possa aumentare ancora del 5% entro la fine del 2022. A favorire questa crescita è soprattutto il turismo, che ha registrato un'impennata di arrivi dagli Stati Uniti, ma anche le esportazioni e gli investimenti diretti esteri, che sono vicini ai massimi storici.

«Una dolorosa necessità»

Dall'altro lato del confine, regna invece il caos più totale. Non a caso, - si legge ancora su Bloomberg -, i funzionari governativi della capitale Santo Domingo hanno descritto la costruzione del muro come «una dolorosa necessità», messa in atto per isolare la regione sul confine da «uno dei problemi più intrattabili dell'emisfero». Effettivamente, negli ultimi anni Haiti non se l'è passata molto bene. Tutt'altro. Qui, il reddito pro capite è pari a un quinto di quello della Repubblica Dominicana. La crisi economica, già presente nel Paese da tempo, è peggiorata notevolmente con l'arrivo del coronavirus nel 2020. A dare la batosta definitiva, creando una situazione ancor più complicata da gestire, è stato poi l'assassinio del presidente Jovenel Moïse nel luglio del 2021, ucciso da un commando composto da uomini colombiani e haitiano-statunitensi, che fecero irruzione nella residenza presidenziale una settimana dopo l'annuncio di un referendum costituzionale. Una proposta che, come si può ben intuire, non piacque alle forze politiche dell'opposizione. Ma ad aggravare ulteriormente le condizioni di vita già critiche del Paese è stato anche il terremoto di magnitudo 7.2 verificatosi un mese dopo, nell'agosto 2021. A quel punto, prima che anche la tempesta Grace si abbattesse sul Paese pochi giorni dopo il sisma, il 77% degli haitiani viveva già al di sotto della soglia di povertà. Ora, nel Paese regnano violenza, bande potenti e assassine, e instabilità politica. I rapimenti sono all'ordine del giorno. L'elettricità e la benzina scarseggiano e quasi la metà degli 11 milioni di abitanti soffre regolarmente la fame. E secondo il presidente della Repubblica Dominicana, Luis Abinader, tutta questa situazione sta assumendo sempre più i contorni di «una guerra civile a bassa intensità». 

Tensioni vecchie di secoli

Per capire le ragioni che hanno portato il governo dominicano a procedere con la costruzione del muro, non ci può soffermare solamente sulle tragiche condizioni di vita della popolazione di Haiti. È necessario fare un passo indietro e riflettere anche sulle tensioni che da secoli infiammano i rapporti tra i due Paesi. Come viene spiegato su Bloomberg, parte del risentimento di oggi è infatti ancorato ai rancori nazionalisti legati all'invasione e all'occupazione di oltre vent'anni della Repubblica Dominicana da parte di Haiti, nel lontano 1822. Inoltre, lungo il confine tra i due Stati è ancora vivo il ricordo del massacro del 1937: secondo le stime di cui siamo in possesso oggi, tra i 9.000 e i 20.000 haitiani vennero uccisi per ordine dell'allora dittatore dominicano Rafael Trujillo. Senza dimenticare che parte del livore nei confronti del vicino è anche radicato nel razzismo e nella xenofobia. Haiti è infatti la prima repubblica afroamericana dell'emisfero occidentale. E tutto ciò, da quanto si evince dalle testimonianze, favorisce l'ipotesi che in Repubblica Dominicana prevalga una tendenza nativista e razzista. Lo stesso sindaco Riverón ribadisce: «Loro hanno il loro modo di vivere. Noi il nostro». Parole che trovano appoggio anche nell'intervento del ministro dell'Economia del Paese, Pável Isa Contreras: «In questa società c'è un profondo razzismo coltivato fin dai tempi di Trujillo e un profondo sentimento anti-haitiano perpetuato dal nostro stesso sistema educativo. È contro gli haitiani a causa del colore della loro pelle e della loro povertà». 

Il razzismo anti-haitiano

Le tensioni, però, non si esauriscono qui. Meno di un mese fa, riporta ABC, il presidente dominicano Abinader ha preso un'altra decisione che marca ancor di più il netto confine tra la Repubblica Dominicana e Haiti. Ossia, quella di impedire l'accesso alla sua nazione all'ex primo ministro ad interim di Haiti, Claude Joseph, ora aspirante candidato alla presidenza. Un divieto che si estende anche ad altri 12 leader di bande haitiane, nonché a tutti coloro che abbiano precedenti penali o che rappresentino una minaccia per la sicurezza della nazione. Un divieto che, tuttavia, lo stesso Joseph ha accolto abbastanza «con favore», come si apprende da un tweet pubblicato sul suo profilo, in seguito scomparso. «Mi classifico come il nemico numero uno dei razzisti dominicani. Non è una sanzione, è un onore. Lo ricevo nel nome dei padri Dessalines, Touissant e Cristophe», scriveva, riferendosi agli eroi rivoluzionari haitiani. E in un incontro politico a distanza di giorni, ha così ribadito: «Haiti non si trasformerà mai nel cortile di casa della Repubblica Dominicana. Mi oppongono alla volontà egemonica e dominante dei razzisti dominicani», pur sottolineando come la battaglia degli haitiani non sia rivolta all'intera Repubblica Dominicana. «Le due nazioni sono condannate a vivere come fratelli. Combattiamo contro razzisti ultranazionalisti e accondiscendenti. Rendo omaggio alle élite dominicane che riconoscono l'esistenza di un razzismo anti-haitiano nel loro Paese». 

Conseguenze catastrofiche

Ma ritorniamo a parlare del muro e delle conseguenze che questa decisione sta portando. Nella capitale dominicana, nelle ultime settimane sono stati organizzati addirittura cortei che chiedevano l'espulsione degli haitiani, incolpati dai manifestanti di essere dei criminali, ma anche di aver sottratto posti di lavoro, di aver sommerso i giornali di editoriali pieni di paura. Queste tensioni, secondo il Listin Diario, uno dei più antichi quotidiani dominicani, porterebbero a un'esplosione migratoria di proporzioni enormi, che avrà conseguenze altrettanto catastrofiche e inimmaginabili per il continente americano. Ma, soprattutto, proprio per la Repubblica Dominicana, che cerca in tutti i modi di allontanare i vicini di casa. Secondo un censimento del 2017, in quegli anni gli haitiani residenti in Repubblica Dominicana erano circa mezzo milione. Numero che, secondo i funzionari dominicani, era in realtà il doppio. Attualmente, la maggior parte di queste persone è impegnata nel settore agricolo o edilizio del Paese. 

Non solo un muro?

Per il momento, con un contratto da 32 milioni di dollari, il Consorzio Cofah si sta adoperando per la costruzione dei primi 33 chilometri di muro. Ma il ministro dell'Economia dominicano ci tiene a specificare che non sarà solo un semplice "ostacolo" per tenere lontani dal Paese gli haitiani. «Non è solo una recinzione, non è solo un muro. Fa parte di un pacchetto di sviluppo più ampio, mentre la recinzione fornirà semplicemente sicurezza. Il nostro confine è terribilmente poroso. È molto insicuro e dobbiamo occuparcene». Tuttavia, ciò che il governo dominicano si auspica, è che questa barriera sia effettivamente in grado di ridurre l'immigrazione clandestina, il traffico di droga e di armi, il furto di bestiame e il contrabbando. Al tempo stesso, però, informa Contreras, si stanno anche stanziando fondi per realizzare, sempre sul confine, un porto, un centro turistico e diversi progetti commerciali, che potrebbero un domani genereranno posti di lavoro sia per Haiti che per la Repubblica Dominicana.

In America Latina, di solito le barriere tra i Paesi sono naturali: create da fiumi, montagne o deserti. In passato erano state proposte recinzioni anche tra Ecuador e Perù e tra Guatemala e Belize, ma i progetti non sono mai andati in porto. La Repubblica Dominicana sembra però davvero determinata a riuscire nell'intento.