La storia

Quel pugno di sabbia rubato alla Sardegna

Le spiagge sarde ogni anno vengono depredate dai turisti, desiderosi di portarsi a casa un «ricordo» della vacanza – La pratica però è illegale, anche perché il danno ambientale è enorme – Ne parliamo con il comandante della Guardia di Finanza di Olbia Carlo Lazzari
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Marcello Pelizzari
24.08.2021 06:00

Un pugno di sabbia negli occhi miei, cantavano i Nomadi. Un’immagine forte, anzi fortissima per descrivere la prima, vera delusione amorosa. Ah, le cotte estive volendo sintetizzare all’estremo. Ma che succede se quel pugno di sabbia, beh, viene rinchiuso in un barattolo e nascosto in valigia al rientro dalle vacanze? Apparentemente nulla: un piccolo ricordo del mare, suvvia. In realtà, il danno arrecato è enorme. Portare a casa un pezzo di spiaggia significa sottrarre una componente fondamentale dell’ecosistema, da cui dipendono animali e vegetali. Significa, ancora, modificare un ciclo naturale.

Ogni estate, in Sardegna, i turisti saccheggiano tonnellate di granelli, ciottoli e conchiglie. Nonostante dal 2017 sia illegale farlo. Le multe variano da un minimo di 500 a un massimo di 3.000 euro. E attenzione, perché chi venisse pizzicato a lasciare l’isola con quantità significative potrebbe perfino finire in prigione. Il caso più eclatante, in tempi recenti, è legato a una coppia francese: nel 2019, i due innamorati infilarono nel bagagliaio della macchina quattordici bottiglie di plastica, per un totale di 40 chilogrammi della miglior sabbia sarda. C’è chi ruba la sabbia per poi rivenderla su Internet – a prezzi irrisori se paragonati al danno ambientale, incalcolabile – e chi, invece, vuole dare un tocco più elegante all’acquario di casa. In generale, però, prevale l’operazione «ricordo».

Il nostro compito peraltro non finisce con il sequestro. Vi è anche un lungo lavoro di catalogazione della sabbia per poi riportarla, di concerto con il Corpo Forestale, al luogo di provenienza

L’atto volontario
Fatte le premesse, è bene chiarire un concetto: è considerato furto l’atto volontario. «E infatti non puniamo certo la bambina con una conchiglia in mano» afferma sorridendo Carlo Lazzari, comandante della Guardia di Finanza di Olbia. I controlli vengono effettuati nella maggior parte dei casi presso porti e aeroporti, dove le Fiamme Gialle svolgono regolare servizio come polizia di frontiera cooperando con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ancora Lazzari: «Il nostro compito peraltro non finisce con il sequestro. Vi è anche un lungo lavoro di catalogazione della sabbia per poi riportarla, di concerto con il Corpo Forestale, al luogo di provenienza. In generale, parliamo di ricerca, sequestro e restituzione. Il tutto rientra nel campo dell’illecito ambientale e, quindi, è di competenza della Guardia di Finanza. E in Sardegna, va da sé, non è solo Olbia che se ne occupa ma tutti i reparti».

Informazione e prevenzione
Ad ogni modo, il comandante Lazzari insiste su due parole chiave: informazione e prevenzione. «Il nostro obiettivo non è certo sanzionare, ma appunto preservare l’ambiente». Per questo sono stati fatti sforzi notevoli anche sul fronte della cartellonistica. Nel 2020 la Guardia di Finanza aveva sequestrato quantitativi di sabbia anche a tre turisti svizzeri, quest’anno dai verbali risultano due cittadini elvetici e un francese residente nel nostro Paese. «Ma – precisa Lazzari – non c’è una nazione più incline rispetto alle altre a sottrarre sabbia». La cattiva abitudine riguarda tutti, ecco.

La ripresa del turismo, complici le minori restrizioni in materia di COVID-19, ha favorito gli illeciti. «Va detto che, parlando di sabbia, rimaniamo nell’ambito delle sanzioni amministrative» chiarisce il comandante Lazzari. A meno che, appunto, uno non decida di rubarne quantitativi ingenti. In quel caso scatta la denuncia penale. «L’obiettivo è sensibilizzare e responsabilizzare i turisti. E, come detto, tutelare l’ambiente. Questa tematica è trattata molto dai media ultimamente, quindi c’è consapevolezza. Portarsi a casa un po’ di sabbia era un’abitudine, sì. Tant’è che l’illecito un tempo non esisteva».

Ora sono state introdotte delle leggi, esistono sistemi per tutelare l’ambiente. La Sardegna quest’estate ha registrato numeri importanti sul fronte dell’afflusso turistico. Ed è necessario ribadire che la sabbia non si rigenera presto, è un processo di anni e anni. Parliamo di ere geologiche

La sabbia non si rigenera
Non esisteva, forse, perché l’attenzione verso la questione climatica era minore. La sottrazione della sabbia, in questo senso, rimanda allo stato delle spiagge. Italiane ma non solo. «Non è un mistero, gli arenili si stanno stringendo sempre di più» prosegue Lazzari. «Ora sono state introdotte delle leggi, esistono sistemi per tutelare l’ambiente. La Sardegna quest’estate ha registrato numeri importanti sul fronte dell’afflusso turistico. Ed è necessario ribadire che la sabbia non si rigenera presto, è un processo di anni e anni. Parliamo di ere geologiche».

La lotta, se così vogliamo chiamarla, intanto prosegue. E la Guardia di Finanza può dirsi soddisfatta. «La risonanza data ai furti di sabbia, unitamente alle nostre mansioni come polizia valutaria, antidroga, di frontiera e via discorrendo, fa capire che ci siamo, che siamo presenti. Svolgiamo controlli pure nell’ambito della convenzione CITES, che tutela le specie minacciate di estinzione». Tornando alla sabbia, Lazzari per il 2020 parla di 15-20 mila euro incassati dalla Regione Sardegna. «E mi riferisco ai procedimenti chiusi» specifica il comandante. Sì, perché «un soggetto può ammettere subito la sua colpevolezza e pagare il doppio del minimo, quindi mille euro».

Cifre forse non esorbitanti e che non faranno la differenza, eppure «per l’ambiente significa molto» chiosa Lazzari. «Noi, ripeto, siamo attivi su più fronti. Anche a livello di ambiente, dicevo, non ci occupiamo solamente di sabbia. Ad esempio, controlliamo altresì la raccolta di pinna nobilis». Raccolta che, per legge, è vietata.

Ai turisti, dunque, è vivamente consigliato di attenersi alle regole. E di lasciare la Sardegna dov’è, meravigliosamente unica. Diversi trasgressori, comunque, al di là delle multe hanno mostrato evidenti segni di pentimento. Presso il museo geo-mineralogico naturalistico di Caprera, infatti, sono esposti alcuni barattoli di sabbia sottratta con diverse lettere di confessione. Alcuni risalgono perfino agli anni Ottanta.