Quella nuova mappa nazionale cinese che non piace a molti Paesi

La nuova mappa nazionale della Cina sta facendo discutere. E anche parecchio. Dopotutto, il disappunto di molte delle Nazioni «vicine di casa» del Paese del Dragone è stato tanto, tantissimo. Il motivo? Tutta colpa di quei confini tra Stati che Pechino ha incluso come parte del territorio cinese. Negando, di conseguenza, la loro appartenenza ad altri Paesi. Come le Filippine, la Malesia, l'India. Ma per quale motivo?
La relazione turbolenta con l'India
Per capire cosa stia combinando la Cina è necessario fare un passo indietro. È dal 2006, infatti, che Pechino pubblica – regolarmente – una nuova versione della sua mappa nazionale. Suscitando, va da sé, il disappunto dei Paesi limitrofi. Questa volta, la prima nazione ad aver puntato il dito contro la nuova mappa cinese è stata l'India. Il Paese, che ha iniziato a esprimere il suo disappunto già qualche giorno fa, ha presentato una «forte protesta» per l'inclusione dello stato indiano dell'Arunachal Pradesh e dell'altopiano conteso dell'Aksai-Chin nella mappa cinese. «Respingiamo queste rivendicazioni perché non hanno alcun fondamento», dichiara, in un comunicato, il segretario agli Esteri indiano, Arindam Bagchi.
La disputa, tra l'altro, cade proprio al momento sbagliato. Solo qualche giorno fa, il primo ministro indiano Modi e Xi Jin Ping si erano incontrati – eccezionalmente – faccia a faccia in Sudafrica. Occasione in cui i due avevano concordato di «intensificare gli sforzi» per attenuare le tensioni proprio in prossimità del loro confine contestato. Una mossa che, almeno in un primo momento, era stata vista come un passo avanti verso la ricucitura del rapporto turbolento tra Cina e India. Ma pochi giorni dopo, ogni tentativo di dialogo, come si può ben immaginare, è apparso, nuovamente, vano.
Secondo il capo del Congresso Mallikarjun Kharge «la Cina è un trasgressore abituale quando si tratta di rinominare e ridisegnare le mappe dei territori appartenenti ad altri Paesi». E, proprio per questo motivo, si chiede al governo Modi di intervenire e di garantire che l'occupazione cinese illegale di 2.000 chilometri quadrati di territorio indiano abbia fine. «Tutto il Ladakh sa che la Cina si è appropriata della nostra terra. La questione delle mappe è molto seria, il primo ministro dovrebbe affrontarla», ha confessato il deputato Rahul Gandhi.
Dalle Filippine fino alla Russia
Ovviamente, però, la lista di accuse è ancora lunga. Oggi, le Filippine hanno dichiarato di aver «rifiutato» la nuova mappa, a causa dell'aggiunta di una linea tratteggiata intorno alle isole Spratly, aree contese del Mar Cinese Meridionale. Guarda caso, nel 2016, una sentenza del tribunale internazionale aveva dato ragione proprio a Manila, che da anni accusava Pechino di violare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Ma, come dimostra anche la nuova mappa cinese, il Paese del Dragone non ha mai digerito la decisione dell'ONU. Tant'è che, già 7 anni fa, aveva dichiarato che non avrebbe mai accettato o riconosciuto il verdetto. Secondo quanto si legge in una dichiarazione del dipartimento degli Affari esteri delle Filippine, con questa mappa Pechino ha compiuto «l'ultimo tentativo di legittimare la presunta sovranità e giurisdizione della Cina».
Persino la Malesia, tramite il suo ministero degli Affari Esteri, ha respinto le «rivendicazioni unilaterali» della Cina, aggiungendo che la nazione del sud-est asiatico «è coerente nella sua posizione di respingere le rivendicazioni di sovranità, diritti sovrani e giurisdizione sulle caratteristiche marittime della Malesia da parte di qualsiasi soggetto straniero».
Ma non è finita qui. Già, perché la Cina, a quanto pare, avrebbe incluso tra i suoi confini, nella nuova mappa, anche una parte di territorio russo in Siberia. In particolare, l'isola di Bolshoy, lungo il fiume Amur. Che, secondo un trattato bilaterale del 2008, sarebbe dovuta essere divisa tra i due Pasi, per chiudere un lungo contenzioso tra le proteste dei residenti russi della regione. Tuttavia, questa è la prima volta che una porzione di territorio russo viene indicata come appartenente alla Cina. Con l'Isola di Bolshoy, il Dragone ha segnato sulla mappa il punto più orientale del Paese.
La risposta di Pechino
Dal canto suo, la Cina, pacatamente, ha respinto le lamentele dei vicini di casa. Affidando al portavoce del Ministero degli Esteri Wang Wenbin il compito di comunicare al resto del mondo che «le revisioni sono un esercizio di routine della sovranità in conformità della legge». Con l'augurio che «le parti interessate possano rimanere obiettive e calme, evitando di interpretare eccessivamente la questione».