Il caso

Quelle auto usate che dagli Stati Uniti, in qualche modo, arrivano in Russia

La Georgia è hub miliardario per il mercato internazionale delle auto usate: nonostante le sanzioni, molti veicoli europei e americani finirebbero nel Paese di Putin
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Michele Montanari
16.10.2024 12:00

Migliaia di auto stipate in un’area più vasta di 40 campi da calcio. Siamo in Georgia, nella periferia di Rustavi, una cittadina a circa 20 km dalla capitale Tbilisi. Il piccolo Paese del Caucaso meridionale, meno di 4 milioni di abitanti, è diventato un hub multimiliardario per il mercato internazionale delle auto usate. Queste rappresentano la seconda voce di export più grande della Georgia, dopo il rame. I veicoli provengono principalmente dagli Stati Uniti e - scrive la BBC - molti, in qualche modo, finirebbero in Russia, nonostante le sanzioni occidentali.

Stando alla emittente britannica, nell’imponente centro di Rustavi si può trovare praticamente di tutto, dalle Porsche alle Tesla più recenti. Uno dei parcheggi auto più grandi è di proprietà della Caucasus Auto Import, una società attiva dal 2004 che acquista auto usate messe all'asta negli Stati Uniti. Qui arrivano anche veicoli talmente danneggiati che, visti i costi, non verrebbero mai riparati negli USA. Ma in Georgia sì, perché è decisamente meno caro e più vantaggioso.

Nei primi anni duemila il parco auto georgiano era interamente formato da veicoli di epoca sovietica, i marchi Lada e Vaz andavano per la maggiore, poi ci si è attrezzati per far fronte alla «forte domanda di veicoli prodotti in Occidente». Oggi la Caucasus Auto Import conta 600 dipendenti e parte del suo team si occupa di ritirare le auto direttamente negli Stati Uniti, per poi esportarle con navi portacontainer verso un porto sulla costa del Mar Nero, in Georgia. Tutte le auto danneggiate vengono riparate dai meccanici georgiani.

Stando ai dati ufficiali, solamente l’anno scorso la Georgia ha importato veicoli per 3,1 miliardi di dollari, esportando auto per un valore di 2,1 miliardi di dollari, principalmente nelle ex repubbliche sovietiche del Caucaso e dell'Asia centrale. E  pure in Russia, non ufficialmente almeno.

La Georgia era solita esportare auto di seconda mano americane ed europee verso il Paese di Putin, ma il flusso si è interrotto in seguito all'invasione dell'Ucraina, nel febbraio del 2022.

Nel settembre 2023, adottando le sanzioni internazionali contro Mosca, la Georgia si è impegnata a limitare la riesportazione e il transito di automobili importate dall’Occidente verso Russia e Bielorussia.

Il proprietario della Caucasus Auto Import ha confermato tale blocco alla BBC: «Dal primo giorno della guerra abbiamo limitato qualsiasi tipo di transazione dalla Russia, qualsiasi tipo di esportazione verso la Russia. Non vedrete una sola auto esportata dalla Caucasus Auto Import in Russia».

Eppure, stando a una indagine condotta lo scorso febbraio dal quotidiano georgiano Ifacti, vi sarebbero numerose lacune sfruttate da un esercito di concessionari di automobili su entrambi i lati del confine russo-georgiano. Al momento, infatti, non esiste alcun meccanismo per monitorare la destinazione finale delle auto riesportate dirette in altri Paesi.

E da quando le truppe di Putin hanno invaso l'Ucraina si è registrato un forte aumento delle esportazioni di auto usate verso Kazakistan, Kirghizistan e Armenia, tutti membri, insieme a Russia e Bielorussia, dell'Unione economica eurasiatica (UEE). Di fatto, questa appartenenza facilita le procedure per i concessionari di auto, poiché i membri beneficiano di un sistema unificato di sdoganamento. Le auto sdoganate o acquistate all'interno di questi Paesi non necessitano di ulteriori procedure di sdoganamento quando entrano in Russia.

I dati dell'agenzia nazionale di statistica della Georgia suggeriscono che ci sia effettivamente un movimento di veicoli usati occidentali verso la Russia. Nel 2022 la Georgia aveva esportato 7.352 auto usate in Kazakistan, mentre nel 2023 le vendite sono salite a quota 39.896. Dopo la guerra, le esportazioni verso il Kirghizistan sono invece aumentate del 680%. Si tratterebbe dell'ennesima falla nel sistema delle sanzioni internazionali.

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