Quelle morti misteriose delle balene in Tasmania
21 settembre 2020. Quasi 500 balene pilota (conosciute anche come globicefali) vengono ritrovate arenate su una remota spiaggia di Macquarie Heads, in Tasmania. Di questi 470 esemplari solo 111 vengono salvati, dopo una settimana di sforzi notevoli. Gli altri 359, purtroppo, non sopravvivono. 21 settembre 2022. Nella stessa zona, vicino alla città di Strahan, giacciono allineate tra la sabbia 230 balene pilota. Il giorno prima, sempre in Tasmania ma a King Island, nello stretto di Bass, sono morti, spiaggiati, anche 14 capodogli. Il coincidere, per data e luogo, di questi eventi solleva una sola domanda: che cosa succede a settembre nelle acque della Tasmania?
I giovani «scapoli»
Dopo la tragedia registrata due anni fa ai danni dei globicefali, quest'anno è capitato ai capodogli. Il 20 settembre sono stati alcuni abitanti dell'isola di King a rinvenire le quattordici carcasse degli animali sulla spiaggia. L'episodio ha suscitato curiosità e preoccupazione, coinvolgendo fin da subito biologi e veterinari che si sono messi all'opera per individuare le cause della morte dei cetacei. L'ipotesi più gettonata? Quella che gli esemplari morti appartenessero a un branco di «scapoli», ossia giovani maschi che avrebbero perso l'orientamento, forse inseguendo un esemplare malato. Una soluzione plausibile, se pensiamo che le coste della Tasmania sono spesso percorse da forti correnti che possono confondere i cetacei durante la navigazione. Ma, tuttavia, non è un'ipotesi sufficiente per spiegare del tutto quanto accaduto.
Due anni esatti dopo
Il giorno seguente, la triste coincidenza. A due anni esatti dal primo incidente, sulla costa occidentale della Tasmania 230 balene pilota si sono arenate sulla spiaggia. Un triste anniversario che in poche ore ha fatto il giro del mondo, generando domande a cui però si fatica ancora a dare una risposta certa. «A causa delle onde, le balene continuano a essere trascinate sempre più in alto sulla spiaggia», ha inizialmente spiegato al New York Times uno degli skipper della zona, Sam Gerrity, aggiungendo che sulla base dell'esperienza del 2020, con ogni probabilità il 95% degli animali arenati sulla spiaggia non sarebbe sopravvissuto. A rendere l'operazione di salvataggio ancora più complessa, quest'anno, anche la posizione dell'arenamento, il tempo imprevedibile e le conseguenti onde alte fino a 15 metri. E non è tutto. A peggiorare le cose anche la decomposizione degli animali già deceduti. «Dopo un paio di giorni, i resti cominciano a scoppiare e questo complica lo smaltimento delle carcasse», ha dichiarato lo skipper.
«Rescue and release»
Diversamente da quanto ipotizzato da Gerrity, fortunatamente nel corso della giornata di ieri sono state salvate 32 delle 35 balene ancora vive. Per riuscire nell'impresa, sono stati coinvolti oltre 50 operatori esperti e volontari. Tramite l'operazione, chiamata «rescue and release» (letteralmente soccorso e rilascio), i cetacei - il cui peso raggiunge le due tonnellate e mezzo - sono stati dapprima spostati con un sollevatore meccanico su degli speciali tappetini rinforzati, e in seguito, con un sollevatore telescopico, sollevati su dei carrelli imbottiti e guidati in acque meno esposte. Per completare l'operazione, una volta in acqua le balene sono state imbragate tra due motoscafi che le hanno liberate in acque più profonde. Per evitare, neanche a dirlo, il rischio di ulteriori spiaggiamenti.

Una trappola naturale?
Cosa accada nel mese di settembre nelle acque della Tasmania, tuttavia, resta per lo più un mistero. «È una domanda da un milione di dollari», ha detto la biologa marina Vanessa Pirotta all'emittente statunitense ABC. «Gli spiaggiamenti sono sempre un mistero, ovunque nel mondo. In questo caso ciò che è davvero insolito è che nel giro di una settimana nello stesso territorio se ne siano verificati ben due», continua la biologa. Secondo alcuni scienziati, gli spiaggiamenti potrebbe essere causati da branchi di balene che perdono la rotta perché si sono nutriti troppo vicino alla costa. Le spiagge basse, le acque mosse e la leggera pendenza di quei territori fungono poi da «trappola naturale». Secondo quanto riferito Kris Carlyon del Marine Conservation Program al Sydney Morning Herald, queste caratteristiche fanno perdere alle balene la loro capacità di ecolocazione.

Tra maree e acque poco profonde
Le teorie sugli spiaggiamenti delle balene non si esauriscono qui. Secondo la biologa Pirotta, bisognerebbe prendere seriamente in considerazione l'ipotesi dell'errata navigazione, ricordando anche però che i fattori ambientali che entrano in gioco potrebbero essere determinanti. «Siccome abbiamo visto spiaggiarsi specie simili nello stesso periodo e nello stesso posto, potremmo pensare che la causa possa essere di origine ambientale», suggerisce la biologa. Dopotutto, come già evidenziato, la topografia delle Tasmania e le condizioni delle maree nella zona sono particolarmente insidiose e rendono il territorio più suscettibile agli spiaggiamenti, come accade anche nella vicina Nuova Zelanda. Secondo la testimonianza di un ex veterinario ad ABC News, David Obendorf, quando le balene si trovano in acque poco profonde emettono richieste di soccorso, portando a uno spiaggiamento dell'intero branco. Dopotutto, come sostiene Kris Carlyon, ciò accade perché le balene sono animali decisamente sociali. «Se una di loro si trova in difficoltà, tutte le altre la seguono, anche fino a riva».

«Una semplice disavventura»
E i capodogli? Secondo il dottor Carlyon, interpellato dai media statunitensi, in questo caso lo spiaggiamento avrebbe origini "sociali". «I capodogli sono degli animali davvero interessanti. Quando i maschi raggiungono i cinque o sei anni di età tendono a staccarsi dal gruppo materno, diventando un po' più indipendenti». Tuttavia, come spiega il dottore, prima che riescano a diventare sessualmente maturi, i capodogli si muovono in gruppi di adolescenti. «Come dei ragazzi, che stanno insieme facendo gruppo. Per questo motivo, gli spiaggiamenti di branchi di scapoli di solito comprendono un numero di capodogli tra i sei e i venti esemplari». Come nel caso di King Island, dove i capodogli coinvolti sono stati "solamente" quattordici. «In questi casi, spesso si tratta di semplici disavventure», conclude il dottor Carlyon.
Nei prossimi giorni, le balene pilota morte rimaste su una delle spiagge di Macquarie Heads verranno trainate nelle profondità dell'oceano. Nel frattempo, si continua a indagare sul mistero delle acque della Tasmania, sperando di non rivivere un altro 21 settembre.