Ricatto alla famiglia di Michael Schumacher, ecco i dettagli

Era il 29 dicembre 2013. Sono trascorsi quasi undici anni dal giorno che cambiò per sempre la vita di Michael Schumacher, uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi. A Méribel, in Francia, il campione di Formula 1 subì un terribile incidente sugli sci. Da allora, la famiglia lo ha sempre protetto da speculatori e sciacalli, ha mantenuto il massimo riserbo sulle sue condizioni e soltanto una ristrettissima cerchia di persone sa come sta veramente e può avvicinarsi a lui. Ma c'è qualcuno che ha abusato della fiducia dei familiari, arrivando addirittura a ricattarli.
Lo scorso giugno, la Procura della Repubblica di Wuppertal (distretto di Düsseldorf, Germania) ha comunicato – confermando una notizia della Bild – che due uomini erano stati arrestati per avere dichiarato ai dipendenti della famiglia di essere in possesso di file che i Schumacher non avrebbero voluto pubblici. Avevano chiesto un pagamento di 15 milioni di euro: in caso contrario, avevano minacciato di rendere disponibili i dati sul Darknet. E avevano anche inviato alcuni dossier alla famiglia come prova. Tuttavia, come ha spiegato la Procura, i presunti colpevoli non erano riusciti a nascondere le loro tracce sul Darknet e le indagini tecniche avevano portato rapidamente alla loro identificazione: due uomini (padre e figlio), di 53 e 30 anni, che operavano da Wuppertal, fermati nel parcheggio di un supermercato a Gross-Gerau, in Assia. «Se condannati, rischiano una multa o una pena detentiva fino a cinque anni», aveva quindi detto il procuratore capo.
L'indagine, si è poi scoperto, era stata inizialmente avviata dalla Procura di Losanna. Quindici giorni dopo è finita in manette un'altra persona, sospettata di essere complice dei due. Si tratta di un uomo di 52 anni che lavorava come guardia di sicurezza per la famiglia. Le forze dell’ordine hanno aggiunto che è stata sequestrata una grande quantità di prove aggiuntive. L'uomo, con precedenti penali per frode, aveva lavorato per la famiglia del pilota per cinque anni, fino a inizio 2021. Secondo quanto riferito da Bild, i ricattatori avevano circa 500 immagini su un disco rigido e ben 1.000 file su un secondo hard disk, con foto, video, elenchi di farmaci e il contenuto delle cartelle cliniche. L'ex guardia di sicurezza risulta «fortemente indebitato con la sua società di consulenza» e, probabilmente, sperava di risolvere i problemi con il ricatto a spese della famiglia Schumacher. Avrebbe quindi incaricato il 53.enne di compiere l'estorsione da 15 milioni di euro, con la promessa di una commissione sul riscatto. Ma quando questo era stato arrestato insieme al figlio – nel frattempo rilasciato su cauzione –, avrebbe fornito il nome del «mandante».
Ora, riferisce oggi l'agenzia tedesca di stampa Dpa, le indagini si sono concluse – anche con l'analisi di hard disk, chiavette USB e telefoni cellulari – e la Procura di Wuppertal ha denunciato i tre uomini per tentata estorsione.
Non è il primo tentativo di ricattare la famiglia Schumacher
Non è il primo tentativo di ricattare la famiglia dell'ex pilota. Nel 2017, il tribunale distrettuale di Reutlingen, nel Baden-Württemberg, ha condannato un uomo di 25 anni a un anno e nove mesi sospesi e al pagamento di una multa di 4.500 euro e 50 ore di servizi sociali. Un anno prima il giovane aveva inviato una «perfida e-mail di ricatto» a Corinna Schumacher «minacciando i loro figli». Era stato rapidamente rintracciato per il suo agire «particolarmente goffo»: «Per usare un eufemismo, fornire il proprio numero di conto non è una scelta sensata», aveva detto a tal proposito il giudice.
Lo scorso maggio i giudici hanno condannato il magazine tedesco Die Aktuelle per avere pubblicato una falsa intervista all’ex ferrarista realizzata con l’intelligenza artificiale. Non erano bastate le scuse del gruppo editoriale né il licenziamento in tronco della giornalista che aveva avuto l'idea. La pubblicazione, avvenuta nell'aprile del 2023, avevano suscitato sdegno e indignazione in tutto il mondo. Anche perché il giornale proponeva il servizio come un'esclusiva dal titolo: «La mia vita dopo l'incidente». Soltanto nelle pagine interne c'era una piccola avvertenza nella quale veniva specificato che il colloquio era stato elaborato da un software. Il tribunale del lavoro di Monaco di Baviera ha riconosciuto le ragioni della famiglia Schumacher condannando il gruppo editoriale Funke al pagamento dei danni di immagine per 200 mila euro.