Ryanair e i suoi addii: il lato oscuro della conquista del mercato aereo

Si chiama «metodo Ryanair». E fa discutere. Se, da un lato, ha permesso alla low cost irlandese di dominare il mercato, dall’altro ha lasciato più di una vittima sul campo. L’ultima doccia fredda, riferisce il quotidiano economico La Tribune, riguarda lo scalo di Vatry, nella Marna. Scalo che, nonostante disti 150 chilometri da Parigi, è sempre stato «venduto» da Ryanair come un aeroporto parigino.
Lo scorso 21 febbraio, la compagnia ha scritto al direttore dell’aeroporto per annunciare, in sole venti righe, l’interruzione delle operazioni da e per Vatry con l’arrivo del programma estivo, che scatterà domani. «Ci siamo visti costretti a rivedere le nostre capacità in Francia in previsione dell’estate e dell’inverno 2025» si legge nella missiva, firmata dal direttore dello sviluppo di rete Ray Kelliher. Ahia. «Sfortunatamente, questo significa che le capacità di aeroporti francesi come Vatry verranno trasferite in Paesi dai costi meno elevati. Siamo dispiaciuti di questa decisione, indipendente dalla nostra volontà».
Che cosa dice la politica
In realtà, Ryanair garantiva due sole destinazioni in partenza da Vatry: Porto e Marrakech. Parliamo, però, dell’85% del traffico locale. Di qui la frustrazione del direttore dello scalo, Fabrice Pauquet: «Quando c’è un solo grande operatore, è sempre complicato. Studieremo altre piste, ma non potremo far venire un’altra compagnia prima della primavera 2026».
La politica, immediatamente, è scesa in campo attraverso Nicolas Thiry, vice capo di gabinetto di Jean-Marc Roze, il presidente del Consiglio dipartimentale della Marna. Thiry, con forza, ha detto che il citato metodo Ryanair «è inammissibile». L’addio, improvviso, del vettore irlandese si tradurrà in una perdita annuale di 500 mila euro per l’aeroporto
Vatry non è la sola destinazione ad aver subito le bizze di Ryanair. Dopo aver interrotto il collegamento fra Tours e Dublino, nel 2024, la low cost irlandese a marzo ha scritto alla società che gestisce l’aeroporto spiegando di avere forti, fortissimi dubbi circa il mantenimento di una base Ryanair. Anche Bordeaux, rimanendo alla Francia, ha visto partire, del tutto, la compagnia nell’ottobre del 2024, dopo che Ryanair aveva accusato l’aeroporto di voler aumentare i costi. Parentesi: con una quota del 25% e 1,7 milioni di passeggeri trasportati l’anno scorso, Ryanair era in assoluto il vettore numero uno su Bordeaux. E la botta, non a caso, si è fatta e si farà sentire: le 21 compagnie presenti, per la stagione estiva, offriranno 4,5 milioni di posti. Un milione in meno rispetto all’estate 2024.
C’è chi, in Francia, non a caso si sta preparando a possibili, nuovi addii: l’aeroporto Centre-Val de Loire, dove Ryanair è in assoluto dominante con una fetta del 97,8% del traffico, ha iniziato a diversificare. Il 1. aprile, in quest’ottica, sbarcherà L’Odyssey, compagnia che offrirà sei destinazioni fra cui Ginevra e Milano.

Perché, a pagare, sono i «piccoli»
Evidentemente, i cosiddetti aeroporti di prossimità, quelli che nell’Esagono muovono meno di un milione di passeggeri all’anno, sono i più esposti allo strapotere delle low cost, Ryanair in testa. Le low cost, d’altro canto, garantiscono il 99,9% del traffico a Beauvais e Carcassonne, il 99,6% a Béziers e oltre il 91% in altri nove aeroporti francesi. Una domanda, pensando a Ryanair, si impone: è la specificità di questi scali a far sì che interessino solo alle low cost o sono i «ricatti» delle stesse low cost – della serie «apro delle rotte da te ma…» – ad aver creato un simile panorama? Fabrice Creon, direttore generale dell’aeroporto di Béziers, ha garantito alla Tribune che non c’è mai stata alcuna volontà di «esclusività con Ryanair». La Camera regionale dei Conti dell’Occitania, per contro, ha criticato gli sconti tariffari concessi proprio a Ryanair, affermando che potrebbero essere paragonabili ad aiuti pubblici non dichiarati. L’aeroporto stesso di Béziers è finito sotto inchiesta, con la Commissione Europea che vuole vederci chiaro al riguardo. Di nuovo Creon: «Ma se riducessimo il nostro sostegno a Ryanair, poi loro potrebbero andarsene altrove». Il famoso metodo, già.
In realtà, tutte le compagnie low cost mettono forte pressione sugli aeroporti. Nella speranza, appunto, di trarne un vantaggio competitivo. Una pressione che nasce, come detto, dalla loro unicità ed essenzialità: senza, in sostanza, non ci sarebbe traffico in quel determinato scalo.
E le motivazioni degli addii, al di là delle scontistiche, variano a seconda dell’aeroporto. Il calo dei viaggiatori d’affari, come per easyJet a Tolosa, o ancora il ritardo nella consegna di nuovi aerei, passando per le limitazioni ai voli notturni che, nello specifico, potrebbero spingere anche Ryanair un domani a lasciare la citata Tolosa. Ma c’è di più, quantomeno rimanendo in casa Ryanair e a Tolosa: il vettore, infatti, non ha esitato a lanciare nuove rotte al fine di beneficiare delle riduzioni tariffarie che vengono concesse per due anni garantendo, però, un solo anno di operatività. La compagnia, per dire, ha lanciato Cracovia nel 2024 salvo poi virare su Varsavia. Ottenendo altre riduzioni.
I principali attori, in Francia, hanno parlato di metodi rudi e negoziazioni difficili, incentrate – spesso – sulla fiscalità. Nel giustificare l’abbandono di Vatry, in effetti, Ryanair ha evocato l’aumento della tassa sui biglietti aerei adottato in Francia proprio nel 2025. Parliamo, sia per i voli interni sia per quelli europei, di un aumento da 2,63 a 7,40 euro a passeggero. Un aumento fortemente contestato, nel settore, proprio perché foriero di possibili (e per certi versi inevitabili) addii. Le compagnie come Ryanair, d’altro canto, aprono rotte a patto di poter avere ampi volumi e costi bassi. E per costi bassi si intende, va da sé, anche rotazioni brevi: Ryanair ha stimato in 25 minuti il tempo necessario affinché un aereo atterri, scarichi i passeggeri, carichi quelli del volo successivo e riparta. Gli aeroporti fanno pagare le compagnie per ogni minuto che un aereo rimane al gate. Un turnaround rapido, di riflesso, riduce questi costi, permettendo a Ryanair di mantenere i biglietti aerei economici. Non solo, le low cost non utilizzano i finger per l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri, a meno che non siano obbligate a farlo, e stanno riducendo pure l’uso dei bus a terra, proprio per risparmiare.
La situazione in Italia
In Italia, paradossalmente ma nemmeno troppo, Ryanair è tornata a investire negli aeroporti secondari ingaggiando, al contempo, una lotta contro i grandi scali, fra cui Roma Fiumicino. Il motivo? Le tasse comunali, che si aggirano sui 6,5 euro a passeggero. La scelta di privilegiare gli scali di prossimità, volendo riprendere un’espressione francese, manco a dirlo è legata al fatto che senza l’addizionale municipale Ryanair ha aumentato la sua presenza a Trieste e in Calabria. Tutto, insomma, pur di mantenere l’obiettivo. Che è quello di ricavare «10 euro di profitto a passeggero» per dirla con l’amministratore delegato della low cost irlandese Eddie Wilson. Il quale, a proposito dei sussidi, lo scorso gennaio al Corriere della Sera aveva detto, riferendosi a Orio al Serio ma allargando il campo: «Non riceviamo sussidi da Bergamo. Quello che garantiamo agli aeroporti è fornire con assoluta certezza un certo numero di passeggeri. Volumi che poi consentono agli scali di ampliare il terminal, mettere negozi, parcheggi. Guardi proprio a Bergamo: quando abbiamo aperto la base, nel 2004, era uno scalo solo per il cargo. Oggi è il terzo aeroporto d’Italia per viaggiatori».
Negli ultimi anni, Ryanair ha continuato ad applicare la sua strategia di pressione sulle amministrazioni locali e sui governi nazionali per ottenere condizioni più favorevoli. La compagnia, in questo senso, non disdegna la minaccia: o fate come diciamo noi oppure riduciamo i voli o, peggio, chiudiamo le basi. Un metodo discutibile, come detto. Che però funziona, considerando le tante concessioni di cui beneficia il vettore più o meno ovunque, al netto delle vittime lasciate per strada, come Vatry.