Aviazione

Ryanair e le altre: le compagnie low cost stanno rallentando, è la fine di un'era?

Dopo aver macinato profitti durante la ripresa post-COVID i vettori che offrono prezzi stracciati sembrano in difficoltà, nonostante l'aumento netto di traffico – E c'è chi, nel settore, si interroga
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Marcello Pelizzari
28.08.2024 13:30

La lunga, lunghissima ripresa post-COVID sembrerebbe essersi esaurita. Quantomeno, se ci limitiamo alle compagnie aeree low cost anche se, a ben vedere, pure i vettori tradizionali e nello specifico i grandi gruppi hanno visto la loro redditività ridursi. Per dire: secondo i dati dell'agenzia di rating finanziario DBRS Morningstar, citati dal quotidiano economico la Tribune, nel secondo trimestre del 2024 Lufthansa, Air France-KLM e American Airlines hanno registrato un meno 30-40% a livello di profitti operativi rispetto allo stesso periodo del 2023. E ancora: il colosso IAG è rimasto stabile mentre United Airlines ha chiuso con il segno più. Peggio, molto peggio hanno fatto le citate low cost: Ryanair (-49%) e Wizz Air (-44%) sono crollate, lo stesso hanno fatto le americane Southwest Airlines (-50%) e JetBlue (-74%) dall'altra parte dell'Atlantico. Spirit, dopo le mancate fusioni con Frontier e la stessa JetBlue, è in rosso. A salvarsi, nel secondo trimestre, è stata soltanto easyJet (+16%) che, tuttavia, veniva da mesi e mesi di difficoltà.

Bene, anzi male. Fatte le dovute premesse, come mai il settore ha messo assieme cifre del genere? A che cosa è dovuta questa piccola, grande frenata? La primissima risposta è legata ai costi operativi: sono esplosi, al netto del calo (significativo) del prezzo del carburante. Nel dettaglio, le compagnie si sono lanciate in una vera e propria rincorsa per soddisfare una domanda crescente. Trovandosi, però, frenate dai ritardi accumulati da Airbus e soprattutto Boeing nelle consegne di nuovi aerei e parti di ricambio. Ma anche dalla necessità di assumere un gran numero di personale qualificato dopo i tagli effettuati in epoca COVID. Con relativi costi: Swiss, come ci aveva confermato l'oramai ex amministratore delegato Dieter Vranckx in una lunga intervista, ha investito 100 milioni di franchi nel personale nel 2022 e 130 milioni l’anno scorso. Le low cost, poi, hanno pagato la cosiddetta normalizzazione dei prezzi. La leva attraverso cui, durante la ripresa post-COVID, tutte le compagnie avevano compensato l'aumento dei costi. In questo contesto, scrive sempre la Tribune, i vettori classici hanno potuto giocare – ancora e meglio – sulle tariffe grazie ai voli a lungo raggio e all'attrattività di scelte come la premium economy o la business class. E così, per dirla con DBRS Morningstar, Ryanair ha visto il suo traffico crescere del 10% nell'ultimo trimestre rispetto al 2023 ma, allo stesso tempo, ha pure dovuto affrontare un calo del prezzo medio dei biglietti del 15%. Una situazione, questa, destinata a durare secondo l'agenzia di rating, complice il rallentamento della spesa dei consumatori. 

Eppure, come dimostrato da Ryanair il traffico delle low cost intanto cresce. I dati di Official Aviation Guide (OAG) sono eloquenti: dall'anno scorso, questi vettori offrono decisamente più posti rispetto al 2019 e, oggi, rappresentano un terzo dell'offerta globale. Il tutto mentre le compagnie tradizionali non hanno ancora recuperato le capacità pre-COVID. Resta, però, una domanda di fondo: come faranno, le low cost, a generare ancora utili in un mercato oramai maturo? Difficile a dirsi. Tutte, più o meno, stanno insistendo sui servizi aggiuntivi, come le vendite di cibo e bevande a bordo ma anche i pacchetti vacanza. Questi servizi occupano fette sempre maggiori dei profitti: rappresentano il 40% del fatturato di easyJet nell'ultimo trimestre, il 36% del fatturato di Ryanair oltre la metà del fatturato di compagnie ultra low cost come Wizz Air, Frontier e Spirit. Pure Southwest, finora isola «felice» in questo senso, ha annunciato che introdurrà l'assegnazione dei posti previo pagamento di un extra. E qui sorge, spontanea, un'altra domanda: a parità di offerta, cioè comprendendo tutti i costi aggiuntivi che un passeggero deve pagare, la differenza fra un biglietto di una low cost e uno di una compagnia tradizionale è ancora così netta? Risposta: no.

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