Il caso

Saint-Tropez: gli eccessi dei super-ricchi fanno arrabbiare i residenti

Prezzi sempre più alti, ristoranti oramai riservati solo alla clientela facoltosa e, ovunque, il marchio del lusso LVMH a certificare che, oramai, il «villaggio di pescatori» non esiste più
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Red. Online
29.09.2023 09:50

Nelle guide turistiche, Saint-Tropez viene definito – ancora – un «villaggio di pescatori». Un villaggio che, negli anni, ha assunto una dimensione decisamente chic. Se non extra-lusso. Come ricorda il Guardian, fra le viuzze del nucleo storico è possibile acquistare una borsetta di Celine per 25 mila euro. Se voleste risparmiare, si fa per dire, potreste sborsare «appena» 4 mila euro per un trench di Christian Dior o 2 mila euro per una valigia Rimowa. Più che pescare pesci, insomma, a Saint-Tropez si pescano oggetti di culto.

Il successo di questo angolo di Francia, nel Dipartimento del Var, regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, è legato a doppio filo alla figura, iconica, di Brigitte Bardot. L'attrice, cantante e attivista scelse proprio Saint-Tropez, negli anni Cinquanta, quale luogo simbolo della dolce vita à la française. Tutto molto bello, verrebbe da dire. Se non fosse che i residenti, per lungo tempo tolleranti, ora cominciano a mostrare segni di insofferenza: l'afflusso, continuo, di super-ricchi e personaggi dello spettacolo sta diventando esagerato. E, di riflesso, sta rovinando l'aura tropezina. 

Il problema, leggiamo, non è tanto (o non solo) la presenza di turisti con una buona, buonissima disponibilità economica. Che tutto vogliono e tutto comprano. No, il problema sono anche gli investimenti, massicci, dei maggiori colossi del lusso nella cittadina. «I ristoranti, gli hotel e i caffé indipendenti vengono tutti acquistati da gruppi di lusso» ha spiegato al riguardo Vérane Guérin, consigliera comunale. «Non è più Saint-Tropez, oramai, ma LVMH Ville». E per LVMH si intende, va da sé, LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE, multinazionale proprietaria – citiamo da Wikipedia – di oltre settanta marchi fra cui Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Céline, Guerlain, Marc Jacobs, Givenchy, Kenzo, Loro Piana, Emilio Pucci, Louis Vuitton, TAG Heuer, Tiffany, Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Hennessy. Per tacere delle attività nell'editoria e, ancora, nel ramo alberghiero.

Basta, appunto, un giro per le viuzze del nucleo per rendersi conto di quanti negozi siano riconducibili a LVMH e, quindi, a Bernard Arnault, l'uomo più ricco d'Europa nonché il fondatore di questo impero, il cui yacht è talmente grande da non poter entrare in porto. Dicevamo degli hotel. Due fra i più eleganti, a Saint-Tropez, sono proprio di LVMH: il Cheval Blanc e il White 1921. Il suo champagne più famoso, il Moët, è servito ovunque. Un caffé-ristorante porta direttamente il nome di uno dei marchi più in vista, Dior. Sì, la presenza del conglomerato è visibile. Molto visibile. Tant'è che Guérin, candidatasi senza successo come indipendente per diventare sindaco di Saint-Tropez alle ultime elezioni, aveva impostato la sua campagna proprio su questo aspetto. Se avesse vinto, la sua promessa, avrebbe fatto di più per impedire che i super-ricchi prendessero il controllo della cittadina. «L'atmosfera di Saint-Tropez sta cambiando rapidamente» le sue parole. «Non è più una città per artisti e artigiani».

La presenza, massiccia, di super-ricchi – da Arnault in giù, per intenderci – ha fatto lievitare e non poco i prezzi degli immobili. Costringendo molti residenti storici a trasferirsi. In via definitiva. Di nuovo Guerin: «Le persone che vivono qui da generazioni sono costrette a spostarsi di chilometri nell'entroterra e a tornare in auto per lavorare. Le case, gli appartamenti, le case popolari: tutto è stato preso. Queste persone vivevano qui tutto l'anno, mentre i ricchi vengono solo per alcune settimane in estate. In inverno c'è così poca gente che i negozi di alimentari fanno fatica ad andare avanti».

Secondo gli analisti, addirittura, fra non molto Saint-Tropez (che attualmente conta poco più di 4 mila abitanti) sarà popolata solo da miliardari. La località, anche a livello social, continua a richiamare ondate e ondate di persone facoltose. Che hanno acquistato o intendono acquistare casa. O, molto più semplicemente, che hanno scelto e continuano a scegliere Saint-Tropez come luogo di villeggiatura. Drake, Uma Thurman, Diplo e tanti, tantissimi altri. «Qui i ricchi ci sono sempre stati» ha dichiarato al Guardian Géraldine, che lavora in una biblioteca pubblica di Saint-Tropez, vicino al caffè Dior, dove un tè freddo costa 12 euro. «Ma ora ce ne sono così tanti e tutto è così lussuoso che ti fa venire voglia di vomitare. Brigitte Bardot e le altre star del cinema che l'hanno seguita facevano ancora parte della comunità e giocavano a pétanque in Place des Lices». Ovvero, la piazza principale della cittadina. «Ora, invece, i miliardari non interagiscono più con noi, vogliono solo mostrarsi ai loro amici e stare nelle loro ville sui loro superyacht. Non vogliono essere dei veri tropéziens».

A proposito di ville, la maggior parte dei facoltosi ha preso casa in una zona collinare denominata Les Parcs. Iper-esclusiva, manco a dirlo. Fra i proprietari citiamo Arnault, Vincent Bolloré di Vivendi, François-Henri Pinault, fondatore di Kering, l'azienda che possiede Gucci, Balenciaga e Bottega Veneta. L'area è recintata e presidiata da guardie di sicurezza. Un centinaio le telecamere di sicurezza. Secondo le agenzie immobiliari specializzate nel lusso, come Sotheby's, i prezzi sono fra i più alti al mondo. E, appunto, sono lievitati: un decennio fa il prezzo medio di una casa, a Les Parcs, si aggirava sui 5 milioni. Oggi parliamo di 13 milioni. In media, perché ci sono casi in cui l'offerta ha superato i 40 milioni: la villa denominata Octopussy, dall'omonimo film di James Bond del 1983. «I prezzi sono francamente ridicoli» ha affermato Guérin. «Sono così alti che, oramai, anche le persone che prima consideravamo ricche non possono comprare nelle zone migliori. Lo 0,1% del mondo ha comprato tutto e ha fatto salire i prezzi di tutto».

Certo, Saint-Tropez ha anche molti angoli cosiddetti normali. In cui è possibile spendere come altrove. Eppure, l'accusa secondo cui la cittadina è diventata troppo esclusiva continua a far capolino su giornali e portali web. Alcuni ristoranti, ad esempio, sono stati accusati di riservare il posto soltanto a chi, in base a un database di visite precedenti, è considerato un grande cliente. Ovvero, uno spendaccione. Un operatore del settore, al Nice-Matin, ha confermato la strategia: «In pratica, si tratta di dire se siete disposti a spendere o se siete dei pesci piccoli». Il sindaco, Sylvie Siri, ha definito «spregevoli» queste pratiche, aggiungendo di essere estremamente scioccata al riguardo. 

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