Saluti romani sul lago di Como per commemorare Mussolini
Da una parte «Presente» e saluti romani. Dall’altra «Bella ciao», fischi e trombette da stadio. A Dongo e Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, a 76 anni dagli eventi che segnarono la fine del fascismo, sono andate in scena contrapposizioni mai sopite.
Due cerimonie, organizzate dall’associazione comasca Mario Nicollini, sono state autorizzate da prefettura e questura e fortemente osteggiate dall’Associazione dei partigiani italiani (Anpi), sindacati e parlamentari di sinistra, che si sono ritrovati in piazza Paracchini a Dongo, dove il 27 aprile 1945 la colonna tedesca bloccata a Musso arrivò al capolinea, Mussolini venne riconosciuto e 15 gerarchi fascisti arrestati e in seguito fucilati.
La ringhiera del lungolago è ancora quella di allora, con i fori dei proiettili lasciati a futura memoria. E proprio sulla ringhiera, una settantina di nostalgici in bomber e giubbetti neri questa mattina hanno messo una rosa per ciascuno dei 15 fascisti uccisi e hanno posato due corone d’alloro: una per i gerarchi, l’altra, nel lago, dove trovò la morte Marcello Petacci, fratello di Claretta.
Il tutto è durato pochi minuti, il tempo di qualche invettiva al megafono contro la parte avversa, e poi i nostalgici, inquadrati su tre file, hanno scandito ad uno a uno i nomi dei fucilati, accompagnato ciascuno dal saluto fascista e dal «Presente».
Dopo il suono del silenzio, la riunione è stata sciolta. Durante tutta la commemorazione, separati da un nutrito cordone di polizia e carabinieri, dall’altra parte della piazza transennata, alcune centinaia di manifestanti di Anpi, sindacati e associazioni di sinistra, che con bandiere rosse, tricolori e trombette da stadio hanno intonato Bella Ciao, fischiando, lanciando slogan e il grido «buffoni». Nessun incidente, nonostante il clima di tensione.
Nessun presidio antifascista e un numero maggiore di persone un paio d’ore più tardi a Giulino di Mezzegra, dove furono uccisi Mussolini e la Petacci. Per via della pandemia non è stata celebrata la messa, che dal 1984 era officiata dall’ex parroco don Luigi Barindelli, ora 92 enne e in casa di riposo («dico la messa per ricordare due persone, non due personaggi» diceva), ma in memoria di Mussolini e Petacci l’attuale parroco don Luca Giansante ha impartito una benedizione sul sagrato della chiesa.
Il sacerdote ha stigmatizzato le continue contrapposizioni a più di 75 anni di distanza e ha augurato una riappacificazione del clima di tensione.
I manifestanti sono quindi scesi in ordine sparso (il corteo non era stato autorizzato), davanti al cancello di villa Belmonte, luogo in cui la storiografia ufficiale colloca la fucilazione, e dove una lapide ricorda la morte di Mussolini e Petacci. Qui hanno scandito per tre volte il «presente», accompagnato dal saluto fascista. Poi tutti a casa, mischiati al traffico dei gitanti della domenica sul lago.