Scambio di prigionieri: il doppio messaggio di Vladimir Putin all'Occidente
L'Occidente, Stati Uniti in testa, ha festeggiato. E parlato, apertamente, di vittoria. «Uno sforzo monumentale», per dirla con Joe Biden. La liberazione di Evan Gershkovich, Paul Whelan, Alsu Kurmasheva e, ancora, diversi oppositori del Cremlino – fra cui Vladimir Kara-Murza – è certamente un successo. Ma anche la Russia può abbozzare, quantomeno, un sorriso. L'accoglienza, trionfale, riservata da Vladimir Putin ai prigionieri freschi di scambio, d'altro canto, è indicativa. E il motivo è presto detto: come ha sottolineato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, Mosca ha scambiato «cittadini innocenti» dell'Unione Europea e degli Stati Uniti, oltre a «onesti democratici russi», con «criminali e assassini condannati». Di più, parliamo di persone che servivano gli interessi dello Stato: hacker, spie, veri e propri killer come Vadim Krasikov, condannato all'ergastolo da un tribunale tedesco nel 2021 per l'uccisione, nel 2019, di Zelimkhan «Tornike» Khangoshvili, un ceceno di etnia georgiana. L'assassinio avvenne in un parco di Berlino, in pieno giorno. Sulle motivazioni politiche di quell'uccisione, beh, non ci sono dubbi. Putin, lo scorso febbraio, durante l'arcinota intervista con Tucker Carlson aveva parlato di quell'assassinio come di un servizio pubblico reso da Krasikov, «un uomo che, per motivi patriottici, ha eliminato un bandito». «Bandito» poiché Khangoshvili aveva combattuto Mosca durante le guerre cecene ed era ricercato in Russia con l’accusa di terrorismo. «Che l'abbia fatto di sua iniziativa o no, beh, è un altro discorso» aveva aggiunto, in maniera sibillina, il presidente.
Il primo messaggio
Il messaggio, forte, lanciato dal Cremlino è eloquente: chi serve lo Stato e i suoi interessi, alla fine, viene ricompensato. O, se preferite, non viene abbandonato. Un messaggio, questo, che la Russia aveva già lanciato in occasione dell'ultimo scambio di rilievo con gli Stati Uniti, con la liberazione della stella del basket Brittney Griner in cambio di Viktor Bout, «uno dei più prolifici trafficanti d'armi al mondo» secondo il Dipartimento di Giustizia americano. L'uomo che aveva ispirato l'antieroe del film hollywoodiano Lord of War. L'uomo, ancora, a lungo sospettato di avere intrattenuto legami con i servizi segreti russi. E la ricompensa, per Bout, come spiega la CNN è arrivata tramite la politica: il trafficante d'armi, infatti, ha conquistato un seggio in una legislatura regionale, ha rilasciato diverse interviste ai media di Stato e si è accomodato nel salotto buono di Vladimir Putin, il Forum economico di San Pietroburgo. Lo stesso Putin, dopotutto, proviene dallo spionaggio. Sa che cosa vuol dire «servire lo Stato». Per questo, anche per questo, ha mostrato vicinanza ai prigionieri appena liberati. Rafforzando, a sua volta, il messaggio: lavorare nel massiccio apparato di sicurezza e intelligence, alla lunga, paga. Consentendo, soprattutto, alla Russia di continuare la sua guerra, strisciante, con l'Occidente.
La questione ucraina
Allargando il discorso, e riabbracciando gli Stati Uniti, questo scambio di prigionieri – definito a giusta ragione storica – potrebbe secondo alcuni favorire un ammorbidimento della Russia nell'ambito della guerra in Ucraina. Spingendo, infine, Mosca al tavolo dei negoziati ma a condizioni eque. In realtà, la Casa Bianca si è affrettata a dire, e ribadire, di non vedere «alcun legame fra le trattative per la liberazione dei detenuti e la guerra in Ucraina». Il consigliere alla sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha dichiarato che i due dossier «per noi si muovono su due strade separate». Vero, verissimo. Eppure, detto che dall'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca le relazioni fra Russia e Stati Uniti sono ai minimi storici, il lavoro diplomatico che ha portato a questo scambio dimostra, una volta di più, che il canale di comunicazione è aperto. Sullivan, fra le altre cose, ha confermato che l'America stava lavorando a uno scambio che includesse l'oppositore degli oppositori del Cremlino, Alexei Navalny. Ma «sfortunatamente» Navalny è morto durante le trattative. Secondo la CNN, agli sforzi per liberare Navalny avevano partecipato l'ex proprietario del Chelsea, Roman Abramovich, e l'ex Segretario di Stato americano Hillary Clinton.
Il secondo messaggio
Ma lo scambio, dicevamo, permette alla Russia di abbozzare un sorriso. È stato visto e interpretato, all'interno dei confini, come una vittoria. Perché il Paese, da un lato, si è «liberato» di alcuni dissidenti e oppositori, voci che anche dal carcere in un qualche modo riuscivano a infastidire il Cremlino, e perché, dall'altro, Mosca ha riabbracciato alcuni dei suoi servitori più pericolosi. Uno su tutti: il citato Krasikov, un agente dell'FSB come scrive Interfax. Un agente per il quale, spiega il Wall Street Journal, si sarebbe mosso Vladimir Putin in persona. Per ribadire, appunto, che Mosca non abbandona nessuno ma anche per ricordare all'Occidente che la Russia può rintracciare e uccidere i suoi nemici ovunque. Come fece Krasikov. Giovedì, poco prima della mezzanotte, lo stesso Krasikov e gli altri criminali russi «estratti dalle prigioni occidentali» hanno ricevuto un'accoglienza trionfale, con tanto di tappeto rosso e onori militari, all'atterraggio all'aeroporto Vnukovo di Mosca. Vladimir Putin ha atteso, visibilmente soddisfatto, ai piedi della scaletta. Il primo a uscire è stato proprio l'assassino di Khangoshvili. Come fosse un amico di lunga data, Putin gli ha stretto la mano e lo ha abbracciato forte. Dicendogli «bentornato».