Se Fratelli d'Italia vuole rendere obbligatorio il presepe nelle scuole

I simboli del Natale, è risaputo, sono tanti e diversi. A seconda della cultura, delle tradizioni e della religiosità. Dei Paesi, sì, ma anche delle singole persone e famiglie. E proprio a causa di queste premesse, nella vicina penisola sta facendo parecchio discutere un disegno di legge presentato da Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni, per rendere il presepe obbligatorio nelle scuole. Un tentativo, questo, di istituire un obbligo per la Repubblica italiana di «valorizzare, preservare e tutelare le festività e le tradizioni religiose cristiane come espressione più autentica e profonda dell'identità del popolo italiano».
C'è un problema, però. E anche piuttosto grosso. In primo luogo, la proposta è infatti in contrasto con l'articolo 8 della Costituzione italiana, che prevede il principio di eguaglianza delle confessioni religiose. Il disegno di legge – la cui prima firmataria è Lavinia Mennuni, senatrice del partito di Giorgia Meloni – è infatti chiamato «Rispetto e tutela delle tradizioni religiose italiane». Di fatto, però, riguarda solo il cristianesimo. Ma soprattutto, si oppone fortemente al principio supremo di laicità dello Stato, espresso nella sentenza numero 203 della Corte costituzionale. E c'è di più.
All'articolo 1, la proposta avanzata lo scorso 11 dicembre da Fratelli d'Italia obbligherebbe la Repubblica a trattare le tradizioni e le festività italiane «come espressione più autentica e profonda dell'identità del popolo italiano». Basterebbe fermarsi qui, per trovare nel disegno di legge già importanti contraddizioni con i principi dello Stato. Ma passando all'articolo 2, leggiamo che le scuole avrebbero l'obbligo di accettare «qualunque iniziativa proposta da genitori, studenti o componenti di organi scolastici» che abbia lo scopo di «perpetuare le tradizionali celebrazioni legate al Natale e alla Pasqua cristiana, come l’allestimento del presepe, recite e altre manifestazioni ad essi collegate». E non è finita qui.
«Alla garanzia costituzionale di libertà di religione e di culto non corrispondono né la facoltà, né tantomeno il dovere di ricusazione dei simboli religiosi, storici e culturali, i quali sono espressione valoriale della tradizione identitaria del popolo italiano», continua il testo, sottolineando, ancora una volta, la volontà di rendere un simbolo come il presepe obbligatorio. «Consentire la trasformazione delle Sacre festività cristiane in altra anonima tipologia di celebrazione costituirebbe una discriminazione nei confronti degli alunni e delle rispettive famiglie praticanti la religione maggioritaria oltre che un attentato ai valori e alla tradizione più profonda del nostro popolo».
E ancora: «L'allestimento del Presepe, al pari della preparazione di recite e celebrazioni, non integra alcuna azione d’indottrinamento né, tantomeno, di proselitismo da parte dello Stato italiano e, certo, non determina alcuna discriminazione degli alunni - e delle rispettive famiglie - che osservano altre religioni». Peccato, però, che i successivi punti del decreto parlino di provvedimenti nei confronti dei «trasgressori». Nello specifico, l'articolo 3 afferma che il ministero dell'Istruzione potrà intervenire - addirittura con sanzioni - qualora ciò che prevede l'articolo 2 non venisse rispettato. E inoltre, stando all'articolo 4, chiunque si opporrà a questi obblighi sarà passibile di procedimenti disciplinari «secondo le norme».
Le reazioni
Lo scopo di Fratelli d'Italia, dunque, è quello di «ricordare il profondo significato di umanità e il rapporto che lega all'identità nazionale italiana le festività religiose». In altre parole, il messaggio che il partito di Giorgia Meloni vuole lanciare è molto chiaro: «Il presepe non si tocca». A scuola, soprattutto, deve continuare a essere il simbolo per eccellenza della natività cristiana. Una proposta che, come prevedibile, ha scatenato feroci reazioni. Gianna Fracassi, segretaria CGIL scuola, nel commentare la vicenda ha ribadito fortemente il principio supremo di laicità: «Tutti si devono ricordare che vivivamo in un Paese laico. La scuola è laica. Operazioni come questa che interferiscono tra l'altro con l'autonomia delle scuole non sono accettabili. Sosterremo in tutti i modi il principio dell'autonomia scolastica e della laicità della scuola pubblica. Si rileggano la Costituzione».
Come lei, molti politici di Sinistra hanno espresso il proprio disappunto. Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, ha definito «ridicoli» i membri di Fratelli d'Italia, sottolineando come vogliano «vietare per legge tutto quello che non piace a loro». Nicola Frantoianni, segretario nazionale di Sinista italiana, ha invece contestato la proposta sui social. «Alla faccia dello Stato laico», ha scritto sul suo profilo Facebook. «E alla faccia di cittadine e cittadini, sempre più in difficoltà - prosegue il leader di SI - tra stipendi da fame, sanità al collasso e carovita, che devono sentire questo governo disquisire sugli addobbi di Natale. Davvero assurdo».
Lavinia Mennuni, però, non ha perso tempo e si è affrettata a difendere la sua proposta, spiegando le motivazioni che starebbero alla base: «Da qualche anno assistiamo ad inaccettabili e imbarazzanti decisioni di alcuni organi scolastici che vietano il presepe nelle scuole o ne modificano l’essenza profonda modificando ad esempio la festa del Natale in improbabili festività dell’ inverno per non offendere i credenti di altre religioni. Con la proposta di legge che ho presentato e che è stata firmata da molti parlamentari, non sarà più possibile cancellare il presepe, il Natale e la Pasqua all’interno degli istituti scolastici italiani di ogni ordine e grado. È assolutamente fondamentale salvaguardare e tutelare quelle che sono in fondo le nostre radici culturali che nel presepe hanno un altissimo esempio».
Se Gesù diventa «cucù»
E parlando di presepi, nelle scorse ore ha fatto molto discutere anche una vicenda avvenuta in una scuola di Padova. Durante una recita di Natale, alcune maestre hanno infatti deciso di sostituire «Gesù» con «Cucù» in una canzoncina. Un tentativo, questo, per venire incontro ai diversi orientamenti religiosi dei bambini, ma che ha invece scatenato forti critiche. Ad esprimere la sua indignazione per la modifica del testo della canzoncina natalizia è stato anche il Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, secondo il quale «l'avvenuta modifica in maniera artificiosa di una canzone di Natale nel nome di una teorica voglia di inclusione e rispetto è un grave errore: pensare di favorire l'accoglienza cancellando i riferimenti alla nostra religione, alla nostra identità, alla cultura che da secoli e secoli caratterizza il Veneto è un gesto che non possiamo accettare».
Il presidente del Veneto ha inoltre fatto leva sul fatto che si trattasse di una canzone, «e non di una preghiera». «L'imposizione di una preghiera a bambini di altra fede potrebbe certamente essere subita come una forzatura. Ma questo è un testo musicale, con un profilo identitario», ha aggiunto, definito quanto accaduto come «incomprensibile».