Uguaglianza

Se le molestie sul lavoro arrivano fino in Antartide

Nella base di ricerca australiana del continente, molte donne hanno lamentato di lavorare in condizioni critiche e di essere state vittime di abusi – Il problema era già emerso nel 2017 nel Programma antartico statunitense
Federica Serrao
30.09.2022 17:15

Antartide. Anche in quello che viene ritenuto, per eccellenza, il luogo più remoto e inospitale del mondo, si parla di molestie sul lavoro. Circa 80 stazioni di ricerca, in cui si contano 5.000 persone in estate e appena 1.000 in inverno. Poche anime, se pensiamo ai grandi numeri che siamo abituati ad avere attorno. Eppure, i disagi sono arrivati anche a quelle latitudini. Tra ghiaccio e neve, dove gli uffici delle risorse umane distano, nel migliore dei casi, "solo" 4.000 chilometri di distanza.

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Se ne parla già da anni

Negli ultimi giorni, una revisione esterna della cultura delle stazioni di ricerca antartiche, commissionata dall'Australian Antarctic Division (ADD), ha rivelato che alcune donne, dipendenti della base di ricerca australiana, hanno subito molestie sessuali diffuse. A darne notizia per prima è stata la statunitense ABC, ma ben presto la notizia è stata divulgata anche da altre importanti testate. E, approfondendo la questione, ciò che emerge è che prima ancora del rapporto divulgato negli scorsi giorni, l'Antartide era già finita nell'occhio del ciclone per la segnalazione di molestie sul lavoro. Bisogna però fare un passo indietro al 2017 per risalire all'articolo pubblicato da Science, in cui si legge di accuse di abusi subite dalle geo scienziate impegnate a lavorare nel continente. Da quell'anno, il famoso movimento #MeToo prese piede anche nella terra più isolata al mondo. Una geologa statunitense - riporta The Conversation - nell'ottobre del 2017 raccontò di terribili molestie subite durante la sua permanenza in Antartide negli anni '90. La donna confessò tutto solamente a distanza di 17 anni, per paura che, raccontando la sua esperienza, la sua carriera potesse venir compromessa. Alla fine, venne condotta una lunga indagine che portò al licenziamento del suo supervisore di dottorato e al cambiamento del nome di un ghiacciaio che portava il suo nome. Ma si trattava solo dell'inizio. Più recentemente, come si legge ancora su The Conversation, un altro rapporto pubblicato su commissione della National Science Foundation ha confermato la presenza di comportamenti molesti sul continente. Nel dettaglio, il 72% delle donne intervistate ha sottolineato come le molestie sessuali siano, a tutti gli effetti, un problema del Programma antartico statunitense. E ora, a quanto pare, anche di quello australiano. 

Dalle battutine agli insulti a sfondo sessuale

Contatti fisici e gesti non richiesti. Battutine, allusioni e commenti a sfondo sessuale. Domande invadenti, insulti o prese in giro a sfondo sessuale. Ma anche inviti e richieste non gradite, ed esposizione di materiale offensivo o pornografico. È quanto si legge nella lista dei comportamenti molesti segnalati nel corso dell'indagine australiana. «Le ricercatrici in Antartide non pensano che le stazioni in cui lavorano siano sicure. E addirittura, trovano sia immorale continuare a inviare altre donne fino a quando la situazione non sarà migliorata». Questo è solo uno dei punti cruciali su cui porta l'attenzione la professoressa Meredith Nash, autrice del rapporto completato a inizio 2022. «Penso che, arrivati a un certo livello, non sia etico continuare a cercare di incoraggiare le donne a entrare in campi dominati da uomini, se non possiamo garantire loro la sicurezza necessaria», ha confessato la professoressa ad ABC

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Ghiaccio, neve e molestie

Lavorare in un ambiente dove non ci si trova a proprio agio, va da sé, può rendere la propria professione un vero e proprio inferno. Nel caso delle ricercatrici in Antartide, la situazione è resa peggiore dall'impossibilità di sfuggire alle molestie. Come si può ben immaginare, vivere e lavorare in un luogo così isolato rende ancora più difficile sopportare gli abusi, e soprattutto evitarli. Non a caso l'Australian Antarctic Division, che gestisce quattro delle stazioni permanenti in Antartide e nel sub-Antartico, descrive ognuna di queste località come "una piccola città". Una piccola città, sì, ma isolata dal resto del mondo. Basti pensare che il polo sud è un territorio talmente vasto da distare mille e più chilometri dal punto abitato più vicino. E in mezzo, comunque, ci sono sempre ghiaccio e oceani. «Le donne che lavorano nei campi di ricerca hanno la sensazione di non poter fuggire o ricevere un aiuto immediato, proprio a causa dell'ambiente remoto e isolato in cui si trovano», specifica la professoressa Nash. «Sono costrette a lavorare con i loro aguzzini per settimane intere. Perché, semplicemente, non possono andarsene». Addirittura, in alcuni casi, viste le dinamiche di potere, queste donne non riescono nemmeno a sporgere denuncia o a chiedere aiuto e assistenza, come farebbero più facilmente se si trovassero in un altro Paese o continente. Senza nulla togliere all'ulteriore paura di rimanere escluse da future spedizioni, qualora si parlasse degli abusi subiti. 

Dover nascondere le mestruazioni

E non finisce qui. Un'altra situazione molto criticata, segnalata dal rapporto, è quella inerente al ciclo mestruale. Sembrerebbe infatti che in passato le ricercatrici dell'Antartide fossero costrette a razionare con precisione il numero di assorbenti e tamponi, poiché ne disponevano in quantità molto limitate. La professoressa Nash ha dichiarato che al momento sono state rese disponibili scorte gratuite di prodotti per la mestruazioni, ma il problema non sembra tuttavia essersi del tutto dissolto. A complicare la vicenda ci sono altri aspetti, tra cui spicca la necessità delle donne di tenere nascoste le proprie mestruazioni, per paura di essere giudicate incompetenti dagli uomini. Nell'inchiesta australiana emerge infatti che, in più occasioni, le donne hanno fatto di tutto per rendere "invisibili" le proprie mestruazioni. Una preoccupazione che deriva dalle condizioni di disagio con cui devono convivere. Tra le segnalazioni, ci sono state infatti testimonianze di donne costrette a cambiare assorbenti e prodotti per il ciclo mestruale in servizi igienici inadeguati, o in ambienti che non ne rispettavano la privacy. Così come sono state riscontrate altre situazioni di disagio, come quella di dover portare con sé per un lungo tempo un tampone insanguinato, o l'impossibilità di cambiarlo, rimanendo obbligate a indossare un assorbente per molte più ore di quanto raccomandato. 

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La paura di collaborare

Alla luce dei fatti, la ministra dell'ambiente australiana, Tanya Plibersek, si è detta «sbalordita» dal rapporto, chiedendo immediatamente di adoperarsi per favorire un cambiamento culturale nel continente. Sempre all'emittente statunitense ABC, la ministra ha dichiarato di avere tolleranza zero per le molestie nei luoghi di lavoro di cui è responsabile. «Sono rimasta sbalordita nel leggere alcuni rapporti che parlano di materiale pornografico appeso alle pareti. Pensavo che avessimo ormai sradicato questi comportamenti dagli australiani già decenni fa». Tuttavia, la ministra è stata chiara. «Dobbiamo assicurarci che ogni persona che lavora nella sede centrale o nell'Antartico si senta al sicuro, e che in caso di reclami, possa raccontare quanto vissuto senza il timore di essere vittimizzata», aggiunge. Non a caso, alcune delle donne vittime di molestie non se la sono sentita di contribuire al rapporto, proprio perché temevano di essere prese di mira o di non poter più partecipare ad alcuna spedizione futura. 

L'Antartide è «un posto per maschi»?

Un dubbio, però, rimane. Com'è possibile che anche nel territorio antartico si verifichino episodi così spiacevoli? Stando a quanto si legge su The Conversation, nel continente avvenimenti di questo tipo sono il risultato della combinazione di fattori storici, culturali e relazionali. Fin dall'inizio delle spedizioni, l'Antartide è sempre stata il simbolo della resistenza maschile. Basti pensare che fino ai primi anni Ottanta, Stati Uniti, Regno Unito e Australia negavano alle donne di accedere al continente. Quarant'anni dopo, qualcosa è cambiato. Ma non abbastanza. Oggi, in Antartide lavorano diverse donne, ma la maggior parte delle spedizioni antartiche rimane ancora guidata dagli uomini. Le squadre, poi, spesso sono piccole, e questo complica ulteriormente le cose. Oltretutto, dall'ultimo rapporto si evince anche la presenza di una cultura omofoba in alcune delle stazioni di ricerca presenti sul continente. Molte volte, quando si pensa all'Antartide ci si immagina solamente un luogo remoto e inospitale, lontano geograficamente e culturalmente. Vicende come questa ci mostrano un'altra verità. E ci dimostrano che a volte non sono ghiaccio, neve e temperature estreme a fare dell'Antartide un posto così inospitale.