Se l'Unione Europea non abbandona il GNL russo
Da una parte, i leader europei si sono vantati. A giusta ragione. «Abbiamo ridotto la dipendenza dal gas russo». Ottimo. Dall’altra, tuttavia, non è stata raccontata un’amara verità: mentre le forniture di gas naturale tramite gasdotto sono diminuite drasticamente dall’inizio della guerra, quella di gas naturale liquefatto o GNL dalla Russia verso l’Unione Europea sono, addirittura, aumentate del 46% su base annua nei primi nove mesi del 2022. A dirlo non siamo noi, ma i dati della Commissione Europea citati da Politico.
I numeri
Il rischio, evidentemente, è che Vladimir Putin sfrutti questa «nuova» arma per mettere pressione all’Europa. L’idea, sostenuta più o meno con forza dai 27 Stati membri, è sempre stata una: ridurre, se non tagliare del tutto, gli acquisti di combustibili fossili. E questo perché, come noto, la Russia finanzia la sua guerra anche attraverso la vendita di energia. «Dobbiamo tagliare le entrate della Russia, che Putin usa per finanziare la sua atroce guerra in Ucraina» aveva dichiarato, una volta ancora, a settembre la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Se è vero, come detto, che i tagli alla fornitura tramite gasdotti sono stati drastici, vuoi perché l’Europa ha imparato a diversificare le fonti di importazione, vuoi perché la Russia ha limitato i flussi, è altrettanto vero che il GNL ha seguito un percorso differente. Tra gennaio e settembre 2022, ha riferito Politico, i Paesi dell’UE hanno importato 16,5 miliardi di metri cubi di GNL russo. Nello stesso periodo, nel 2021, i miliardi di metri cubi erano «solo» 11,3. Un aumento modesto, indubbiamente, quantomeno rispetto al calo delle importazioni classiche di gas: da 105,7 a 54,2 miliardi di metri cubi nel periodo considerato.
Detto ciò, si tratta comunque di un aumento tanto, troppo incoerente rispetto alle parole dei leader europei. Un aumento che, appunto, potrebbe anche portare a nuove tensioni con il Cremlino.
Chi è Novatek?
A usufruire maggiormente di GNL russo sono stati Francia, Paesi Bassi, Belgio e Spagna. La provenienza? Novatek, società che gestisce il terminale Yamal in Siberia. Società, manco a dirlo, di cui il colosso francese TotalEnergies è azionista. Anche in questo caso, un taglio delle importazioni è stato frenato, in parte, da contratti a lunga scadenza sottoscritti da molte nazioni. Soltanto Regno Unito e Lituania hanno rinunciato al GNL made in Russia.
Novatek, rispetto a Gazprom, risulta essere una società indipendente. Indipendente ma, leggiamo, con forti legami (tramite azionariato) con Mosca. Ergo, può essere manovrata anche per scopi politici.
C’è, in tutto questo, anche un discorso di pura convenienza. Secondo gli studiosi, infatti, tagliare completamente il GNL russo comporterebbe, per l’Europa, maggiori acquisti di GNL in altre parti del mondo. Con i prezzi, di riflesso, che aumenterebbero. Creando un cortocircuito negativo non soltanto per l’UE ma anche, se non soprattutto, per le nazioni più povere.
Rischi e questione morale
Dunque, come la mettiamo? Putin, dicevamo, potrebbe usare il GNL come strumento geopolitico. Proprio come ha fatto con il gas. Il Cremlino, ad esempio, potrebbe bloccare le esportazioni verso Paesi considerati ostili. Continuando, invece, la sua «opera di bene» in Asia dove molte nazioni soffrono di gravissime carenze energetiche.
Una mossa non priva di conseguenze, appunto, anche perché l’Europa potrebbe affrontare un divario di approvvigionamento di gas fino a 30 miliardi di metri cubi la prossima estate, durante la stagione di riempimento dei serbatoi.
Dall’Ucraina, però, è arrivato un invito chiaro: un embargo completo sui combustibili fossili russi è, innanzitutto, una questione morale.