L'analisi

Se Vladimir Putin torna a interferire con la politica americana

Dalla «persecuzione» di cui sarebbe vittima Donald Trump agli elogi a un uomo d'affari «attivo e di talento» come Elon Musk: il leader del Cremlino ha rivolto nuovamente lo sguardo verso Occidente parlando di «ipocrisia della democrazia americana»
© Roscongress Foundation
Marcello Pelizzari
13.09.2023 11:45

Vladimir Putin è tornato. A parlare di politica americana, si intende. Lo ha fatto martedì, dall'Estremo Oriente russo, a Vladivostok, durante un forum economico durante il quale, teoricamente, avrebbe dovuto solo parlare del rublo e di investimenti interni. E invece, il leader del Cremlino ha parlato (anche) di Donald Trump – bollando come persecuzione politica le sue grane legali – ed Elon Musk. Non è una novità, certo. Per anni, Putin ha sfruttato le polarizzazioni dei Paesi occidentali. Facendo capire, in maniera esplicita, ai conservatori all'estero di essere allineato a loro. Perfettamente allineato, anche.

Putin, a questo giro, ha letteralmente dato una spinta al fronte repubblicano che, da mesi oramai, protesta contro le continue incriminazioni del tycoon. Lo stesso Trump, a maggior ragione quando era alla Casa Bianca, non ha mai nascosto una certa ammirazione per il presidente russo. E lo stesso dicasi per molti esponenti del Partito Repubblicano. Putin, nello specifico, ha dichiarato che i 91 capi d'accusa cui Trump, in quattro cause separate, deve rispondere rappresentano, citiamo,  «la persecuzione di un rivale per motivi politici». Un assist, a detta di Putin, che permetterà alla Russia di esporre al mondo i problemi interni degli Stati Uniti e, di nuovo, l'ipocrisia della democrazia americana: «Date le condizioni odierne, quello che sta accadendo è positivo per noi, a mio parere, perché dimostra il marcio del sistema politico americano, che non può pretendere di insegnare la democrazia agli altri». Logico, e scontato, l'applauso della sala. Come logico, e scontato, è stato l'aggancio con la guerra in Ucraina. Il vero nemico, ha ribadito Putin, non è Kiev ma «il volto bestiale dell'imperialismo americano».

Non solo, Putin ha detto di non avere chissà quali aspettative circa un ritorno alla Casa Bianca di Trump. O meglio: i rapporti fra Mosca e Washington rimarrebbero tesi anche con il tycoon di nuovo alla presidenza. E questo perché, ha aggiunto il leader del Cremlino, l'attuale governo «ha configurato la società americana in modo e spirito così antirussi».

I repubblicani si infervorano

Le parole del presidente russo, in America, sono state respinte (per fortuna, verrebbe da dire) da molti esponenti di spicco del Partito Repubblicano. Così l'ex vicepresidente Mike Pence, ad esempio: «I principi fondanti dell'America resisteranno sempre alla prova del tempo e l'opinione di Vladimir Putin sulla nostra repubblica costituzionale non ha alcun valore negli Stati Uniti». Quindi, la stoccata: «Putin dovrebbe essere più preoccupato per la rapidità con cui il suo esercito è passato dall'essere il secondo più potente al mondo al secondo più potente in Ucraina». Lindsey Graham, senatore su cui Mosca metterebbe volentieri le mani, da sostenitore di Trump ma anche degli aiuti militari all'Ucraina ha ribadito che i processi in corso contro Trump sono «parte della democrazia». E che tutti, presto o tardi, dovranno rispondere ai propri elettori.

Chris Christie, ex governatore del New Jersey, in corsa contro Trump nelle primarie repubblicane, ha usato l'arma dell'ironia: «È bello vedere che Vladimir Putin ha ufficializzato il suo appoggio, ma non c'è da sorprendersi: ha appoggiato un altro autocrate».

Le esternazioni di Putin sono l'ultimo capitolo di un'interferenza che, in modi più o meno diretti, si trascina da anni, più o meno da quando il Cremlino ha appunto interferito con le presidenziali del 2016, diffondendo disinformazione online (anche tramite la famigerata fabbrica di troll di Yevgeny Prigozhin) e hackerando le e-mail del Comitato nazionale democratico e del direttore della campagna elettorale di Hillary Clinton, la rivale di Trump.

Fronte opposto, le simpatie di Trump per il Cremlino non sono mai state celate durante la sua permanenza alla Casa Bianca. Addirittura, durante un vertice del 2018 a Helsinki, poco dopo la fine della Coppa del Mondo di calcio in Russia, l'allora presidente statunitense disse di fidarsi di Putin più di quanto si fidi dei servizi segreti americani. Una narrazione, questa, rispolverata dopo aver perso le elezioni del 2020. Suggerendo, ancora una volta, di aver fatto bene a fidarsi di Putin e non dei «criminali» dell'intelligence statunitense e dell'FBI. All'epoca, nel 2018, l'atteggiamento di Trump nei confronti di Putin in Finlandia venne definito ruffiano.

L'apparenza ad ogni modo, come ricorda il New York Times, spesso inganna. Trump, infatti, pur esprimendo una certa simpatia nei confronti di Putin e della Russia durante il suo mandato riempì la sua amministrazione di veri e propri falchi anti-Mosca. Continuando a promuovere una politica punitiva nei confronti del Cremlino per le sue interferenze nel 2016. Di più, mantenne un vasto regime di sanzioni e definì la Federazione Russa una grande potenza «concorrente». Rivale, insomma.

Musk, Starlink e gli affari

E Musk? Ce n'eravamo dimenticati: Putin, dicevamo, lo ha elogiato. Definendolo un uomo d'affari di talento. «Quando si tratta di affari privati, Elon Musk è, senza dubbio, una persona eccezionale, bisogna ammetterlo. Ma credo che tutti lo ammetterebbero, in tutto il mondo. È un uomo d'affari attivo e di talento». Parole queste, che ricordano quelle adoperate da Putin nei primi giorni di campagna di Trump. Una persona, pure lui, «brillante e di talento» agli occhi del leader del Cremlino.

Un'ammirazione, evidentemente, legata a doppio filo alle posizioni di Musk rispetto alla guerra in Ucraina, a immagine del piano di pace presentato tempo fa che richiamava (e non poco) la prospettiva del Cremlino sul conflitto e sul mondo. La scorsa settimana, invece, il miliardario patron di Tesla, SpaceX e X ha fatto parlare di sé per via di una sua nuova biografia. Biografia nella quale l'autore, Walter Isaacson, afferma che Musk, lo scorso anno, avrebbe sospeso la fornitura di Starlink – il sistema di SpaceX che fornisce Internet via satellite – nei pressi dell’area costiera della Crimea. E questo per evitare che l’esercito ucraino conducesse un attacco con droni sottomarini contro alcune navi militari della Russia, con il rischio di inasprire ulteriormente il conflitto o provocare una reazione esagerata di Mosca. Lo stesso Musk ha pubblicato una serie di post spiegando che, nel periodo menzionato, Starlink non è stato disattivato in Crimea. Semplicemente, aveva ricevuto una richiesta per attivare il servizio fino a Sebastopoli: «Se avessi acconsentito a questa richiesta, allora SpaceX sarebbe stata complice in un atto di guerra e in una escalation del conflitto». Si spiegano anche così, appunto, i complimenti di Putin.

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