Il caso

Shell fa il pieno di benzina su Fortnite: «È la mossa disperata di un'azienda morente»

Il colosso petrolifero avrebbe pagato influencer per promuovere l'uso del carburante tra le nuove generazioni, ma «i giovani non credono a certe stron***e»
Michele Montanari
09.10.2023 13:59

Cosa c’entra Fortnite con la benzina? Il videogioco battle royale, da anni vero e proprio fenomeno di massa, è diventato un campo virtuale per la promozione di carburante. Lo sostiene il centro di ricerca e informazione non profit Media Matters for America che ha recentemente accusato Shell di collaborare con famosi streamer di videogiochi seguiti da milioni di giovani per promuovere i combustibili fossili tra le nuove generazioni.

Il colosso petrolifero dalla scorsa estate avrebbe collaborato con videogiocatori attivi su Fortnite, pagandoli per aderire sui loro canali social all’iniziativa Shell Ultimate Road Trips, parte di una campagna di marketing per promuovere la benzina chiamata V-Power Nitro+

Shell si sarebbe rivolta ai creatori di contenuti videoludici su più piattaforme online, chiedendo loro di fare il pieno ai veicoli virtuali presenti in Fortnite nelle stazioni di servizio piazzate nel videogioco e di condividere i filmati di gameplay (o gli screenshot) con l'hashtag #Shellroadtrips. All'interno del gioco, la benzina V-Power Nitro+ permette di migliorare le prestazioni delle auto, spingendo così giocatori a rifornirsi ai distributori di carburante virtuali targati Shell. Non sembra che Epic Games, il publisher di Fortnite, sia coinvolto nell'operazione, in quanto la «modalità creativa» presente nel noto battle royale  permette agli stessi utenti di progettare mappe e tipologie di gioco da condividere con la community. Inoltre il logo di Epic Gmes non è presente nella campagna lanciata da Shell e il nome dell'azienda statunitense non viene mai citato.

Media Matters for America ha identificato almeno sei streamer (dai nickname Punisher, NateHill, Chica, brookeab, Astrobounder e Grady_Rains) che hanno aderito alla campagna per un seguito totale di oltre 5,5 milioni di follower su Twitch: i filmati avrebbero generato oltre un milione di visualizzazioni. Ma non solo Twitch, gli influencer in questione sono attivi anche su altri social media, con un totale di 1,5 milioni di follower su Instagram, 8,5 milioni su TikTok e 11,6 milioni su YouTube.

Allison Fisher di Media Matters for America, citata dal Guardian, ha dichiarato: «Il marketing di Shell rivolto ai giovani è un altro esempio di come le grandi compagnie petrolifere mettano i profitti al di sopra delle persone e del pianeta, nonostante sia noto da decenni che il prodotto che vendono è responsabile della crisi climatica. I regolatori negli Stati Uniti e in Europa stanno reprimendo sempre di più la tattica dell’industria dei combustibili fossili di praticare il greenwashing o spacciare i loro prodotti per ecosostenibili. Questa nuova campagna sembra voler ripulire l'immagine di un prodotto dannoso per il clima attraverso gli influencer, puntando sul loro target, ossia quelli più preoccupati per la crisi climatica». Fisher, a tal proposito, ha citato uno studio del 2021 pubblicato sul Lancet, condotto su 10 mila giovani di età compresa tra 16 e 25 anni: la quasi totalità di loro si è detta preoccupata per il cambiamento climatico, mentre il 75% degli interpellati ha ammesso di essere spaventato per il proprio futuro.

Anche i membri del Sunrise Movement hanno criticato il tipo di promozione utilizzato da Shell. Il direttore esecutivo del movimento attivo nelle politiche a favore del clima, Aru Shiney-Ajay, ha parlato di «un’altra mossa disperata da parte di un’azienda morente». Aggiungendo: «La generazione Z conosce la verità sull’industria dei combustibili fossili e aziende come Shell lo sanno. Questo è solo l’ultimo tentativo per cercare di sopravvivere. Gli studenti hanno finito di credere a certe stron***e e ora rivendicando il proprio potere», facendosi sentire nelle scuole, come negli uffici della politica. Shell, interpellata dal Guardian, non ha voluto commentare le accuse. L'amministratore delegato della compagnia petrolifera, Wael Sawan, lo scorso luglio aveva affermato che sarebbe «pericoloso e irresponsabile» tagliare la produzione di combustibili fossili. Questo mentre Shell rendeva noti profitti trimestrali da oltre 5 miliardi di dollari.

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