Si ribella in diretta, e ora rischia grosso
Dopo ore di silenzio, oggi pomeriggio Marina Ovsyannikova è ricomparsa. La giornalista è stata rilasciata e costretta a pagare una multa, dopo un gesto coraggioso, quasi inedito nella Russia anestetizzata dalla propaganda. Ieri era intervenuta nell’edizione serale del telegiornale sulla TV di Stato, Channel One. In mano un cartello in inglese con un «no» alla guerra e, sotto, in russo, un messaggio rivolto al «suo» pubblico: «Non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo». Qualche ora prima, la reporter aveva postato sul suo account Facebook un breve video in cui condannava l’invasione in Ucraina e la propaganda dell’emittente per la quale lavorava: «Purtroppo, negli ultimi anni ho lavorato per Channel One», ha detto nel videomessaggio. «Ho fatto propaganda al Cremlino e me ne vergogno molto: ho lasciato che le persone mentissero dagli schermi TV e ho permesso al popolo russo di essere zombificato. Non abbiamo detto nulla nel 2014, quando il conflitto era iniziato. Non abbiamo protestato quando il Cremlino ha avvelenato Navalny. Abbiamo semplicemente osservato in silenzio questo regime disumano».
Ribellione in «prime time»
Ovsyannikova è ricomparsa oggi in tribunale, accompagnata da un avvocato. Dopo essere stata condannata a pagare una multa di 30 mila rubli, la donna è stata rilasciata. Almeno per il momento. «Sono stati i due giorni più difficili della mia vita», ha detto all'uscita del tribunale. «Mi hanno interrogata per più di 14 ore e non lasciavano che contattassi i miei cari. Non mi hanno concesso nessuna assistenza giuridica». Per la giornalista, però, il peggio potrebbe arrivare nei prossimi giorni. La Magistratura ha infatti aperto un’indagine, e la reporter rischia fino a 15 anni di carcere.
«Coraggiosa, ma kamikaze»
Il suo gesto, nel frattempo, ha fatto il giro del mondo. «La prima cosa che ho notato, guardando quelle immagini, è l’incredibile coraggio di questa giornalista», dice Bertil Cottier, presidente della sezione svizzera di Reporter senza frontiere. «Sapeva perfettamente, dopo il giro di vite deciso dalla Duma, cosa stava rischiando. Eppure non si è fermata». Non solo, Ovsyannikova ha scelto il ‘‘prime time’’, la fascia oraria con il maggior numero di telespettatori collegati, per mostrare il cartellone. «A testimonianza dell’incredibile volontà di questa donna nel tentare di raggiungere il pubblico più ampio possibile con il suo messaggio. Lo ha fatto in un Paese dove questi messaggi normalmente non passano. E certamente non sulla TV pubblica». Un gesto coraggioso, che potrebbe costarle caro. «In effetti, la seconda cosa che ho pensato - prosegue Cottier - è che è stata un’operazione kamikaze. Marina Ovsyannikova potrebbe perdere tutto. L’obiettivo delle autorità è far sì che l’opinione pubblica si dimentichi in fretta di lei. Per evitare che il suo caso abbia un’eco e che possa essere d’esempio ad altri».
Il malcontento c’è, eppure...
Il gesto della reporter, sostiene Cottier, «potrebbe far presa su quella fascia della popolazione che nutre perplessità sulla guerra». E tradursi «in un primo passo per costruire una coscienza più critica nei confronti del Cremlino». Eppure, secondo il professor Paolo Calzini, esperto di politica russa e già docente di Relazioni internazionali alla Johns Hopkins University di Bologna, l’azione di Ovsyannikova potrebbe non sortire l’effetto sperato. «È senz’altro sintomatico del disagio che il ceto medio, soprattutto le nuove generazioni, cova nei confronti del regime. Ma non per questo deve essere inteso come un gesto rappresentativo di una tendenza diffusa. Anzi, ha tutta l’aria di un’azione isolata. O comunque non tale da far ipotizzare una contrarietà diffusa della popolazione». La guerra, ricorda il professore, «è piombata addosso ai russi in maniera improvvisa, lasciandoli scioccati. Da un lato, perché si tratta di un conflitto fratricida, contro una nazione sorella come l’Ucraina. Dall’altro, perché le sanzioni iniziano a pesare sullo stile di vita della popolazione. L’esodo di massa del grande business internazionale e lo stop dei voli stanno condizionando il quotidiano della gente, perlomeno nelle grandi città. E questo accresce il malcontento». Tuttavia, evidenzia Calzini, «non dobbiamo dimenticare che la Russia è un grande Paese, con 140 milioni di abitanti. E la popolazione urbana non è la stessa della provincia». Le zone rurali, la Russia profonda, hanno infatti uno stile di vita ben diverso, meno occidentalizzato.
Conseguenze limitate
Il dissenso potrebbe dunque faticare ad allargarsi alla maggioranza della popolazione. «Putin si trova ora in una posizione complicata, e per quanto spietato, dovrà fare qualche ragionamento», sostiene Calzini. «Ma il gesto della giornalista, per quanto coraggioso, ha una portata limitata. Per sortire qualche effetto su Putin, la pressione dovrebbe arrivare dai vertici del potere. Dai servizi di sicurezza, o dai militari. Al momento, invece, non paiono esserci i presupposti per innescare una rivolta dal basso».