Sommergibile Titan: ecco che cosa sappiamo sui mezzi utilizzati nella ricerca
Continuano le ricerche del Titan, il sommergibile scomparso nell'area dove, il 15 aprile 1912, affondò il transatlantico Titanic. Partito nelle prime ore di domenica, il mezzo — progettato da OceanGate insieme a ingegneri della NASA — ospitava cinque persone. La lista dei nomi, non confermata ufficialmente, è stata ricostruita dai giornali anglosassoni: sul sommergibile si troverebbero Paul-Henry Nargeolet (esperto del Titanic, ha già guidato sei spedizioni sul relitto), il miliardario britannico Hamish Harding, il CEO di OceanGate Stockton Rush, l'uomo d'affari pakistano Shahzada Dawood e suo figlio Suleman.
I media statunitensi hanno fatto sapere poche ore fa, citando una nota del governo, che le sonde impiegate nella ricerca hanno captato dei «colpi» nell'area, suoni ripetuti ogni 30 minuti. Il documento non chiarisce quando i rumori siano stati uditi, per quanto tempo o cosa possa averli causati, ma l'identificazione del feedback acustico «aiuterà a indirizzare le risorse di superficie». Uno sforzo, quello messo in campo da autorità statunitensi e canadesi, impressionante. Quanti e quali sono i mezzi utilizzati nella ricerca? E come possono aiutare a salvare il Titan e i suoi occupanti? Facciamo chiarezza.
Fra superficie e profondità
Ritrovare un mezzo come il Titan rappresenta una sfida unica. La ricerca, per ovvie ragioni, non si svolge semplicemente in un'area, ma assume tre dimensioni: va in profondità. Per questo, gli sforzi sono duplici. Da una parte si guarda in superficie, con la speranza che il sommergibile sia risalito ma che, per qualche motivo, non abbia più la possibilità di comunicare e trasmettere la propria posizione. Dall'altra — e qui le cose si fanno ancora più complesse — si guarda verso gli abissi. E se il Titan si trovasse incastrato, da qualche parte, sul fondo del mare, ancora integro?
Attualmente, per le ricerche in superficie, sono utilizzate navi e aerei delle Guardie costiere statunitensi e canadesi, oltre a due mezzi privati legati all'azienda OceanGate. Nei cieli, riferiscono i media americani, si trovano almeno un P-8 Poseidon (aereo da pattugliamento marittimo dotato di rilevamento acustico di profondità) e un CP-140 Aurora (conosciuto anche come P-3 Orion): un quadrimotore impiegato per la lotta antisommergibile e il primo mezzo ad avere identificato i «colpi». A questi si aggiungono almeno quattro C-130 Hercules (quadrimotore usato per il trasporto tattico militare).
Numerose, in mare, le navi impegnate nell'operazione. Possiamo nominare la CCGS Kopit Hopson 1752, rompighiaccio della Guardia costiera canadese, che da subito ha raggiunto la Polar Prince (la nave ammiraglia dell'azienda OceanGate che, domenica, aveva sganciato nelle acque il Titan) sul luogo delle ricerche. A queste si sono aggiunte nelle ultime ore almeno altre quattro navi della Guardia costiera canadese (John Cabot, Ann Harvey, Terry Fox, Atlantic Merlin).
Un'altra nave privata, la Horizon Arctic (di proprietà della Horizon Maritime, comproprietaria di Polar Prince) è stata inviata sul posto. La HMCS Glace Bay, riferisce invece il Wall Street Journal, dovrebbe arrivare nelle prossime ore: questa nave dispone di un team di esperti di medicina subacquea e di una camera di ricompressione iperbarica mobile.
Con questa serie di mezzi — secondo dati diffusi questa notte (tardo pomeriggio, ora locale) dal capitano della Guardia costiera statunitense Jamie Frederick — è stata perlustrata un'area di circa 19.700 chilometri quadrati (un'area più grande dello Stato del Connecticut). Senza risultati.
E le operazioni in profondità? Delle sonoboe (boe sonar) sono state rilasciate nell'area interessata. L'obiettivo è rilevare gli impulsi acustici emessi nell'ambiente dal Titan. Intanto, i ROV (veicoli a controllo remoto) permettono di esplorare gli abissi. Ma, al di là dei «colpi» ritmici, nulla ancora è stato scoperto su che fine abbia fatto il sommergibile.
I ROV e il sollevatore FADOSS
Ma come funzionano i ROV? I Remotely Operated Vehicles (conosciuti in italiano come sottomarini a comando remoto) sono, in poche parole, droni subacquei. Pilotati a distanza da un equipaggio in superficie, i ROV vengono lanciati e ritratti tramite un cavo. Se dovessero riuscire a trovare il sommergibile, questi mezzi potrebbero — in teoria — collegarlo ad altri cavi e permettere la sua sollevazione. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Unitasi ieri alle ricerche, anche la nave posatubi Deep Energy, dotata di ROV in grado di scender per 3 mila metri negli abissi, non potrà verosimilmente fare nulla se il sommergibile dovesse aver toccato le profondità dove si trovano i resti del Titanic (circa 3.800 metri sotto il livello del mare). A conti fatti — gli esperti sono concordi — i veicoli in grado di operare in queste condizioni sono pochi, pochissimi.
Uno è il ROV in dotazione alla Marina statunitense, il CURV-21 (Cable-controlled Undersea Recovery Vehicle), ma non è chiaro attualmente se il mezzo sia stato impiegato nelle ricerche. Un altro è il Victor 6000, ROV francese utilizzato per la ricerca oceanografica in grado di lavorare a 4000 metri di profondità. Il veicolo a controllo remoto sta viaggiando in questo momento — a bordo della nave Atalante — verso il luogo delle ricerche e dovrebbe giungervi in serata.
Per sollevare il Titan, pesante 10 tonnellate, servirà tuttavia una potenza non indifferente. Per questo, ha spiegato la marina statunitense a CBC News, sul luogo è stato inviato un sollevatore di navi, il Flyaway Deep Ocean Salvage System (FADOSS), un mezzo usato in passato in combinazione con il CURV-21.