«Sono un turista»: ma la visita di Donald Trump Jr. in Groenlandia fa discutere
Un viaggio «personale». Anche se, viste le parole del padre, è difficile pensare che lo sbarco di Donald Trump Jr. in Groenlandia non abbia nulla a che vedere con le mire del presidente eletto. Il quale, per intenderci, è tornato a insistere, con forza, su un concetto: gli Stati Uniti dovrebbero prendere possesso di questo territorio artico, appartenente al Regno di Danimarca ma con ampie autonomie. Da Copenaghen, per l'ennesima volta, è arrivato un monito: «La Groenlandia è dei groenlandesi». Ma Donald Trump, appunto, non vuole sentire ragioni.
Ieri, martedì, Trump Jr. è arrivato in Groenlandia accompagnato da forti, fortissime polemiche e tensioni. Proprio perché papà Donald ha espresso a più riprese il desiderio di acquistare il Paese e condurlo sotto l'egida americana. Ma Nuuk non è in vendita. Va detto, a onor del vero, che il primo a voler mettere le mani sulla Groenlandia, a suo tempo, fu Harry Truman. Nel 1946, invano, mise sul piatto 100 milioni di dollari. Lo stesso Trump, durante il suo primo mandato, avanzò una proposta nel 2019. L'America, di per sé, vanta anche una certa tradizione in termini di acquisti: pensiamo alla Louisiana agli inizi dell’Ottocento, o all’avanzata verso Ovest, o ancora alla clamorosa vendita da parte degli Zar dell’Alaska. La Groenlandia, tornando a noi, è un territorio strategicamente importante. Anzi, cruciale considerando lo scioglimento dei ghiacci e la possibilità di aprire nuove rotte nell'Artico, all'incrocio delle cosiddette superpotenze mondiali (Cina, Russia e Stati Uniti). E poi c'è la corsa alle preziose risorse nascoste nell'Artico: petrolio, gas, materie prime critiche. Trump, riassumendo al massimo, ha ribadito che la Groenlandia interessa, eccome se interessa, per «motivi di sicurezza nazionale». Tant'è che il presidente eletto non ha escluso, a priori, l'uso della forza militare per raggiungere l'obiettivo. «Non posso assicurarlo» ha detto il tycoon a un giornalista che gli chiedeva di garantire che non verranno usati metodi di coercizione economica e militare per impadronirsi della Groenlandia e, parallelamente, di Panama. «Sta parlando di Panama e della Groenlandia. No, non posso assicurarle nessuno dei due. Ma posso dire questo. Ne abbiamo bisogno per la sicurezza economica». E ancora: «Abbiamo bisogno della Groenlandia per la sicurezza nazionale. Me lo dicono da molto tempo, da molto prima che mi candidassi. Voglio dire, se ne parla da molto tempo. Lì ci sono circa 45 mila persone (56.865, ndr). Non si sa nemmeno se la Danimarca ne abbia il diritto legale. Ma se così fosse, dovrebbero rinunciarvi perché ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale. Questo è per il mondo libero. Sto parlando di proteggere il mondo libero. Basta guardare, non serve nemmeno un binocolo. Guardate fuori, ci sono navi cinesi dappertutto. Ci sono navi russe dappertutto. Non permetteremo che questo accada».
Insomma, agli occhi di Trump ne va della stabilità del mondo. Mette Frederiksen, premier danese, nel riaffermare che la Groenlandia appartiene al popolo groenlandese, ieri, ha cercato di mantenere un certo equilibrismo. Aggiungendo che gli Stati Uniti sono l'«alleato più vicino in assoluto» di Copenaghen per tutte le questioni di sicurezza e difesa. Ma che questo aspetto non comprometterà il legame, forte, fra Danimarca e Groenlandia. Trump, a proposito di coercizione economica, ha minacciato di tassare la Danimarca «a un livello molto alto» se non collaborerà. Il fatto che suo figlio, Trump Jr., si trovi attualmente sull'isola e che vi sia arrivato con l'aereo privato del padre, beh, assomiglia tanto alla classica mossa in più. Alcuni ritengono che Trump Jr. – al di là delle dichiarazioni di facciata, fra cui la motivazione legata al turismo – sia stato espressamente spedito dal padre per raccogliere informazioni. «Siamo qui solo come turisti, è un posto incredibile, ne abbiamo parlato per un po' prima di venire, in realtà avrei dovuto essere qui la scorsa primavera nel mio tempo libero» ha detto, non senza un certo imbarazzo, il figlio del presidente eletto. «Ma sono davvero entusiasta di essere qui, un Paese fantastico, il paesaggio che si vede all'arrivo è spettacolare, quindi sono davvero entusiasta di essere qui. Grazie».
Trump Jr. e i suoi compagni di viaggio hanno lasciato in fretta e furia l'aeroporto di Nuuk, una volta atterrati, rifiutandosi di rispondere ai giornalisti presenti. «Siamo un po' a corto di tempo perché abbiamo solo un paio di ore di luce e dobbiamo vedere tutto». All'uscita dallo scalo di Nuuk, un giornalista ha chiesto con insistenza a Trump Jr. se avesse qualche messaggio da riferire da parte del padre: «Ci saluta, abbiamo parlato con lui ieri. Quindi saluta tutti in Groenlandia».
Prima del suo arrivo, i funzionari della Groenlandia avevano spiegato di essere stati informati della visita di Donald Trump Jr. per garantire l'adozione di adeguate precauzioni di sicurezza all'aeroporto. Una visita, era stato detto, breve. Anzi, brevissima. Quattro o cinque ore al massimo. In effetti, così è stato.