Specie esotiche invasive: una minaccia da miliardi di dollari per la natura e per l'uomo

Quando si parla di specie esotiche invasive, la mente, alle nostre latitudini, corre subito al coleottero giapponese (Popillia japonica). Scoperto in Ticino nel 2017, da anni, in Svizzera come nel resto d’Europa, si cerca di arginare l’insetto dannoso per il nostro ecosistema. Gli esemplari adulti mangiano infatti foglie, fiori e frutti di un’ampia gamma di piante, sia selvatiche che coltivate, mentre le larve attaccano le radici. Ma il coleottero giapponese rappresenta solo una delle numerose specie esotiche insediate in Svizzera: ad oggi se ne contano ben 1.305 (430 animali, 730 piante, 145 funghi), di cui 197 considerate invasive (85 animali, 89 piante, fra cui il cactus in Vallese e in Ticino, e 23 funghi), cioè dannose in quanto in grado di sostituirsi alle specie indigene, causare problemi di salute per l’uomo, nonché perdite economiche, anche molto pesanti.
Quella delle specie esotiche invasive non è una problematica unicamente locale, ma rappresenta una grave minaccia globale, troppo spesso sottovalutata e non riconosciuta. È quanto emerge da un nuovo rapporto (dal titolo Invasive Alien Species Assessment: Summary for Policymakers) pubblicato dalla Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), secondo cui, con l’espansione della globalizzazione, più di 37 mila specie esotiche sono state introdotte nelle regioni e nei biomi di tutto il mondo. Più di 3.500 di queste specie esotiche vengono definite invasive, in quanto ritenute dannose per gli ecosistemi e responsabili di drammatici cambiamenti alla biodiversità, nonché una minaccia per le popolazioni indigene di molti Paesi. Stando al rapporto, approvato sabato scorso a Bonn, in Germania, dai rappresentanti dei 143 Stati membri dell’IPBES, il costo economico globale legato alle specie esotiche invasive ha superato i 423 miliardi di dollari nel 2019, con costi quadruplicati ogni decennio, dal 1970. Il Global Assessment Report dell’IPBES, pubblicato nel 2019, ha evidenziato come le specie esotiche invasive siano uno dei cinque più importanti fattori responsabili della perdita di biodiversità, insieme allo sfruttamento dei terreni e dei mari, allo sfruttamento diretto delle specie, ai cambiamenti climatici e all’inquinamento.
Tornando al recente studio, la professoressa Helen Roy, co-presidente dell’IPBES insieme al professor Anibal Pauchard e al professor Peter Stoett, ha dichiarato: «Le specie esotiche invasive rappresentano una grave minaccia per la biodiversità e possono causare danni irreversibili alla natura, come l’estinzione di specie locali e globali, e minacciare la salute dell’uomo». Circa il 6% delle piante esotiche sono invasive, il 22% degli invertebrati, il 14% dei vertebrati e l’11% dei microbi. Il rapporto evidenzia come le persone che maggiormente dipendono dalla natura, si pensi alle popolazioni indigene e le comunità locali, corrono rischi maggiori: le oltre 2.300 specie esotiche invasive che vivono nelle terre tutelate dalle popolazioni indigene non solo minacciano la qualità della loro vita, ma pure la loro identità culturale. Il rapporto IPBES rileva che gli impatti negativi delle specie esotiche invasive sono enormi: «Hanno avuto un ruolo importante nel 60% delle estinzioni di altre specie (animali e vegetali), mentre nel 16% dei casi sono state il solo fattore determinante di estinzioni globali. Almeno 218 specie esotiche invasive sono state responsabili di oltre 1.200 estinzioni locali. Nell’85% dei casi, gli impatti delle invasioni biologiche sulle specie autoctone sono stati negativi», ha constatato il professor Anibal Pauchard. Tra gli esempi, vengono citate le modalità con cui i castori nordamericani (Castor canadensis) e le ostriche del Pacifico (Magallana gigas) modificano gli ecosistemi trasformando gli habitat, spesso con gravi conseguenze per le specie autoctone. O ancora, gli impatti negativi sulla salute delle persone. Basti pensare a malattie come la malaria, zika o la febbre del Nilo occidentale, diffuse da specie di zanzare esotiche invasive come Aedes albopictus (la ben nota zanzara tigre, combattuta in Ticino con un esperimento che coinvolge esemplari maschi sterili) e Aedes aegyptii. Dopo le zanzare, vanno citati la Lantana camara, una pianta nativa del Centro America e Sudamerica introdotta in altre parti del mondo come pianta ornamentale, e il ratto nero (Rattus rattus), ossia la seconda e la terza specie invasiva più diffusa a livello globale, con impatti di negativi enormi sulle persone e sulla natura.
Secondo la professoressa Helen Roy gli scenari futuri sono destinati a peggiorare: «Il 37% delle 37 mila specie esotiche conosciute oggi è in gran parte legato all’aumento del commercio globale e dei viaggi. In condizioni come quelle attuali, prevediamo che il numero totale di specie aliene continuerà allo stesso ritmo degli ultimi anni, ma in realtà è improbabile che le condizioni restino quelle attuali. Con così tanti importanti fattori di cambiamento destinati a peggiorare, si prevede che l’aumento delle specie esotiche invasive e il loro impatto negativo diventeranno significativamente maggiori. L’accelerazione dell’economia globale, l’intensificazione e l’espansione dello sfruttamento di terre e mari, nonché i cambiamenti demografici, porteranno probabilmente ad un aumento delle specie esotiche invasive in tutto il mondo. Anche senza l’introduzione di nuove specie esotiche, quelle già consolidate continueranno ad espandersi e a diffondersi in nuovi Paesi e regioni. Il cambiamento climatico peggiorerà ulteriormente la situazione».
Il rapporto infine evidenzia come sia importante la prevenzione per combattere questo fenomeno. Il professor Anibal Pauchard evidenzia: «Per quasi ogni contesto e situazione, esistono strumenti di gestione e azioni mirate che funzionano a dovere. La prevenzione è in assoluto l’opzione migliore e più economicamente vantaggiosa, ma anche l’eradicazione, il contenimento e il controllo possono essere efficaci in determinati contesti. Inoltre, la gestione delle specie esotiche invasive può aiutare a mitigare gli effetti negativi di altri fattori di cambiamento». Tra le misure più efficaci si citano la biosicurezza delle frontiere, controlli rigorosi sulle importazioni, programmi di eradicazione, nonché di contenimento, che può essere di tipo chimico, fisico o biologico. Un esempio recente arriva proprio dalla Svizzera: nel canton Giura e in Ticino verranno liberati centinaia di esemplari di vespa asiatica (Ganaspis brasiliensis), un antagonista naturale del moscerino del ciliegio (Drosophila suzuki), che da anni depone le sue uova in frutti integri in via di maturazione, creando importanti danni economici.