Storico passo indietro sull'aborto
Il meteorite sulla stagione dei diritti negli Stati Uniti, alla fine, ha toccato terra ed è destinato a provocare voragini enormi: la Corte Suprema americana ha rovesciato ieri la sentenza Roe vs Wade, che dal 1973 proteggeva a livello federale il diritto all’aborto.
Una decisione presa con sei voti a favore dei giudici conservatori e tre contro di quelli progressisti, e destinata a spalancare le porte a settimane di protesta, oltre che ad aprire un potenziale squarcio anche su altri diritti civili garantiti dalle sentenze degli ultimi cinquant’anni.
Su che cosa ha deciso la Corte
I giudici della Corte Suprema si erano riuniti a maggio per esprimersi su un caso relativo al diritto all’aborto in Mississippi, Stato in cui il Parlamento locale aveva approvato nel 2018 una legge che rendeva l’aborto illegale dopo la 15.esima settimana. Uno scoop della testata online Politico, che aveva avuto in esclusiva la bozza preventiva d’opinione relativa alla sentenza, aveva già fatto capire come i giudici si sarebbero espressi: un ripudio totale della storica sentenza Roe vs Wade (e della successiva, la Roe vs Casey, che ne aveva rinsaldato il principio).
La decisione di ieri ha confermato il contenuto della bozza. E ha spiegato le ragioni su cui si è basata la scelta: non essendo l’accesso all’aborto inserito tra i diritti sanciti dalla Costituzione nella sua prima versione originale del 1776, hanno sostenuto i giudici conservatori, non è giusto che quel diritto venga garantito nel Paese di oggi.
Le reazioni da parte repubblicana sono state, come preventivabile, di tripudio. Mitch McConnell, leader dei senatori conservatori e principale fautore negli ultimi vent’anni della nomina dei giudici che hanno rovesciato venerdì il diritto all’aborto, ha definito la sentenza «una storica vittoria per la Costituzione e i più vulnerabili». L’ex vicepresidente Mike Pence ha detto che Roe vs Wade è un diritto destinato a finire tra le ceneri della storia. Mentre da parte democratica, in modo altrettanto preventivabile, c’è stato rammarico e rabbia. Il presidente Joe Biden, in un discorso dalla Casa Bianca, ha detto che «la salute e la vita delle donne in tutta la nazione sono ora a rischio». Aggiungendo che la decisione di ieri è la «concretizzazione di un disegno estremista». Nancy Pelosi, presidente della Camera, ha invece definito la sentenza «crudele e scandalosa».
Paese spaccato?
La pronuncia della Corte Suprema rischia di polarizzare in modo ulteriore un Paese già profondamente diviso su quasi tutto. E secondo organizzazioni come Planned Parenthood, gruppo no-profit a favore del diritto all’aborto, le conseguenze della fine di quel diritto a livello federale potrebbero cadere sulla testa delle fasce sociali meno abbienti, la cui tutela sanitaria rischia di trasformarsi, per molte donne, da fragile a disastrosa.
Da venerdì, infatti, in almeno 26 stati, il diritto all’aborto è fortemente ridotto o completamente cancellato (vedi articolo in basso, ndr): una donna in Louisiana, ad esempio, dovrà guidare una media di 700 miglia (1,100 chilometri) per trovare la clinica più vicina dove poter abortire.
Ma non tutte le donne sono nelle condizioni economiche di poter intraprendere quel viaggio e rischiano, secondo le organizzazioni favorevoli al diritto di interrompere la gravidanza, di affidarsi a procedure clandestine. Procedure inevitabilmente destinate a mietere ulteriori vittime.
Il Paese spaccato, in realtà, non è tale: né sulla sentenza Roe vs. Wade né sul diritto all’aborto. Secondo le rilevazioni Gallup del maggio 2021, infatti, l’80% degli americani sostiene l’aborto in tutti o nella maggior parte dei casi.
Un altro sondaggio Gallup ha di recente rilevato che il 47% degli americani considera l’interruzione di gravidanza non solo legislativamente valida, ma anche moralmente accettabile: nel 2009, la percentuale era del 36%. Una rilevazione Quinnipiac dello scorso settembre ha invece evidenziato come il 63% degli americani sostenga il diritto all’aborto.
Il precedente
La fine di Roe vs Wade, oltre a mescolare le carte politicamente in vista delle elezioni di medio termine, apre anche una prospettiva inquietante per il destino di altri diritti civili. Il giudice conservatore Clarence Thomas ha scritto nella motivazione che i prossimi obiettivi della Corte Suprema dovranno essere tutte le sentenze che hanno garantito, in questi anni, diritti non esplicitamente presenti nella versione originale della Costituzione.
Ciò significa che la Corte Suprema a trazione conservatrice potrebbe travolgere presto anche la sentenza del 1965 Griswold vs Connecticut, con cui era stata dichiarata la libertà delle persone di usare anticoncezionali. O ancora, la sentenza del 2003 Lawrence vs Texas, che sanciva la non punibilità dei rapporti omosessuali e della sodomia. E, infine, la sentenza Obergefell vs Hodges (2015) che aprì la strada al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Tre casi in cui la Corte potrebbe tornare a dividere il Paese, in una fase storica nella quale politica e popolo sembrano prendere una strada e il potere giudiziario sembra seguirne un’altra.