«Sui flussi migratori l’UE resta inconcludente»

I più recenti dati Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) hanno attestato un netto aumento dei migranti giunti in Europa nel 2022: il balzo annuale è stato del +64%. Gli attraversamenti irregolari delle frontiere esterne dell’UE sono stati oltre 300.000. Michela Mercuri, docente di Geopolitica del Medio Oriente all’Università Cusano di Roma, fa il punto della situazione.

Come
spiegare, anzitutto, quest’impennata, la maggiore dal 2016, concentrata
sull’asse del Mediterraneo e dei Balcani?
«Per
cominciare sono aumentate le partenze dall’Egitto - il 20% del totale - per
effetto della crisi del pane. Questo Paese si nutre per il 90% del grano
ucraino e russo. Rimanendo bloccate le forniture, nelle città sono esplose le
manifestazioni di protesta e, appunto, le partenze. Il maggior numero di
migranti provenienti dalla Tunisia si spiega invece per effetto della
drammatica situazione economica di quel Paese, in primis per la forte
disoccupazione e povertà che lo attanaglia e per la crisi energetica che lo ha
messo ancora di più in ginocchio. Terzo elemento è l’instabilità libica: un
Paese spaccato e gestito da milizie, che continuerà a far peggiorare il
fenomeno, soprattutto dalle coste della Cirenaica sotto il controllo del
generale Khalifa Haftar (che ha tutto l’interesse a profilarsi in Occidente).
Per quanto riguarda la rotta balcanica si stima che i profughi che sono
approdati a Trieste dal novembre 2022 sono in media almeno 80 ogni giorno, con
picchi di 200. Ciò avviene in conseguenza della minore pressione che esiste
oggi sui centri d’accoglienza in Bosnia, con una maggiore facilità di transito
in direzione della Croazia e della Slovenia e quindi verso i confini italiani».
Lungo
la rotta mediterranea, tra i profughi prevalgono egiziani, tunisini e
bengalesi: dal 2017 il loro numero è stato il più alto riscontrato dalla Libia
e nella storia recente dalla stessa Tunisia. C’è chi denuncia un traffico
organizzato che sfugge al controllo delle autorità, di quelle libiche in
particolare.
«In
Libia non ci sono leader credibili e rappresentativi che possono ritenersi
interlocutori affidabili. Fin quando in quel Paese ci sarà l’attuale instabilità,
la gestione del fenomeno migratorio resterà in mano alle organizzazioni
criminali, spesso in collaborazione con i gruppi jihadisti. In_Tunisia questi
gruppi armati collaborano anche con organizzazioni criminali italiane. Il primo
passo da compiere è dunque quello di continuare a combattere lo strapotere
delle organizzazioni criminali, dalla Libia agli altri Paesi vicini, Tunisia e
Algeria, dove anche grazie alla porosità delle frontiere,criminali e
fondamentalisti hanno vita fin troppo facile».
La
vicenda della Ocean Viking dello scorso novembre ha aperto una profonda crisi
tra Italia e Francia. Continua a mancare una soluzione europea. Perché a suo
avviso?
«Da
parte dell’UE non c’è semplicemente la volontà politica di cambiare le cose.
C’è totale disinteresse. Bruxelles non vuole farsi carico dei migranti che
arrivano dalla rotta del Mediterraneo centrale e che sbarcano in Italia. Il
caso della Francia lo ha dimostrato chiaramente. Credo che le cose non
cambieranno neppure dopo i prossimi vertici europei».
Spetta
alla Svezia, che ha la presidenza di turno dell’UE, approntare il «Piano
migranti». Cosa si attende da questo documento?
«Credo
che da quanto già trapelato dalle dichiarazioni di Stoccolma (nonostante le
pressioni del Parlamento europeo e di alcuni Stati, primo fra tutti l’Italia)
la Svezia non darà priorità al tema dell’immigrazione. Nella migliore delle
ipotesi se ne potrà discutere nel Consiglio europeo di febbraio, ma credo che
le decisioni concrete (se mai ci saranno), come quelle sul trattato di Dublino
o sugli altri meccanismi di ridistribuzione e rimpatrio dei migranti, saranno
rimandate al secondo semestre dell’anno sotto la presidenza di turno dell’UE
della Spagna».
Considerato
che l’attenzione dell’Occidente e dell’UE è concentrata sul sostegno militare
all’Ucraina e ai suoi profughi in fuga dalla guerra, quali potrebbero essere le
strategie d’intervento?
«Occorre far lavorare la diplomazia, che potrebbe
approfittare della distrazione occidentale verso il Nordafrica. Nelle recenti
visite di Stato in Algeria, Tunisia e Turchia, l’Italia ha cercato di
aggiornare i suoi rapporti bilaterali con i Paesi di quest’area (Libia inclusa)
non solo in campo energetico, ma anche alla ricerca di soluzioni bilanciate sul
tema dei flussi migratori. Se Roma avrà successo in questa direzione potrà poi
porsi come perno tra la sponda Sud e l’Europa ed essere un interlocutore
centrale di Bruxelles anche su questo fronte».