Sui social spopola "Baraye", la canzone iraniana simbolo delle proteste
«Per ballare nelle strade, per la paura di baciare. Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle». Sono le prime strofe di Baraye, la canzone del cantante iraniano Shervin Hajipour.
Baraye - la cui traduzione significa "a causa di" o "per amore di" - è diventata virale in pochi giorni grazie ai social media, trasformandosi presto nell'inno non ufficiale delle proteste che stanno infiammando l'Iran negli ultimi tempi. Ecco cos'è successo.
40 mila visualizzazioni e poi l'arresto
La storia di questa canzone non è del tutto fortunata. La sua prima apparizione online risale al 28 settembre, quando Shervin Hajipour ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video in cui cantava quella che, di lì a pochi giorni, sarebbe diventata la canzone perfetta per dare voce ai sentimenti che attraversano gli animi degli iraniani - sia in patria che all'estero - in questo periodo di tensione. Secondo Amin Sebati, esperto di cybersicurezza iraniano, citato dal Washington Post, la canzone in poche ore ha accumulato oltre 40 mila visualizzazioni (e dunque ascolti) sui social media. Un discreto successo che è costato però caro al cantante. Nel giro di poche ore, le autorità hanno costretto Hajipour a eliminare il contenuto dal proprio profilo, ed il 29 settembre, neanche a 24 ore dal primo like, il ragazzo è stato arrestato.
Ma Baraye non si ferma
Dopo cinque giorni, nel corso della giornata di ieri - 4 ottobre -, Hajipour è stato rilasciato su cauzione, secondo quanto affermato dai media statali iraniani. Alcuni tweet della sorella - verificati in seguito da Human Rights Watch - svelano che i servizi segreti della provincia di Mazandaran hanno avvisato i genitori del giovane cantante solamente il 1. ottobre, due giorni dopo l'arresto effettivo. Il suo avvocato non ha risposto alle richieste di commento, ma dopo essere stato liberato il cantante ha rotto il silenzio, esprimendo la sua gratitudine ai seguaci virtuali con una storia su Instagram. «Ciao ragazzi, non so davvero cosa dire... Grazie mille per tutta la gentilezza che mi avete dimostrato in tutto questo tempo. Sono qui per dirvi che sto bene». I cinque lunghi giorni di prigionia, però, non sono bastati per fermare il successo di Baraye. Anche se eliminata dal profilo di Shervin Hajipour, la canzone ha continuato a fare il giro del mondo, diffondendosi sia virtualmente che tra le strade iraniane, raggiungendo anche le università, dove si sono recentemente spostate le proteste. Un video divulgato online mostra studenti dell'università Mofid di Qom, una città santa ultraconservatrice, sede di importanti seminari sciiti, cantare proprio l'inno di Hajipour. Altri video mostrano scolaresche cantare, o la canzone riecheggiare dai finestrini aperti delle auto a Teheran. Baraye, come riporta il Guardian, è stata riprodotta anche durante le manifestazioni di solidarietà organizzate in tutto il mondo, in particolare a Washington, Strasburgo e Londra.
L'anafora «Per» e quei significati nascosti
Corruzione, censura, discriminazione di genere, degrado ambientale. Ma anche tragedie nazionali, come la quasi estinzione del ghepardo persiano e l'abbattimento di un aereo passeggeri ucraino nel 2020, in quello che il governo iraniano aveva dichiarato essere stato un incidente militare. Come sottolinea il Washington Post, sono diversi i temi toccati nelle strofe di Baraye, che iniziano sempre con l'anafora "per" (nella traduzione in italiano). La canzone tocca le frustrazioni che accomunano gli iraniani, stufi della povertà, della repressione, della segregazione di genere e delle violazioni dei diritti umani. Ma Baraye è anche una canzone «per le donne, la vita, la libertà», come ricordano le ultime parole che chiudono il brano. Fin dalla prima strofa, «Per ballare nelle strade», Baraye solleva l'attenzione su quelli che sono i problemi anche meno noti che attanagliano i cittadini del Paese. In Iran, infatti, è vietato ballare in pubblico. Così come baciarsi davanti ad altre persone. Con «Per la vergogna di non avere soldi» Hajipour si riferisce invece al PIL pro capite del Paese, molto simile a quello della Bosnia o dell'Albania. Mentre menzionando l'aria inquinata, l'autore fa riferimento all'industria automobilistica moderna e alla conseguente aria estremamente tossica che si respira in tutto il Paese a causa degli scarichi non ecologici delle auto. «Per i cani, innocenti ma vietati», intona Hajipour a metà canzone. In Iran è vietato anche possedere uno di questi tanto comuni animali domestici, tant'è che molte volte vengono organizzati addirittura raid per catturare e uccidere i cani. «Per le case che crollano come le carte», invece fa riferimento alla povertà del Paese che porta alla corruzione nella supervisione edilizia. In Iran, le case crollano perché sono progettate e costruite molto male. Al termine della canzone, Hajipour parla della libertà. «Per la libertà, per la libertà, per la libertà». Quella che manca nel contenuto di ognuna delle strofe della canzone e in ognuna di queste situazioni che si verificano nel Paese.
Dar voce al dolore
Su Twitter, gli utenti menzionano Spotify chiedendo di pubblicare ufficialmente la canzone sulla piattaforma, che ora si trova sotto custodia della Repubblica islamica dell'Iran. E qualcuno chiede addirittura che Baraye venga candidata ai Grammy come miglior canzone per il cambiamento sociale. Secondo un corrispondente della BBC, la canzone ha fatto breccia nel cuore di così tante persone perché è stata in grado di riassumere la profonda tristezza nazionale e il dolore che gli iraniani provano da decenni, culminati nella tragedia di Mahsa Amini. «Molti di noi l'hanno ascoltata in continuazione, piangendo», ha aggiunto. Sono diversi anche gli utenti su Twitter che hanno espresso lo stesso pensiero. Una ragazza scrive «L'inno di Shervin Hajipour mi fa piangere ogni volta che lo ascolto». Un'altra utente iraniana commenta: «Come molti cittadini dell'iran, anche io continuo ad ascoltare ripetutamente la canzone. Baraye dà voce a un dolore profondo, una frustrazione e un'agonia a cui noi iraniani abbiamo resistito per decenni. Vi prego di leggere il testo e di ascoltare attentamente». Per Karim Sadjadpour, del think tank Carnegie Endowment, citato dal Guardian, la canzone rappresenta il modo migliore per comprendere la rivolta iraniana, in quanto più di impatto di qualsiasi altro libro o saggio. «A prescindere da quello che accadrà nelle proteste, vale la pena notare che la canzone più virale della storia dell'Iran, che probabilmente sarà ricordata per i decenni a venire, non riguarda la resistenza all'America o all'Israele». Semplicemente, è «una canzone sui sogni iraniani di una vita normale». E tutti questi ascolti, da ogni lato del mondo, lo confermano.
Il testo completo della canzone, tradotto in italiano
Per ballare nelle strade
Per la paura di baciare chi si ama
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per aver cambiato i cervelli marci
Per la vergogna di non avere soldi
Per il desiderio di una vita normale
Per il ragazzo con il distintivo e i suoi sogni
Per questa economia pianificata
Per l'aria inquinata
Per Valiasr8 e i suoi alberi consumati
Per Piruz e la sua possibile estinzione
Per i cani, innocenti ma vietati
Per le lacrime senza fine
Perché questo momento non si ripeterà mai più
Per i volti sorridenti
Per gli studenti, per il futuro
Per questo paradiso forzato
Per l'élite nazionale imprigionata
Per i bambini afghani
Per tutti questi "per" senza ripetizione
Per tutti questi canti vuoti
Per le case che crollano come le carte
Per la sensazione di pace
Per il sole dopo lunghe notti
Per le pillole di nervi e insonnia
Per gli uomini, la patria, lo sviluppo
Per le ragazze che vogliono essere ragazzi
Per le donne, la vita, la libertà
Per la libertà
Per la libertà
Per la libertà