Svezia e Iraq: ecco che cosa sta succedendo
Svezia: ci risiamo. Lo scorso anno, in aprile, a Stoccolma e dintorni tirava aria di guerriglia urbana. Rasmus Paludan, politico danese e leader del partito di estrema destra Stram Kurs (Hard Line, letteralmente Linea Dura), aveva organizzato un «tour» svedese, una serie di comizi e incontri con i quali promuovere i propri discorsi anti-immigrati e anti-Islam. Numerose copie del Corano, allora, erano state date alle fiamme in piazza come «tributo», assicurava Paludan, alla libertà di parola. Le conseguenze di questo gesto erano state pesanti. I simpatizzanti del politico danese si erano scontrati, in molte città, con chi protestava per il rogo «blasfemo». Parliamo di vetrine infrante, cassonetti dati alle fiamme, auto distrutte e, in risposta, polizia in tenuta antisommossa. E all'estero la Svezia era stata criticata da diversi Paesi islamici per il via libera concesso a Paludan.
Di nuovo
Ma la storia non è finita qui. A fine giugno, dopo aver ottenuto il permesso dalla polizia, un 37.enne di origini irachene, Salwan Momika, ha protestato contro l'Islam, calpestando e bruciando alcune pagine del Corano, proprio davanti alla più grande moschea di Stoccolma. Il fatto ha provocato furenti condanne da parte del mondo islamico, ma ciò non ha dissuaso le autorità svedesi dal concedere allo stesso 37.enne e ai suoi sostenitori un nuovo permesso, ieri, per un'altra manifestazione anti-Islam che si è tenuta questo pomeriggio.
Perché la Svezia permette gesti così estremi? A suo tempo, rispondendo sul caso Paludan, Tobias Billström — ministro degli affari esteri della Svezia — aveva affermato: «Il governo svedese non sostiene in nessun modo la distruzione col fuoco di scritture considerate sacre, ma in Svezia abbiamo la libertà di espressione e dal punto di vista legale questo caso è permesso. Tuttavia abbiamo detto chiaramente che non prendiamo le parti di chi lo ha fatto».
Nei confronti di Momika, Stoccolma ha comunque deciso di aprire un'indagine per «agitazione contro un gruppo etnico» in riferimento alla scelta, provocatoria, di effettuare la protesta proprio davanti alla moschea.
Le tensioni con l'Iraq
A causa del nuovo via libera concesso ieri a Momika e simpatizzanti, la situazione di tensione fra Svezia e mondo islamico ha quindi registrato un'ulteriore escalation. E a pagarne le conseguenze è stata l'ambasciata svedese a Baghdad, data alle fiamme prima dell'alba. Inizialmente, le autorità irachene hanno condannato il gesto e lo stesso ministro degli Esteri ha invitato le forze di sicurezza ad aprire un'inchiesta urgente «per fare luce sulle cause dell'incidente e identificare gli autori». La polizia irachena, hanno fatto sapere media internazionali presenti, ha utilizzato manganelli e idranti per disperdere i manifestanti davanti l'ambasciata.
Ma nelle ore seguenti i rapporti fra Svezia e Iraq si sono viepiù raffreddati. La Svezia ha convocato l'incaricato d'affari iracheno dopo l'assalto dell'ambasciata esprimendo una ferma condanna per quanto accaduto. E la risposta dell'Iraq non si è fatta attendere: dopo aver minacciato di «rompere le relazioni» con la Svezia, Baghdad ha deciso di espellere l'ambasciatore svedese. Il presidente Abdellatif Rashid, da parte sua, si è detto «profondamente sorpreso del fatto che le autorità svedesi non abbiano assunto il comportamento richiesto da parte di uno Stato che rispetta le credenze e i simboli sacri».
Lo svolgersi della protesta odierna
Per la protesta odierna, Salwan Momika aveva preannunciato un altro rogo. In un video pubblicato su Telegram, l'organizzatore aveva promesso di bruciare il Corano insieme a una foto del leader politico iracheno Moqtada al-Sadr e del defunto ayatollah iraniano Ruhollah Khomeini. Nel video, aveva anche incoraggiato molti altri a recarsi presso l'ambasciata irachena per assistere all'azione. Ma alla fine, il manifestante si è limitato a calpestare il Corano, il tutto — riporta l'agenzia AFP — a poche decine di metri dall'ambasciata irachena a Stoccolma.
Al suo arrivo davanti all'ambasciata è stato accolto da fischi e urla dei contro-manifestanti. «Sei un cane!» ha gridato uno dei manifestanti, mentre molti altri hanno espresso il loro dissenso ad alta voce.