L’intervista

«Taiwan cresce economicamente e si distanzia sempre più dalla Cina»

Secondo Simona Grano, sinologa e professoressa associata dell’Istituto Asia orientale dell’Università di Zurigo, la posizione di Taipei ora viene presa più in considerazione dalla comunità internazionale
La presidente di Taiwan Tsai Ing-wen offre un regalo a Raphael Glucksmann, capo della delegazione del Parlamento UE che in questi giorni si è recata sull’isola «ribelle». © EPA/Ufficio presidenziale di Taiwan
Osvaldo Migotto
05.11.2021 22:25

Una delegazione di eurodeputati ha visitato in questi giorni Taiwan per rafforzare le relazioni tra l’UE e le autorità locali. Pechino, che rivendica l’appartenenza dell’«isola ribelle» alla Cina e si oppone con decisione a qualsiasi forma di riconoscimento delle autorità di Taipei da parte di altri Stati, ha reagito con stizza. Chi vince e chi perde nello scontro in atto tra Cina e Occidente sul destino dell’isola? Lo abbiamo chiesto alla sinologa Simona Grano.

Due mesi fa ci eravamo sentiti in merito alle tensioni tra USA e Cina su Taiwan e lei mi aveva citato un sondaggio dal quale risultava che sull’isola il 39,6% degli interpellati temeva un attacco cinese. I sorvoli dei caccia di Pechino nei pressi delle acque territoriali di Taiwan sono nel frattempo aumentati. I timori dei taiwanesi sono cresciuti?
«Ultimamente non ho letto ulteriori sondaggi, ma da quello che vedo, anche nei report fatti da giornalisti entrati in contatto con la popolazione di Taiwan, non mi sembra che la preoccupazione sia aumentata in modo esponenziale. La gente continua a fare la propria vita, così come è stato negli ultimi 70 anni, nei quali ci sono state diverse crisi con la tensione salita alle stelle. Mi riferisco ad esempio agli anni Cinquanta o alla crisi del 1996. Per cui possiamo dire che la gente in un certo senso è abituata a questi alti e bassi. Quello che forse è cambiato è che per la prima volta anche la presidentessa taiwanese Tsai Ing-wen un paio di settimane fa ha rilasciato un’intervista alla CNN nella quale ha detto che non si può prendere in maniera troppo leggera quello che sta succedendo e che il Paese deve modernizzare le proprie forze armate».

Tra i nuovi motivi di tensione tra Cina e Occidente vi è la recente approvazione del Parlamento europeo, a larga maggioranza, di un documento che pianifica di stringere legami politici ed economici con Taipei. Una delegazione di europarlamentari è stata in questi giorni a Taipei e questo ha causato l’ira di Pechino. Ciò che conseguenze avrà nelle relazioni tra UE e Cina?
«Va detto che la situazione politica di base è il non riconoscimento di Taiwan da parte della Cina. Ma di fatto Taiwan è un Paese, anche se non viene riconosciuto dalla maggior parte degli Stati del mondo in quanto mancano gli scambi diplomatici. In passato ad avere il coltello dalla parte del manico era la Cina grazie alla sua potenza economica. Quello che mi sembra cambiato, ultimamente, è un tentativo, anche da parte dell’UE, di prendere più in considerazione la posizione di Taiwan. Una realtà che, geostrategicamente parlando, è molto importante non solo dal punto di vista geografico, ma anche per il ruolo di leader che tale Paese ha ad esempio nell’industria dei semiconduttori. E questa sì è una novità, perché negli ultimi due anni, da quando è iniziata la pandemia, abbiamo visto che la carenza di questi prodotti ha provocato forti rallentamenti alla catena di approvvigionamenti. Forse per la prima volta da decenni, vediamo che i ruoli di Repubblica di Cina (Taiwan) e Repubblica popolare sono un po’ cambiati e sta crescendo l’importanza economica di Taiwan. Il Governo di Taipei sta inoltre tentando di vendere come suo marchio la difesa della democrazia e dei diritti umani; ossia tutto quello che la Cina non può vantare a causa del suo sistema politico».

A fine ottobre Peter Dutton, ministro della Difesa australiano, ha affermato che nel caso in cui Taiwan venisse attaccata dalla Cina, Canberra, come alleata storica di Washington, interverrebbe a fianco degli USA. Ciò ha creato ulteriori tensioni tra Cina e Australia. Come vede i rapporti tra questi due Paesi?
«L’Australia è sempre un po’ altalenante tra momenti in cui è più vicina a Pechino e momenti di tensione come quelli che ha citato lei. Sappiamo che in passato Pechino ha punito l’Australia con ritorsioni commerciali e ultimamente ho letto dichiarazioni di politici australiani in cui si parla di distensione con la Cina. Quello che è certo è che sia i politici sia la popolazione si interrogano su quale sarà il ruolo del loro Paese nel caso di una guerra tra Cina e Taiwan. Il rischio, in caso di intromissione di Canberra, è quello di venire attaccati da Pechino».

La recente alleanza militare tra USA, Regno Unito e Australia come è stata percepita dalla Cina?
«Penso che Pechino veda questa intesa a tre come qualsiasi altra alleanza, come ad esempio il QUAD (USA, Australia, India e Giappone), accordo stretto in questi ultimi anni, o anche le dichiarazioni del ministro degli Esteri giapponese sulla necessità di intervenire per salvaguardare l’importanza strategica di Taiwan. La Cina segue sempre una sorta di protocollo, ossia lancia proteste anche veementi, dopodiché le cose tornano ad assestarsi. Per cui credo che i cinesi stiano osservando quello che sta succedendo, che è comunque una sorta di presa di posizione da parte di diversi Paesi dell’area, ma anche di USA e UE, volta a fare capire a Pechino che non deve pensare di poter prendere Taiwan con la forza senza che nessuno intervenga».

La pandemia che ruolo gioca in questi rapporti di forza?
«All’inizio della pandemia la Cina sembrava aver perso molto anche a livello di prestigio, per aver nascosto il diffondersi del coronavirus. Poi invece è cresciuta economicamente in modo tutto sommato abbastanza spettacolare, per cui si era parlato di nuovo del successo del modello economico cinese. Per quanto riguarda invece gli equilibri geopolitici, penso che Taiwan abbia approfittato della situazione, in quanto ha saputo tenere sotto controllo la pandemia in modo esemplare e inoltre per la prima volta si è parlato di Taiwan come un modello da seguire. Poi vi è stata la presidenza Trump che sostanzialmente è stata anticinese e da questo Taiwan ha tratto vantaggio sul fronte dell’export. Ora però sta subendo da Pechino tutta una serie di pressioni dovute al fatto che la Cina non vede di buon occhio il fatto che Taiwan si allontani sempre più da Pechino anche grazie ai migliori rapporti instauratisi con gli Stati Uniti».