Tether e gli altri: la Russia si rivolge sempre più alle criptovalute

Le criptovalute stanno «salvando» la Russia? Difficile a dirsi. Sappiamo, come scrive il Moscow Times, che Mosca si è rivolta al mondo cripto per dribblare gli effetti delle sanzioni e, al contempo, la volatilità dei tassi di cambio. Detto ciò, un'adozione ad ampio respiro delle criptovalute nel commercio internazionale potrebbe scontrarsi con l'esitazione dei partner e, parallelamente, con l'accresciuto controllo da parte dei governi occidentali.
Dopo anni di esitazione, il Cremlino ha compiuto passi significativi per promuovere e regolamentare il settore a margine dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca. Complici, come detto, le sanzioni occidentali e la necessità di individuare alternative. Lo scorso novembre, al riguardo, nel territorio della Federazione Russa sono entrate in vigore alcune leggi che, fra le altre cose, legalizzano il cosiddetto mining e consentono, per i pagamenti internazionali, l'utilizzo delle criptovalute. La normativa, leggiamo, prevede che i «minatori» di criptovalute, coloro cioè che ricevono criptovalute a mo' di ricompensa per l'utilizzo del loro hardware a supporto delle reti blockchain, si registrino presso le autorità fiscali. Nel frattempo, in regime di riservatezza la Russia ha avviato le prime transazioni internazionali tramite cripto alla fine del 2024. Secondo la governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiullina, il programma pilota durerà più o meno tre anni.
La Russia, per certi versi, è avvantaggiata: il Paese, infatti, può sfruttare i suoi bassi, bassissimi costi energetici per espandere la sua industria di crypto-mining. Già nel 2023, ad esempio, Mosca era il secondo maggior minatore di criptovalute al mondo seceondo Bitriver, il maggior fornitore di Bitcoin del Paese. Il governo russo, dal canto suo, ha lanciato diverse iniziative legate alle criptovalute, coinvolgendo le principali imprese statali. Gazprom Neft, per dire, ha annunciato l'intenzione di utilizzare il gas flaring, una pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il gas naturale in eccesso estratto insieme al petrolio, per il citato crypto mining, seguendo l'esempio di Paesi come l'Oman.
In particolare, la Russia cerca di utilizzare le criptovalute per i pagamenti internazionali al di fuori della portata delle autorità di regolamentazione occidentali. «L'importante non è quanto riceveremo in bilancio dal mining, ma che la criptovaluta ottenuta come risultato di questo mining sia diventata legalmente la base per i regolamenti reciproci nel circuito esterno per i beni e i servizi che riceviamo dai nostri Paesi partner» ha detto il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, annunciando le modifiche legislative relative alle valute digitali. Le criptovalute in effetti possono offrire una maggiore convertibilità a livello internazionale e, nel caso di stablecoin legate a valute reali come il dollaro statunitense, una minore volatilità rispetto al rublo russo o ad altre valute. Inoltre, operano con meno controlli occidentali rispetto alle transazioni finanziarie tradizionali.
Reuters, questo mese, ha riportato che la Russia ha iniziato ad accettare criptovalute tramite intermediari per le vendite di petrolio a Cina e India. Le compagnie petrolifere russe starebbero usando Bitcoin e la stablecoin Tether (USDT), ancorata al dollaro, per queste transazioni. A differenza del Bitcoin, le stablecoin come USDT non possono essere estratte, ma possono essere acquistate utilizzando altre criptovalute.
Per migliorare la circolazione interna delle criptovalute, la Russia ha elaborato altresì delle regole che consentono agli investitori «altamente qualificati» di negoziare criptovalute in un quadro sperimentale. Domanda: le autorità di regolamentazione occidentali possono colmare il divario a livello di vigilanza sulle criptovalute? I governi occidentali, scrive sempre il Moscow Times, hanno aumentato il controllo sull'uso delle criptovalute, soprattutto perché Paesi come l'Iran e la Corea del Nord hanno ampliato il loro coinvolgimento nel settore. Gli Stati Uniti, recentemente, hanno sanzionato la criptovaluta Garantex per presunto riciclaggio di denaro, portando all'arresto di Aleksej Besciokov, residente in Russia, in India. Le autorità statunitensi hanno sequestrato 27 milioni di dollari di stablecoin collegate a Garantex.
Le criptovalute, di per sé, si prestano a possibilità di attività illegali o di aree grigie, con operatori che ricorrono a scambi sconosciuti o poco raccomandabili come Garantex, piattaforme di trading peer-to-peer o tecniche per nascondere la propria identità, ha dichiarato al Moscow Times l'analista delle sanzioni George Voloshin. «La prevenzione dei crimini legati alla criptovaluta rimane difficile. Tuttavia, i governi occidentali, con l'aiuto dei professionisti del settore, sono diventati piuttosto bravi nel rintracciare e sequestrare i beni illeciti». Nel caso Garantex, c'è stata una collaborazione importante tra le autorità statunitensi e la società di intelligence blockchain Elliptic. Non solo, gli scambi di criptovalute stanno implementando misure di conformità sempre più rigorose man mano che il settore diventa più mainstream, ha aggiunto Voloshin.
Martin Chorzempa, senior fellow del Peterson Institute for International Economics, ha osservato al quotidiano russo che gli strumenti di monitoraggio della blockchain consentono alle autorità di regolamentazione di tracciare le transazioni sui libri contabili pubblici delle principali criptovalute come il Bitcoin. «La chiave sarebbe identificare un portafoglio utilizzato dalla Russia o dalla sua controparte, a quel punto potrebbe essere relativamente semplice identificare tutti gli altri portafogli che effettuano transazioni per avere un'idea della rete».
Una questione fondamentale, in questo senso, è capire se i principali partner commerciali della Russia sono di sposti a regolare i contratti commerciali in criptovaluta. Paesi come l'India e la Cina potrebbero essere aperti ad aumentare i pagamenti basati sulle criptovalute per le esportazioni russe. Secondo Reuters, le aziende cinesi possono trasferire yuan a intermediari che poi convertono i fondi in criptovalute e li inviano in Russia. Ma convincere le aziende straniere, diciamo tutte le aziende straniere, ad accettare le criptovalute per transazioni regolari e su larga scala è più difficile. Molti dei partner commerciali della Russia, tra cui l'alleato regionale Kirghizistan e il principale partner commerciale, la Cina, impongono limiti severi all'uso delle criptovalute.
La Cina, in particolare, è una delle giurisdizioni meno favorevoli alle criptovalute al mondo, in quanto vieta tutti gli scambi e il mining, ha spiegato Chorzempa. «La Cina vede il rischio che i suoi cittadini siano in grado di aggirare i controlli sui cambi e di effettuare transazioni non tracciabili se vi hanno accesso. La mia sensazione è che la Cina abbia trovato altri modi, più simili al baratto, per mantenere gli scambi con la Russia nonostante le sanzioni».
Le sanzioni occidentali, per contro, sembrano causare più problemi agli importatori russi, che devono ricorrere a costosi intermediari terzi per effettuare i pagamenti all'estero, che agli esportatori. Non esistono statistiche affidabili per stimare quanta parte degli scambi commerciali della Russia con i suoi partner stranieri avvenga in criptovalute. Tuttavia, a giudicare dai rapporti finora sembra essere un fenomeno marginale, anche se in crescita, stando alle valutazioni di Voloshin. Oltre al commercio di petrolio, le criptovalute vengono utilizzate anche per acquistare elettronica civile e militare per la Russia. Detto ciò, la maggior parte di questo commercio si basa ancora sui metodi bancari tradizionali, ha osservato Voloshin. «Le transazioni tra grandi aziende statali, come la russa Rosneft che vende petrolio alla cinese CNPC, coinvolgeranno ancora le Banche statali dell'acquirente e del venditore e le conversioni dirette tra rublo, yuan e rupia, che sono sostenute dalle Banche centrali, piuttosto che utilizzare le criptovalute come mezzo di scambio».