La guerra

Torna il sereno tra Ucraina e USA: «Ora la palla passa alla Russia»

Il vertice di Gedda tra le delegazioni inviate da Kiev e Washington è stato definito da entrambe le parti come «costruttivo» Gli Stati Uniti hanno revocato la sospensione degli aiuti militari - Zelensky ha sottoscritto una proposta di tregua: ora si attende la risposta di Mosca
Paolo Galli
11.03.2025 23:30

Oggi, da Gedda, a un certo punto della sera, sono rimbalzate sino a Kiev le seguenti parole di Marco Rubio, segretario di Stato americano: «Ora la palla per la tregua è nel campo della Russia». Parole quasi catartiche per la popolazione ucraina, la quale, di colpo, si è ritrovata di nuovo con gli Stati Uniti quali alleati. Sino a quando, vista l’imprevedibilità di Donald Trump e della sua politica estera, non possiamo saperlo. E a questo punto non ha neppure un grande senso provare a prevederlo. Ciò che conta, per l’Ucraina, sono altre due parole, inserite nel comunicato congiunto, quelle riferite agli Stati Uniti, che «revocheranno immediatamente» la sospensione degli aiuti a Kiev, intelligence compresa.

Le pressioni cambiano direzione

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, immediatamente ha reagito su X con un video, accompagnato da un messaggio in cui ha definito «positiva e costruttiva» la discussione tra la sua delegazione e quella americana. Per poi puntualizzare: «La nostra posizione rimane chiara: l’Ucraina ha cercato la pace sin dal primo secondo di questa guerra e vuole fare tutto ciò che può per ottenerla il prima possibile e in modo duraturo, in modo che la guerra non torni». Il primo passo sarebbe una tregua di un mese. Trenta giorni di cessate il fuoco che l’Ucraina oggi in Arabia Saudita ha sottoscritto. Ed ecco che, proprio in questo senso, la palla è passata nelle mani di Vladimir Putin. È lecito prevedere che le pressioni, anche da parte di Washington - leggasi Donald Trump -, torneranno quindi a indirizzarsi verso Mosca. «Parleremo con la Russia attraverso ogni possibile canale per raggiungere una tregua in Ucraina», ha infatti sottolineato il consigliere americano per la sicurezza nazionale, Mike Waltz. La Russia, va ricordato, non era presente al tavolo dei negoziati con Ucraina e Stati Uniti. Lo stesso Zelensky ha evidenziato come la proposta di tregua arrivasse da parte statunitense. Il cessate il fuoco - provvisorio ma completo di 30 giorni - che Kiev ha sottoscritto «non riguarda solo gli attacchi missilistici, con droni e bombe, e neppure solo il Mar Nero, ma l’intera linea del fronte», come ha spiegato il presidente ucraino. Il quale ha poi aggiunto che «l’Ucraina è pronta ad accettare questa proposta: la vediamo come un passo positivo e siamo pronti a intraprenderlo. Ora, spetta agli Stati Uniti convincere la Russia a fare lo stesso. Se la Russia accetta, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente». La scelta delle parole non è mai casuale, in guerra. Zelensky riconosce grandi responsabilità nei negoziati a Washington, così come non nasconde il fatto che il peso dell’eventuale cammino di pace ora sia passato su spalle russe, anche dal profilo della diplomazia.

Il riavvicinamento

Anche per questo motivo, risulta molto interessante un ulteriore passaggio dell’intervento di Zelensky su X. «La parte americana ha dimostrato di comprendere le nostre argomentazioni e di considerare le nostre proposte. Sono grato al presidente Trump per la conversazione costruttiva tra le nostre delegazioni». Parole al miele, specie dopo il terribile - per l’esito, per la violenza della dialettica, per il senso di guerra sprigionato - incontro di venerdì 28 febbraio. Marco Rubio, riferendosi proprio ai due diversi incontri, ha sottolineato come a «tornare in carreggiata» non sia stato tanto il rapporto tra i leader, bensì «la pace». E poi, con un’uscita molto americana, ha aggiunto: «Questa è roba seria. Non è Mean Girls, non è un episodio di qualche serie televisiva». Guardando alla Russia, sempre Rubio ha spiegato che saranno proprio gli Stati Uniti a portare la proposta a Mosca. «Diremo loro: questo è ciò che c’è sul tavolo. L’Ucraina è pronta a smettere di sparare e a iniziare a parlare, e ora toccherà a loro dire sì o no. Spero che diranno di sì». Altrimenti? Attenzione alle parole di Rubio, molto chiare, inequivocabili: «Se diranno di no, allora purtroppo sapremo qual è l’ostacolo alla pace qui». In caso di risposta affermativa, «potremo passare invece alla seconda fase, che è quella dei veri negoziati». Ecco, e allora torniamo alle parole di Zelensky, il quale - in riferimento al vertice di Gedda - ha rivelato che la delegazione ucraina ha proposto «tre punti chiave» per un primo accordo, ovvero: «Silenzio nei cieli, fermando attacchi missilistici, bombe e attacchi con droni a lungo raggio». E poi: «Silenzio in mare». E infine: «Vere misure di rafforzamento della fiducia in tutta questa situazione, in cui la diplomazia è in corso, il che significa principalmente il rilascio di prigionieri di guerra e detenuti, sia militari che civili, e il ritorno dei bambini ucraini che sono stati trasferiti forzatamente in Russia». Parlando con i media, questa sera, Donald Trump ha affermato che oggi è previsto «un incontro importante con la Russia, e spero ne scaturiranno interessanti conversazioni». Il tycoon vuole accelerare i tempi e spera che la proposta di tregua venga consolidata già «nei prossimi giorni», prima di tornare a ospitare (lo ha detto proprio Trump) una seconda volta Zelensky. Lo stesso Rubio, citando le volontà del presidente americano, ha dichiarato che lui la pace la voleva già «oggi». Insomma, il prima possibile. Poi è chiaro come il prima possibile sia già troppo tardi, rispetto alle vite umane spese sul terreno. Proprio per questo l’Occidente è sembrato esultare compatto di fronte a quanto emerso da Gedda. Reazioni entusiastiche sono state registrate dai leader di Unione Europea e Regno Unito. Keir Starmer, così come Ursula von der Leyen e Antonio Costa, hanno evidenziato gli importanti passi avanti fatti in Arabia Saudita. Anche loro hanno voluto chiarire come ora la palla sia nelle mani di Mosca. Il concetto è chiaro a tutti. La risposta di Vladimir Putin, in un senso come nell’altro, verosimilmente non tarderà ad arrivare.

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