Tra continue riaperture e chiusure: che cos'è il valico di Rafah?
(Aggiornato) Valico di Rafah. Così si chiama l'unico punto di passaggio tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, nonché unica ancora di salvezza per migliaia di palestinesi in fuga dai bombardamenti. Domani, la frontiera avrebbe dovuto riaprire, consentendo a coloro che dispongono di un permesso di ingresso nel Paese, di oltrepassarlo. Oggi, però, il valico è stato nuovamente bersaglio di un attacco aereo. Il secondo, da ieri sera. Il raid ha colpito il tratto di strada tra il lato egiziano e quello di Gaza, lasciando nel terreno «un buco che ostacola il transito verso e dalla parte egiziana». La stessa strada, insomma, che avrebbero dovuto percorrere migliaia di palestinesi, domani. Ma dopo qualche ora, la situazione è rapidamente peggiorata. Nel pomeriggio, un terzo attacco ha colpito la zona, ferendo tre palestinesi.
Dopo il secondo attacco è trascorsa qualche ora di incertezza, prima che fonti ad Al Arabiya confermassero quanto si ipotizzava. L'Egitto ha deciso di chiudere nuovamente il valico di Rafah, «sine die». Senza una scadenza, già. Come per altro già accaduto in maniera simile in passato, e non per colpa dei bombardamenti. Quella della frontiera di Rafah, infatti, è una storia complicata, fatta di continue chiusure e riaperture. Proviamo a ripercorrerla, per comprendere meglio la sua importanza.
Dall'apertura alle (numerose) chiusure
A tracciare un confine tra l'Egitto e Gaza proprio a Rafah è stato il trattato di pace del 1979. In quell'anno, l'Egitto si guadagnò il titolo di primo Paese arabo a firmare un accordo di pace e, soprattutto, a riconoscere Israele. Firmando quel trattato, il Sinai tornò sotto il controllo egiziano, e venne inoltre istituita una zona cuscinetto tra i due Paesi, nota come Via di Filadelfia. Il confine tra Gaza e l'Egitto venne quindi ridefinito e tracciato proprio a Rafah. Una città palestinese che oggi conta più di 150.000 abitanti. Anni più tardi, nel 1982, quando Israele si ritirò dal Sinai, Rafah venne divisa in due metà, separate da una barriera di filo spinato. Da un lato, la parte egiziana, dall'altro quella palestinese. E con esse, va da sé, anche migliaia di famiglie vennero divise a metà.
Andando avanti nel tempo, il valico, a tutti gli effetti, venne aperto il 25 novembre del 2005, sotto il controllo della missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere. Rimase operativo quotidianamente fino a giugno del 2006. In quel periodo, la frontiera venne bloccata quando alcuni uomini di Hamas catturarono il soldato israeliano Gilat Shalit. Da quel momento in avanti, le chiusure furono svariate. Alcune di pochi giorni, alcune decisamente più lunghe.
Un anno dopo, nel giugno 2007, il valico venne chiuso dalle autorità egiziane dopo la presa del controllo della Striscia di Gaza da parte di Hamas. Nel gennaio dell'anno successivo, il Movimento di resistenza islamico cercò con la forza di riaprire la frontiera, ma venne respinto dalla polizia egiziana. Sempre quella notte, Hamas fece esplodere 200 metri del muro sul confine. Una mossa che permise a un grande numero di palestinesi di entrare in Egitto e di acquistare beni di vario tipo. Dal cibo alla benzina, fino alle sigarette. Una situazione che, tuttavia, durò poco. Qualche giorno dopo, il 3 febbraio 2008, l'Egitto chiuse nuovamente il varco, tranne per i cittadini che rientravano dalle vacanze.
Per ritornare a parlare di riaperture del valico bisogna fare un salto in avanti, fino al maggio del 2011. In seguito all'accordo del Cairo, che sancisce la riconciliazione tra Fatah e Hamas, la frontiera venne riaperta il 28 maggio 2011, con molte meno restrizioni. A metà giugno di quello stesso anno, il valico venne chiuso, di nuovo, per diverse settimane. In seguito, venne abbassato il limite di attraversamenti al giorno consentiti.
All'indomani del colpo di stato egiziano contro Mohamed Morsi nel luglio 2013, il confine venne nuovamente chiuso per diversi giorni dall'esercito del Paese, salvo poi riaprirlo per sole quattro ore al giorno poco dopo. Ad agosto di quell'anno, dopo un periodo di disordini diffusi in Egitto, il valico venne chiuso «a tempo indeterminato» e riaperto per alcuno giorni solo di tanto in tanto.
Dopo la guerra di Gaza del 2014, nota anche come Operazione Margine Protettivo, il valico venne chiuso nel gennaio 2015 dall'Egitto, che, mesi dopo, dichiarò che lo avrebbe riaperto solo se il lato palestinese fosse stato gestito da dipendenti dell'Autorità Palestinese, sotto il pieno controllo della Guardia Presidenziale. Detto in altre parole: nessun membro di Hamas doveva essere coinvolto. Ma le cose non andarono esattamente come sperato.
Tuttavia, tra il 2017 e il 2018 l'Egitto consentì occasionalmente l'ingresso di forniture a Gaza attraverso la frontiera. Nella primavera di quell'anno, Il Cairo riaprì il valico, consentendo a circa 200 abitanti di Gata di entare in Egitto, mentre solo un anno dopo, in migliaia approfittano della riapertura per attraversare la frontiera e partire verso altre destinazioni.
Un anno dopo, nel 2020, come accadde anche nel resto del mondo, le autorità palestinesi chiusero il valico per limitare la diffusione del COVID-19 nella Striscia di Gaza. Sempre in quell'anno, le autorità egiziane chiusero il passaggio a veicoli e al trasporto di merci, dopo aver registrato violazioni da parte di Hamas.
Due anni e mezzo fa, nel 2021, l'Egitto riaprì il varco a «tempo indeterminato» per la prima volta dopo tanto tempo. Addirittura, rimase operativo anche durante il conflitto di 11 giorni tra Israele e Hamas, per fornire aiuti e materiali da costruzioni. Le barriere vennero nuovamente abbassate nel mese di agosto, dopo «un'escalation di incidenti transfrontalieri» tra Israele e Hamas.
Oggi, la sua sorte rimane la medesima. Tra continue chiusure e riaperture. E con attacchi aerei che minacciano la frontiera, una volta di più.